Il clan Ghitti e la famiglia dei Ghitti q. Salvatore detti Pestù

Descrizione

Il clan Ghitti e la famiglia dei Ghitti q. Salvatore detti Pestù

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Il clan Ghitti e la famiglia dei Ghitti q. Salvatore detti Pestù.

La definizione di Clan nell'enciclopedia Treccani è «Clan (ant. clano) s. m. [dall’ingl. clan, adattam. del gaelico clann «discendenza, famiglia, tribù», che è dal lat. planta «pianta»] (pl. ant. clani). – 1. a. Fra i popoli di lingua gaelica, il gruppo familiare composto dai discendenti in linea maschile da un comune progenitore, in base a un’organizzazione gentilizia le cui tracce si sono conservate, spec. in Scozia, fino ai tempi moderni. b. In etnologia, gruppo sociale intermedio tra la famiglia in senso ampio e la tribù, il cui carattere fondamentale è dato dall’esogamia, e l’appartenenza al quale si acquista, a seconda dei vari popoli, per discendenza paterna o materna; i membri del clan si considerano discendenti da un comune progenitore che ha per lo più carattere mitico, e di conseguenza seguono regole di comportamento sociale simili a quelle in uso fra consanguinei».

Il soprannome Pestù è da riferire all’attività di mugnai: nel 1573 Salvatore Ghitti, con i fratelli, possedeva, oltre a un mulino di due ruote, anche «un altro molino di una roda per pestar panigo»; in una mappa dei primi anni del Novecento il mappale 131 è chiamato «molino Pestone».
Nel 1641 i Ghitti q. Salvatore sono cinque, Battista, Giovanni Antonio, Cristoforo, Bartolomeo e Lorenzo.
Sono gli eredi del Salvatore che nel 1573 ha la partita 89.

Geronimo[1], Giovanni Maria[2] e Salvatore e fratelli[3] (di cui non si conosce il nome) fu Giorgio che nel 1573 sono titolari delle partite 34, 110 e 89 sono fratelli, figli di Giorgio Ghitti e danno inizio alla nutrita famiglia dei Pèstù (e di vari altri sottogruppi). A rendere plausibile la stretta consanguineità tra Geronimo e Salvatore è la comunione di alcuni beni, in particolare quella di una casa e di una stalla; Geronimo e Giovanni Maria sono fratelli per ammissione di Geronimo; inoltre, i tre hanno numerosi possedimenti contigui, che fanno pensare a una suddivisione di un'unica eredità.

Giovanni Antonio[4] abita a Brescia, è commerciante e ha una bottega in contrada di Sant’Afra, e si è dunque separato dalla famiglia: di lui non abbiamo altre notizie.

Bartolomeo[5], mugnaio a Ponzano, di 44 anni, soldato delle ordinanze, ha tre figli: Giovanni (13), Pietro (9), Salvatore (6).

Battista[6] di 47 anni, abita a Ponzano, è sposato con Giulia; i figli sono Salvatore (15), Giovanni (5) e Paolo (4); Andrea di un anno è appena morto. È una famiglia in cui il sostentamento è dato in parte dall’affitto del terreno (in natura).

Lorenzo[7], mugnaio a Marone, di 54 anni: ha due figli, Antonio (25) e Salvatore (16).

Cristoforo[8], mugnaio ad Ariolo, di 66 anni vive ad Ariolo con i tre figli Giovanni Battista (34), Luca (19) e Salvatore (17) e con Giovanni (7), figlio di Giovanni Battista, cui, nel 1637 è morto il figlio Giovanni Paolo di un anno.

Quattro dei fratelli q. Salvatore si sposano verso i trenta anni (matrimonio ritardato): sono artigiani e devono, di conseguenza, consolidare il patrimonio prima del matrimonio. La stessa famiglia di Cristoforo (estesa discendente), in cui convivono due generazioni, è funzionale all’attività molitoria.

I Ghitti del Pestù nel Libro per le Famiglie

I «Ghitti del Pestoû» nel Libro per le famiglie di Marone iniziano con la famiglia n° 27 di Marone in cui sono indicati cinque fratelli: Pietro sposato prima con Domenica Ghitti del Frér da cui non ha figli e poi con una certa Caterina e costituisce la famiglia n° 35; Cristoforo sposato con con una certa Caterina che continua il foglio di famiglia n° 27; Salvatore sposato con una certa Giulia; Giovanni celibe; Pietro si sposa con Giovanna Bratina e costituisce la famiglia n° 29 di Marone.

Il parroco Buscio non ne indica la paternità, ma intrecciando i dati del Libro per le famiglie si ricava  che il Pietro originario è figlio di Giovanni (la paternità risulta dallo stesso Buscio poiché a carta 156 Laura figlia di Salvatore è detta q. Salvatore q. Giovanni), sposato con Domenica Ghitti del Frér. Domenica è la prima moglie da cui non ha avuto figli e Caterina è la seconda moglie da cui sono nati Domenica, Caterina e Giuseppe.
Rimane il dubbio, non risolvibile, della partita dell’estimo 1785 intestata a «Pietro q. Pietro q. altro Pietro del Pestone» (forse il Buscio ha dimenticato una generazione).

Alla carta 35 cui per il primo Pietro ci rimanda il Buscio è indicato che questi «staccatosi dal n° 27», si è poi coniugato con una certa Caterina: la coppia ha tre figli Giuseppe, Domenica e Caterina.

Giuseppe di Pietro[9] si sposa con la valtellinese Maria Maddalena Borlandino – che prima del 1783 si stabilisce a Iseo – da cui ha due figli, Caterina e Pietro. Pietro di Giuseppe muore il 20 luglio 1793 e la famiglia è data per estinta.

Salvatore, a sua volta, si separa sposando una certa Giulia : ha due figlie, Laura [1734-1801] che sposa Antonio Guerini q. Giulio (uno dei loro figli, Andrea, sposerà una Ghitti del Frér) e Maria che sposa Giuseppe Damiani (originario di Passirano ma abitante a Marone) ed è computato dal Buscio come membro della famiglia di adozione (famiglia n° 34). È indicativo che proprio il parroco segnali questa assimilazione. La parziale perdita dell’identità connessa al cognome (la famiglia è detta Damiani da Passirano-Ghitti) va messa in relazione al fatto che Salvatore va a vivere nella casa dei suoceri.

Giovanni rimane celibe e muore senza eredi.

Un altro Pietro, l’ultimogenito probabilmente nato tardi e dopo la morte del primo omonimo fratello, a sua volta si separa e costituisce la famiglia n° 29 (che è priva di soprannome): si sposa con Giovanna Bratina di Cabianica da cui ha due figli, Maddalena che sposa Antonio del Cèrédol e Pietro [†1795] che rimane celibe. Il ramo è dato per estinto dal Buscio ma in realtà continua nel ramo di Iseo, e infine di Ghedi[10].

Cristoforo rimane nella casa paterna della contrada Piazze e sposa una Caterina non identificabile, dalla quale ha 4 maschi: Pietro, che nel Buscio non è sposato, ma il cui figlio Giuseppe ha partita nel 1785, Giovanni che rimane nella casa avita e Bartolomeo e Dionisio che costituiscono proprie famiglie cellulari; altrettante le femmine, Domenica, Caterina, Margherita e Giulia. Domenica [1736-1799] sposa Giuseppe Cristini di Pregasso della famiglia dei Signorelli [1723-1800] e ha 5 figli[11]. Caterina, che sposa Giacomo Ringhini, si trasferisce. Margherita [?-1793] contrae matrimonio con Matteo Gigola[12] [1720-1795] di Ponzano da cui ha due figli. Giulia [?-1795] sposa Stefano Ghitti dei Bièt[13] da cui ha due figli. Bartolomeo di Cristoforo[14] costituisce un nuovo nucleo famigliare (n° 28, Ghitti del Pèstù): sposa Annunciata dei Guerini detti di Carlo[15] di Vesto; dall’unione nascono tre figli Pietro Antonio [1748-1802] - che sposandosi con Francesca Guerini, da cui ha 5 figli, va ad abitare ad Ariolo[16] -, Salvatore [1751-1801, muore «nell’ospitale di Brescia»] e Battista [1756-1797] che rimangono celibi. Un altro figlio di Bartolomeo che non compare nell’elenco, Giovanni detto Pèstunhì, costituisce una nuova genìa che prende questo soprannome (vedi ad vocem). Il ramo (che comunque continua) è dato per estinto come Pèstù nel 1801 con la morte di Salvatore. Dionisio[17] è il terzogenito di Cristoforo si sposta, sposandosi, ad Ariolo: non sappiamo chi sia la moglie da cui ha la figlia Barbara [1776-1797].

Chi continua la stirpe (perpetuata nel Buscio dalla permanenza nell’abitazione avita) è il quartogenito Giovanni.

I Ghitti del Pestù nell'estimo del 1785.

I Pèstù con partita - e tali sono dichiarati nell’estimo del 1785 - sono Giovanni q. Cristoforo[18] (coniugato con due figli), suo nipote, Giuseppe q. Pietro q. Cristoforo[19] (celibe), e i nipoti del primo e cugini del secondo, Pietro Antonio (unico sposato con due figli nel 1785: ne avrà poi altri 3), Salvatore e Battista, fratelli q. Bartolomeo[20] e Pietro q. Pietro q. Pietro[21] (celibe).

Tutti abitano in contrada di Piazze. La contrada - delimitata a nord dal canale della Sèstola, a ovest da quello del Bagnadore Basso, a sud ed est dalla via dei Mulini e dal Vaso Ariolo - è costituita di 13 fabbricati, di cui tre a uso promiscuo abitazione/mulino (i mappali 131, 151, i cui mulini sono mossi dalle acque della Sèstola, rispettivamente dei Ghitti Pèstù, dei Ghitti del Gotard e il mappale 163, proprietà di Bonaventura e Paolo Guerini q. Giulio, anch’esso mulino ma che utilizza l’acqua del Vaso Ariolo; il limitrofo mappale 162[22] è abitato da Lorenzo q. Giacomo). Gli altri abitanti della contrada sono - a eccezione di Geronimo Cassia - tutti Ghitti delle famiglie Pèstù e Cucù e Gotard: in questo gruppo di abitazioni - a forma di trapezio in cui il lato più corto è costituito dai due mulini e gli altri lati dalle abitazioni, con al centro le corti e gli orti  - vivono, alla fine del 1700, almeno 25 parenti di 3 generazioni.

Giovanni vive con la moglie i figli, Giustina e Cristoforo, la moglie di questi, Maria, e i loro figli Giovanni Battista e Giovanna; i fratelli celibi Salvatore e Battista e il loro fratello Pietro Antonio con la moglie Francesca e due figli; le sorelle di Giuseppe, Domenica e Caterina (Giuseppe sposato con Maddalena è morto ma lascia, oltre alla moglie, i figli Caterina e Pietro); i fratelli Maddalena e Pietro q. Pietro.

Nella stessa contrada abitano i loro cugini Cucù-Gotard (4 nuclei famigliari): Antonio e Defendo del Cucù vivono in due porzioni distinte della stessa abitazione; Giovanni del Gotard abita con la moglie e i 4 figli; Giuseppe del Gotard vive con la moglie e un figlio (11 parenti e 3 generazioni).

Inoltre, anche Giuseppe Ignazio Ghitti q. Giovanni Battista di Ignazio (che ha sposato Apollonia dei Pèstù) possiede una casa nella stessa contrada.

I cugini sono accomunati dalla contiguità delle abitazioni e dei mulini. Come se ciò non fosse sufficiente a legare le varie famiglie, intervengono i matrimoni delle donne dei Pèstù: oltre a Giuseppe Ignazio che ha sposato Apollonia, vi è anche Gottardo di Giovanni che ha sposato Caterina.

Si realizza, nei fatti, una struttura più articolata di quella individuabile nelle categorie di Lasslet (famiglia nucleare/complessa) fatta, oltre che di relazioni parentali, di affari e rapporti sociali in una porzione limitata di territorio.

La casa immediatamente limitrofa al mulino di Giovanni Pèstù reca, ancora oggi, frammenti di affreschi settecenteschi di discreta fattura che, a mio avviso, dimostrano da un lato che le famiglie residenti erano abbastanza benestanti e, dall’altro, che in queste si è manifestata - proprio in quel secolo - la necessità di marcare il territorio da un segno tangibile, concreto e qualificante della loro presenza.

Secolo XVIII: matrimoni tra consanguinei Ghitti

 

Bagnadore = =
Bertolini = =
Bièt Stefano* sposa Giulia Pèstù**
Ceredol Antonio sposa Maddalena** Pèstù
Fancini = =
Frér Domenica Pietro* Pèstù
Gotard-Cucù Gottardo* sposa Caterina** Pèstù
Ignazio Giuseppe* Ignazio sposa Apollonia** Pèstù
Non = =
Pestunsì = =

 

* mugnaio

** figlia di mugnaio

Quella dei Pèstù, oltre a essere la famiglia in cui si rileva il maggior numero di matrimoni tra consanguinei, è anche quella in cui si registra il maggior numero di fogli di famiglia nell’elaborato del Buscio. Il foglio n° 29 con cui inizia la loro storia («n° 27 famiglia Ghetti d.a del Pestoû») è redatto in modo da generare dubbi sul capostipite, ma non sul fatto che - dividendosi la proprietà ma continuando di fatto a convivere - il gruppo costituisce varie famiglie nucleari, comunque strettamente collegate tra loro da comuni interessi economici.

È difficile, in questo caso, riferirsi alla famiglia nucleare in senso stretto: sebbene ogni capofamiglia sia proprietario di una porzione di casa e di propri piccoli appezzamenti di terreno, la parentela e le relazioni con altri gruppi Ghitti - diluitesi col passare delle generazioni - si riaffermano tramite l’incrocio dei matrimoni che gravitano attorno alle proprietà dei mulini; la vita sociale è, di conseguenza, quella, stretta, di persone che condividono un destino comune, quale è quello di un’unica famiglia.

Dal capostipite Giovanni, nel Settecento, si dipartono, in seconda generazione e solo dal lato maschile, 4 famiglie che in terza generazione diventano 5 e, in quarta generazione, quattro. Di queste, tra i figli di Giovanni solo Salvatore si stacca, di fatto, dal nucleo originario, andando ad abitare dai suoceri Damiani. Allo stesso modo, nella generazione seguente è il solo Dionisio di Cristoforo che si trasferisce ad Ariolo, e - nella quarta - è Pietro Antonio di Bartolomeo q. Cristoforo quello che, a sua volta, si sposta ad Ariolo. I rimanenti membri della famiglia, pur costituendosi come unità separate, sono legati - oltre che dal legame di sangue - anche da quello territoriale: tutti abitano nella stessa contrada, nel medesimo gruppo di cortivi. Le famiglie di Pietro, di Salvatore e dell’ultimogenito Pietro sono spiccatamente nucleari, con 3/1/2 figli. Quelle che discendono da Cristoforo q. Giovanni hanno una struttura più complessa, perché condividono l’attività del mulino (che abbisogna di manodopera) e si costituiscono come famiglie estese (temporanee) in cui convivono 2/3 generazioni (Cristoforo da sposato vive con il genitore, così come aveva fatto suo padre e come sarà per suo figlio Giovanni Battista).

I Ghitti dei Pestunsì

Il soprannome è il diminutivo di Pèstù.
Giovanni di Bartolomeo dei Pèstù, costituendo una propria famiglia, si separa dal nucleo originario quando il padre è ancora in vita. Giorgio Buscio lo colloca tra le famiglie di Ponzano, mentre l’elenco del 1764 pone il figlio Giovanni tra gli Antichi Originari di Marone; nell’estimo di 1785 Bartolomeo fu Giovanni[23] è elencato tra i contribuenti di Ponzano e non dichiara possesso di abitazione, per cui vive in una casa d’affitto.
La famiglia è povera e, di conseguenza, poco prolifica: Giulio e Bartolomeo convivono (il primo non ha partita) e limitano la discendenza sposandosi in età relativamente avanzata. L’endogamia territoriale e il matrimonio ritardato sono elementi, oltre ai dati dell’estimo, indicativi dell’indigenza della famiglia.

 

[1] «89) Salvador, et fr:elli di Gitti. Casa con horto, et una roda de molino. Est:a lire duoi cento vinti. Un altro molino di una roda per pestar panigo. Est:o lire duoi cento cinquanta tre. Una pezza di terra arad:a, vidata, olivata cont:a de Albarelli, à diman Galarana di Gitti, à sera Lud:o Gaioncello tavole cinquanta duoi. Est:a lire cento. It: un’altra montiva, castigniva, boschiva cont:a del Lodri à diman quelli di Rivi, à sera val pio uno tavoli cinq:a. Un’altra arad:a, vidata, olivata, cont:a dell’Ariol, à diman Bertoli à sera quelli di Rivi tavole tredese. Un’altra arad:a, vidata, olivata cont:a del Maro à diman Jacc:o Christi, à sera Mafe di Gitti tavole vinti trei. Un’altra arad:a, vidata con la metà di una casa cont:a della Cavana, à diman strada, à sera And:a Zarba tavole dodese. Un’altra arad:a, vidata cont:a de Caval, à diman strada, à sera giesia tavole quaranta duoi. Un’altra prativa, montiva cont:a del Moli, à diman strada, à sera Comun de Sali tavole dodese. Un’altra guastiva, montiva, corniva cont:a del Vial à diman Jacc:o de Steffano, à sera Zo: Maria di Gitti tavole vinti cinque. Un guastuzzo cont:a ss:ta tavole vinti. Un’altra prativa, boschiva, montiva cont:a di Arali, à diman, et sera strada pio duoi. Un’altra prativa, arad:a, castegniva, à diman, et sera Ant:o di Gitti pio uno tavole cinquanta. Un’altra uts:a con la meta di una stalla cont:a de Maro à diman, et sera strada pio uno tavole cinquanta. Un’altra arad:a, guastiva, montiva cont:a del Rovo à diman Santin di Gitti, à sera Camillo tavole trenta. Estimate tutte con la stalla lire quattro cento trenta duoi. Un asinello lire sei. Paga livello à Gio: Maria Fenarolo sopra lire cinque cento cinquanta una».

[2] «110) Gio: Maria di Gitti. Casa con horto cont:a de Ponza, à diman heredi di Ant:o […], à monte Bernardino di Gigoli. Est:a lire ottanta. Una pezza di terra arativa, vidata, olivata cont:a de Ambarini, à diman Antonio di Gitti, à sera Gioseffo di Mazi tavole cinquanta. Un’altra arad:a, vidata, limitiva, cont:a de Sotto Ponza, à diman, et sera Pre Franc:o Fenarol tavole sette. Un’altra arad:a, vidata, et olivata cont:a uts:a, à diman, et à sera Bernardi di Berardi tavole undeci. Un’altra arad:a vidata cont:a de Canal con la 4:a parte di una stalla, à diman heredi di Piero di Gitti, à m:te Salvadore tavole quaranta quattro. Un’altra arad:a, guastiva, limetiva, montiva, cont:a di Moli, à diman Batt:a di Gitti, à sera il Comun de Sale tavole desdotto. Un’altra prativa, arativa, montiva, guastiva, corniva, cont:a del Vial, à diman Salvador di Gitti, à sera Santina tavole quindeci. Un’altra prativa, corniva, montiva, guastiva, castegniva cont:a uts:a, à diman strada, à sera valle tavole trenta cinque. Un’altra arad:a, guastiva cont:a d’Aque, à diman Santina ss:ta, à sera Camillo di Gitti tavole nove. Un’altra arad:a, prativa, montiva, cont:a di Cigaroli, à diman il vial, à sera Bernardino di Cazzi tavole quattordeci. Un’altra in duoi pezzi montivi, boschivi, prativi, guastivi, et grottivi cont:a del Monte con la quarta parte di una stalla, à mezo di Mathe Gueri, à monte Salvadore di Gitti pio uno tavole vinti. Estimate tutte con le stalle lire quattro cento trenta una. Una vaccha da late lire vinti duoi».

[3] «34) Hier:mo q. Giorgio di Ghitti. Casa con horto, à diman Tonino di Gigoli, à sera strada. Estimata lire sessanta. Un’altra per indiviso con Salvador di Gitti, contigua alla ss:ta mediante la strada, à sera la Carita, à monte strada. Estimata lire trenta. Una pezza di terra arad:a, vidata, olivata, cont:a delli Ambarolli, à monte strada, à diman Salvador di Gitti tavole quaranta sette. Un’altra arad:a, prativa, castigniva et remengaia cont:a del Lodri, à monte valle, à mezo di Gioseffo Franzi pio uno tavole cinquanta. Un’altra arad:a, vid:a, olivata, cont:a del Campo del Marò, à diman Jacc:mo di Cresti, à sera strada tavole vinti una. Un’altra prativa, montiva cont:a de Gremo, à diman Tonino de Bernardo, à sera Jacc:mo sopras:to tavole cinque. Un’altra arad:a, vid:a, olivata, montiva, guastiva, cont:a del Rosso del Monte de Maro, à diman valzello, à mezo di Barth:o di Caze, con la 4:a parte di una stalla nella pezza di terra pio uno tavole vinti. Un’altra prativa, guastiva, à diman il dugal delle fosine, à sera valle tavole trenta. Un’altra boschiva, grottiva per indeviso con Gio: M:a suo fr:ello, et con la quarta parte di una stalla cont:a de Botti, à diman Matheo di Zino, à sera Salvador di Gitti pio uno. Un’altra aradora, cont:a, et per indeviso uts:a, à diman Santi di Gitti, à sera Camillo tavole dodeci. Un’altra prativa, boschiva, guastiva valzeliva, cont:a d’Arai, lontana cinque millia da Maro, à diman il Comune, à sera Salvador di Gitti per indeviso uts:a pio uno. Estimate tutte lire mille vinti una. Debito con And:a di Maturi lire quattro, con Hippolito del Rost lire quattro, con la Scola del Corpo di Christo lire vinti sei. Paga livello alli h:i di Gio: Maria Fenarolo sopra lire sei. Vache duoi da late lire quaranta quattro».

[4]  Possiede «una casa in contrada di s:ta Affra, con bottega, et caneva [magazzino], trei stanze sup:ri confina à mattina Claudio, et frattelli Longhi, à mezodi Jacinto Minello, à monte tresandello, et à sera strada. Estimata lire otto cento vinti».

[5]  1641, partite 92 e 94. Possiede «una casetta terranea con camera sopra, cuppata con stalla, fenile et un’altra casa, con una rotha di molino in contrada di Ponzano». E’ proprietario anche di 401 tavole di terreno, che affitta, coltivate a  …

[6]  1641, partita 10. Ha due case a Ponzano, una di sei stanze con corte e fienile, l’altra confinante con la prima e possiede 939 tavole di terreno (circa 3 ettari a olivo, vite, seminativo), che dà in affitto e coltivate a vite, olivo e seminativo e producono vino, olio, frumento, «ligume» e fieno; ricava redditi dagli «strumenti de la ricoltuta» e dal «seminerio», per cui l’affittuario è gravato anche da questi carichi. Ha 400 lire di debito nel 1637 da cui si è affrancato prima del 1641.

[7]  Possiede una casa di sei stanze con due ruote di molino in contrada di Marone e una stalla alla Madonna della Rota. Ha un asino per il lavoro del mulino. È proprietario anche di un ettaro di terreno.

[8]  1641, partita 48. Possiede ad Ariolo una casa di quattro stanze con stalla, fienile e corte, una casa con ruota di molino e un siltèr con fienile sopra; una stalla con due buoi e due mucche con fienile alla Madonna della Rota e una stalla in località Prati. Sono proprietari di ettari 1½ di terreno in gran parte a prato. Nel 1637 affitta ed è gravato da 6 livelli.

[9]  Un Ghitti Andrea di Giuseppe nasce a Iseo nel 1794 (si sposa nel 1813 con Lucia Violini): nel Buscio una figlia di Giuseppe e di Maddalena, Caterina è battezzata a Iseo nel 1783, dove evidentemente i genitori abitano ed è sposata con il cugino Gottardo. Ringrazio Giuliano Ghitti di Ghedi per avermi dato una copia della trascrizione del foglio di famiglia conservato presso l’archivio parrocchiale di Iseo.

[10]  famiglia n° 29 di Marone, carta 30.

[11]  Famiglia n° 12 Pregasso, c. 106. Vi è un riferimento errato nel Buscio che rimanda alla famiglia dei Ghitti del Frér.

[12]  famiglia n° 18 di Ponzano, carta 188.

[13]  famiglia n° 16 di Ponzano, carta 186.

[14]  famiglia n° 28 di Marone, carta 30.

[15]  famiglia n° 15 di Vesto, carta 69.

[16]  famiglia n° 9 di Ariolo, carta 162.

[17]  famiglia n° 2 di Ariolo, carta 155.

[18]  Estimo 1785, c. 8v. Giovanni q. Cristoforo possiede «metà del corpo di case [che] era del q. Cristoforo di lui padre […] con edificio di Molino, et Pestone in contrada di Piazze» del valore di 70 lire (la descrizione e i confini lo identificano con quello che si ritrova in una rilevazione del 1935 - mappale 131 in via Piazze identificato come mulino Pestone - inattivo da lungo tempo e dotato di due ruote. La casa è composta di due stanze terranee («stallino» e stanza contigua «che serve per ingresso al Molino») e camere e cucina al primo piano; possiede, inoltre, un fondaco e ha avuta, in risoluzione di un debito, dal «germano» (cugino) Benedetto Ghitti q. Pietro («tolta in pagamento») una stanza terranea con fienile sopra, contigua al mulino. Ha due pezze di terra, una di 10 tavole in comproprietà (non specificata) e una di 2 piò con stalla e fienile.

[19]  Estimo 1785, c. 7v. Giuseppe q. Pietro q. Cristoforo, possiede una casa con orto in contrada di Piazze, che è descritta come «corpetto di case di un fondo terraneo cilterato, con camera sopra cupata con un poco di sito avanti […] in contrada di Piazze confina da mattina strada, a mezzogiorno, et sera il dugale, et a monte gli eredi di Salvador Ghitti q. Antonio» (1785, c. 7v. «eredi di Salvador Ghitti q. Antonio. Un corpo di case di due fondi terranei, e due camere acquistate dal q. Giacomo Valotti, con sua portion di corte et sue ragioni nel tener di Marone, in contrada di Piazze […] lire quaranta. Più appresso dette case mediante il Vaso delle Acque una pezzettina di terra ortiva […]. Più un fondo terraneo cilterato con cosinello et cad.ne sue rag.ni di corte acquistato da Fratelli Ghitti q. Giovan Battista da Cocone, sotto alle camere e lobbia d’essi medesimi fratelli Ghitti […]». . La casa di questi ultimi confina a nord con l’abitazione di Antonio Ghitti.

[20]  Estimo 1785, c. 9r. I fratelli Pietro Antonio, Salvatore e Battista q. Bartolomeo sono proprietari di 4 stanze nel «recto» dell’edificio del mulino dello zio Giovanni a Piazze. Erano proprietari di una fucina «olim follo di Panni», a Ponzano, che alla data dell’estimo è proprietà dei fratelli Bonaventura e Paolo Guerini q. Giulio, che dichiarano di averla, appunto, acquistata dai fratelli Ghitti. Sono vicini di casa, oltre che dello zio, di un Cassia (a sud), che ha acquistato la casa da Arcangelo Ghitti. Dal Libro per le Famiglie sappiamo che Pietro Antonio abita con la moglie ad Ariolo: nella casa di Piazze vivono, dunque, gli altri due fratelli.

[21]  Estimo 1785, c. 9r. Pietro q. Pietro q. Pietro ha un «corpo di casa» in contrada di Piazze contiguo a quello dei cugini (40 lire) e la casa ereditata dalle due sorelle Ghitti q. Pietro “di lui zio paterno”.

[22]  R. Predali in G. Gregorini, G. Tacchini, M. Pennacchio, R. Predali, L’economia bresciana di fronte all’Unità d’Italia…, cit., p. 132 e in questo ad vocem di Ignazio.

[23]  1785, c. 64v. Bartolomeo Ghitti detto Pèstunhì possiede, nel 1785, due pezze di terra a Ponzano, una in contrada della Fucina a Ponzano e una «chiamata la Costa» (43 tavole del valore di 27 lire).

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