Mappali 316-317-318

Nell’atto di costituzione del «Consorzio dei vasi Festola e Ariolo» del 1897, nel «Riparto in cavalli vapore delle forze utilizzate sull’albero motore del canale Festola» compare il nome di Zeni Egisto fu Angelo che, nel mappale 148, utilizza 4,97 HP di forza motrice.

Descrizione

Mappali 316-317-318

Gualchiera, poi fucina e poi mulino e gualchiera, via Fucina

Mappali 316-317-318

Gualchiera, poi fucina e poi mulino e gualchiera, via Fucine

La storia catastale

 

Mappale 316

Il mappale 316 prato vitato, nel 1852, era proprietà, per “antico possesso” di Pennacchio Antonio Maria fu Giuseppe e Pennacchio Pietro fu Zeno; nel 1858, passò a Pietro Pennacchio fu Zeno; nel 1872 a Pietro Pennacchio e Ghitti Bartolomea; sempre nel 1872, passò a Pietro Pennacchio fu Zeno e Zeno Pennacchio di Pietro.

I mappali 317 e 318
Le notizie più antiche

Le notizie più antiche ci dicono che nel 1573 «Francesco, et fr:elli q. Bernard:o Ierma [Hirma]» posseggono «Duoi fosine da ferro in cont:a de Fosine, à matt:a seriola, à sera Christofforo Gaia. Estimate lire due millia quattro cento. Una pezza di terra prativa, boschiva, contigua alle ss:te fosine infra le d:e coherentie pio uno. Estimata lire cento novanta trei».
Nel 1641 Giovan Battista Gitti q. Paolo possiede «Un follo di purgar panni estimato lire otto cento ottanta» che affitta per 146 lire annue.

Nell’estimo del 1785 i fratelli Guerini q. Giulio possiedono a Ponzano un «edificio di Fusina, olim follo di panni acquistato dal q. Pietro Antonio Ghitti q. Bartolomeo» (l’unico, a quella data, è un Pèstù [1748-1802]), e «un corpo di case con una Rotha di Molino […] acquistata dal q. Paolo Ghitti q. Gio: Ant.o [detto del Frér; la famiglia pare estinta nella seconda metà del ‘700 e le proprietà passate ai parenti più prossimi, ndr]»[1]. Un soprannome, soprattutto se riferito a una famiglia nucleare e che rimanda esplicitamente a una professione - in questo caso quello della famiglia Ghitti del Frér, fabbro - non è dato a caso.
ell’estimo del 1785, a carta 9r., i fratelli Pietro Antonio, Salvatore e Battista q. Bartolomeo Ghitti sono proprietari di 4 stanze nel «recto» dell’edificio del mulino dello zio Giovanni a Piazze. Erano anche proprietari di una fucina «olim follo di panni», a Ponzano, che alla data dell’estimo è proprietà dei fratelli Bonaventura e Paolo Guerini q. Giulio, che dichiarano di averla, appunto, acquistata dai fratelli Ghitti.

Il mappale 317 era, nel 1852, intestato a Antonio e Maria Pennacchio fu Giuseppe e Pietro Pennacchio fu Zeno, zio e nipote; nel 1858 fu acquistato da Pietro Pennacchio fu Zeno; nella proprietà, nel 1872, si affiancò Bartolomeo Ghitti fu Giovanni Antonio e in seguito, sempre nel 1872, passò a Pietro Pennacchio fu Zeno e Zeno Pennacchio di Pietro.
Nel 1886 Gennaio 17 per domanda n° 3 per successione come da certificato 16/1/1886 dell’Ufficio Registro di Iseo passò a Pennacchio Pietro fu Zeno e Pennacchio Marta, Elisabetta e Bartolomea fu Zeno proprietari e Cristini Caterina fu Giacomo usufruttuaria in parte. Nel 1889 passò a Marta, Elisabetta e Bartolomea Pennacchio fu Zeno proprietari e Cristini Caterina fu Giacomo usufruttuaria in parte.
Nel 1916 passò alla ditta Cristini Luigi, Faustino, Battista e Giuseppe fu Rocco.

I mappali 318 e 3182 del Catasto austriaco dove erano così descritti:
318 – mulino da grano ad acqua;
1382 – follo da coperte di lana ad acqua con casa. Entrambi erano intestati a Guerini Giovanni Battista detto Vittoria fu Andrea.

Nel 1885 – il 03 Aprile – passarono a Guerini Antonio, Giovanni, Giacomo, Caterina e Antonia fu Giovanni Battista e a Benedetti Giovanni, Giovanni Battista e Filomena fu Cristoforo; nel 1888 – 09 Aprile – sono proprietà di Guerini Giovanni e Giacomo fu Giovanni Battista; nel 1899 – 31 Agosto – sono proprietà di Vismara Arturo fu Antonio per permuta; nel 1907 – Novembre 18 – passano a Curti Edoardo e C., società in accomandita per azioni con sede in Milano; nel 1914 passarono all’Unione Industriale Serica; nel 1917 – 29 Giugno – sono acquistati da Gallese rag. Giuseppe di Giovanni.
Nel 1927 – 23 Luglio – divengono proprietà della ditta Cristini Luigi, Faustino, Giuseppe, Battista fu Rocco, proprietari al 5 agosto 1935 così accatastati:
Officina elettrica in via Molini di piani 2 e vani 4 in mappa al n° 318 sub 1.
Follo da coperte e casa in via Molini 99 di piani 2 e vani 3 in mappa al n° 318 sub 2.

Nel 1935 i tre mappali erano accatastati come segue:

 

mappale natura e destinazione dei fabbricati piani vani
316 filatura e cardatura lana 1 1
317 casa 3 9
3181 officina elettrica 2 4
3182 follo da coperte e casa 2 3

 

Dai «Profili generali schematici» a firma dell’ingegner Fontana del 1938, questo immobile figura dotato di tre ruote e di un salto d’acqua pari a 8,55 metri.
La condotta forzata che alimentava la turbina passava sotto la casa soprastante e si vede tuttora (2002) il tubo tagliato con la fiamma ossidrica fuoruscire da un basamento a forma di cubo, che sostiene una piccola costruzione a forma di parallelepipedo rettangolare, quasi un pollaio.
Dai certificati catastali questo immobile ha l’entrata da via Molini e specificatamente al civico 99 per il follo del mappale 3182; oggi invece l’ingresso è da via Fucina e ciò ovviamente può far pensare che nel passaggio del tempo siano avvenute modifiche sostanziali ai due edifici.
Ora l’acqua del canale della Sèstola scorre a cielo aperto [2002] là dove c’era l’alveo del troppo pieno, passando sotto la casa soprastante, a pochi centimetri della ex-condotta forzata, scendendo poi a fianco della casa a lato sud-est.
Scarica i Certificati censuari storici:
316-317-318-01
316-317-318-02
316-317-318-03
 

I mappali 316-317-318 nelle immagini storiche

 

I mappali 316-317-318 oggi

 

Le testimonianze

La via era denominata via Fucina e i ponzanesi di una certa età la riconoscono come l’abitazione di Lucia Bianchi in Metelli detta Cia Mutilata: lì infatti abitava con la sua famiglia.
Zanotti Pietro e Ghitti Camilla comperarono la casa da Moglia Sergio intorno all’anno 1995. Moglia aveva acquistato l’immobile dalle ITB, che l’avevano acquistato dai fratelli Cristini fu Rocco dopo l’alluvione del 1953.

Giacomo Felappi ricorda che «Quando io era ragazzo e cioè negli anni a cavallo della Seconda Guerra Mondiale questa casa era abitata dalla numerosa famiglia di Bontempi Francesco detto Cischì Michèt.
In questa casa ci andavo spesso in quanto amico di Gianni, il primogenito e mi ricordo che si saliva da via Fucina su per una stradina a gradini e in cima si entrava di colpo in uno stanzone lungo 9-10 metri, che mi sembrava immenso, e lì stava una turbina elettrica non più funzionante e oggetto dei nostri giochi.
Quella turbina è stata venduta negli anni ‘50 o ‘60 come ferramenta e quel la casa divenne definitivamente solo di abitazione. Quello stanzone esiste ancora quasi intatto (nel 2002), con gli intonaci d’allora e perfino le scritte fatte da noi ragazzi con qualche pennello e pittura nera».

Il signor Turelli Giulio racconta che l’acqua del Canale della Sèstola era intubata in una condotta forzata che, partendo dalla Ca’ dei Foi, giungeva in casa di Bianchi Lucia in Metelli detta Cia Mutilata (mappale 317) e azionava una turbina elettrica, mentre la restante parte dell’acqua, libera, scendeva ad alimentare il movimento di una ruota che - a quanto si ricorda - azionava un maglio, tant’è che la via, che porta a quel gruppo di case, si chiamava allora via della Fucina.
«Sono sicuro che lì funzionava anche un follo» continua il Turelli «che cessò di operare quando i Cristini abbandonarono ogni attività in quel di Ponzano».
Sia l’acqua della condotta forzata della turbina, sia quella a cielo aperto della ruota, confluivano nella vasca tuttora esistente e dalla quale parte la condotta forzata che alimentava la turbina delle ITB di via 4 Novembre.
La turbina del mappale 318 fu smontata e venduta come rottame di ferro nel 1996-1997 da parte del proprietario Zanotti Pietro.
Egli smontò anche la parte terminale della condotta forzata, che scendeva dal bacino di raccolta dell’acqua presso lo stabilimento della Machina ai Mulì de Su con un salto di metri 45,16.
Il tubo, nella sua parte finale, poggiava dentro il muro della casa Pezzotti Valentino, scendeva ripido per qualche metro, e terminava ad angolo retto prima di entrare nello stanzone della turbina: «Ci è voluta la fiamma ossidrica: il suo spessore era di un centimetro».
La turbina forniva energia elettrica allo stabilimento di Marone.

Un’altra testimonianza ce la fornisce Metelli Giuseppe, uno dei figli di Cia Mutilata:
«La mia famiglia proveniva da Cazzago San Martino e quando venne a Marone, siamo negli anni venti, si sistemò in una casa in fondo a Ponzano, appena sopra la Dolomite Franchi.
Intorno agli anni Trenta ci trasferimmo in via Fucina dove abitammo fino al 1953, anno in cui mi sono sposato, e mia madre andò ad abitare a Collepiano con mia sorella Francesca.
In quegli anni, nella casa dove abitavamo e che era dei Cristini, funzionavano i folli a martello proprio nello stanzone col muro confinante con l’alveo del canale della Sèstola, un muro che sosteneva all’esterno una ruota di legno e che, attraverso un perno collegato a una ruota di ferro dalla parte interna, faceva girare una cinghia e il congegno dei folli.
Dai Mulì de Su scendeva una condotta forzata fino all’interno dello stanzone, alto 10 metri di sicuro, e azionava una turbina, che era a poca distanza dai folli: era sempre Giovanni Cristini che veniva a controllare che tutto funzionasse bene.
Noi avevamo una cameretta sopra i folli e sentivamo lo sbattere ritmato continuo del loro andare notte e giorno e all’inizio non riuscivamo a dormire. «Abbiate pazienza!», ci diceva il signor Gianni.
Durante la Seconda Guerra mondiale noi eravamo tutti sotto le armi e mio fratello Giacomo non tornò neanche più e so che tuo fratello, Carlo Felappi, ai primi del ‘45 era scappato dalla caserma di Brescia o di Peschiera del Garda e a piedi era tornato a casa di nascosto. Tua mamma e mia mamma si erano accordate per nasconderlo in quella nostra cameretta, lassù sotto il soffitto del tetto, e lì ci è rimasto fino al 25 di Aprile: a mezzogiorno e alle sette di sera tua madre saliva e la mia scendeva nela butìga de Tóne del Tèrmen con un pentolino per il pranzo e la cena e si scambiavano quello pieno con quello vuoto».

[1]  Estimo 1785, c 4v e sgg.

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