Dalla Sèstola al punto B (inizio condotta forzata)

Questa che vi sto per raccontare non è “storia” ma nemmeno “una storia”.
Storia infatti è racconto di fatti e dati precisi, che io non posso fornirvi: pochi sono i documenti in mia mano da cui poter attingere con sicurezza dati precisi e notizie certe.
Non è però nemmeno “una storia” in quanto non è frutto della mia fantasia, come fosse la fiaba di Biancaneve e i sette nani…

Descrizione

1. Premesse del curatore

La ricerca di Giacomo Felappi non è la storia del lanificio a Marone, ma come dice lo stesso autore, la sua «non è storia, ma nemmeno una storia. Storia infatti è racconto di fatti e dati precisi, che io non posso fornirvi: pochi sono i documenti in mia mano da cui poter attingere con sicurezza dati precisi e notizie certe».

Il lavoro di Felappi, durato anni, è soprattutto la ricerca delle testimonianze – partendo dai suoi ricordi e dai dati forniti dai dati di una ricerca sui dati catastali storici fatta verso il 1935 – che ricostruisce, dalla fine dell’Ottocento al 1960 circa (con testimonianze che altrimenti sarebbero andate perse) la storia dei fabbricati artigianali legati all’industria laniera e molitoria e, soprattutto, delle persone che vi hanno vissuto.
La massa dei ricordi raccolti è enorme ma, ritengo, che il lavoro che trovate pubblicato non sia nella sua versione definitiva (molte le ripetizioni, le aggiunte a mano, a penna o matita, testi lunghi non dattilografati, etc.) che Giacomo Felappi non ha potuto stendere (muore nel 2003).

Quello che segue, e pubblicato a puntate, è la riscrittura organizzata e aggiornata del suo lavoro, sulla base di ricerche effettuate negli anni seguenti il 2003.
Le aggiunte, i tagli e le correzioni sono mia responsabilità e vi sono solo nelle parti di storia in cui il testo di Felappi è più carente o inesatto (non per responsabilità sua, ma perché molte ricerche non erano ancora state fatte.
Invece, nelle parti descrittive delle singole attività, la ricerca di Giacomo Felappi è spesso più esaustiva e completa di altri lavori più recenti.

Roberto Predali

Per un inquadramento della storia del lanificio maronese nel contesto italiano e sebino vedi i saggi di Giovanni Gregorini, Mauro Pennacchio e Giovanni Tacchini in L’economia bresciana di fronte all’Unità d’Italia. Il Lanificio sebino.

Per le ragioni della localizzazione dell’industria laniera e molitoria vedi il saggio di Roberto Predali in L’economia bresciana di fronte all’Unità d’Italia. Il Lanificio sebino, pubblicato anche come articolo qui.

Per i documenti costitutivi del «Consorzio dei canali della Festola dell'Ariolo e del Bagnadore basso» vedi qui.

2. Storia (documenti e testimonianze) del «Consorzio dei canali della Festola dell'Ariolo e del Bagnadore basso».

Giacomo Felappi, Marone - 2002
Questa che vi sto per raccontare non è "storia" ma nemmeno "una storia".
Storia infatti è racconto di fatti e dati precisi, che io non posso fornirvi: pochi sono i documenti in mia mano da cui poter attingere con sicurezza dati precisi e notizie certe.
Non è però nemmeno "una storia" in quanto non è frutto della mia fantasia, come fosse la fiaba di Biancaneve e i sette nani.Essa fonda su notizie fornitemi da persone vere, per lo più anziane, che hanno vissuto le vicende raccontate e della maggior parte delle quali sono state protagoniste, ma che oggi non ricordano esattamente e viaggiano sui binari dei «Mè par…» «Mi sembra…», «Ölerès mia di en laùr per ön otèr, ma crède prope che…» «Non vorrei dire una cosa per un’altra [non vorrei sbagliare], ma credo proprio che…», «El me bubà el me disìa che...» «Mio padre mi raccontava che…», «Mè par de rigordàs...» «Mi sembra di ricordare…». Persone tutte degne della massima credibilità e sincerità, desiderose di esternare, di far sapere quanto da loro ricordato.
Così, di notizia in notizia, dalla sorgente della Sèstola ai Mulini di Zone, e giù giù, fino all' ultimo opificio in riva del nostro lago, ecco questa raccolta di dati e di ricordi - qualche volta contradditori, perché qualche referente si ostinava a dire l'esatto contrario di un altro - che ha lo scopo di fermare un poco le immagini di un ricco passato di intraprendenza e di laboriosità della nostra gente d'un tempo e di coglierne i momenti più significativi e più stimolanti; di interessare gli spiriti giovani, fornendo loro spunti di meditazione su un passato, che nessuno ha mai fatto loro presente; e - perché no? - di divertire istruendo fornendo notizie sulle attività artigianali e industriali pullulanti nel nostro paese e in parti colare in quel formicaio che si chiamava 'Via dei Mulini' dal 1800 e fino oltre la metà del 1900.

Da quando sono nato - e son ben sette decenni! - ho sempre vissuto nei luoghi attraversati dal canale della Sèstola, in dialetto bresciano el canàl dela Sèstola.
Infatti sono nato a Ponzano, che può considerarsi il centro delle attività più significative di detto canale e il luogo di origine e di residenza della famiglia più legata a questa storia, i fratelli Cristini fu Rocco.
Tutti a Marone conoscono il canale della Sèstola e tutti ne parlano, in special modo le generazioni più anziane.
«Sarebbe bello - assentono sinceri in molti - che si scrivesse questa storia, perché tutti da sempre ne parlano, ma nessuno sa esattamente come stiano i fatti nella loro realtà».
Allora ho steso un programma di lavoro - si fa per dire - e ho cominciato.
A tutt' oggi, anno 2001, non so quanto tempo sia passato dal giorno in cui mi sono imbarcato in questa avventura: non dico il tempo occorso, il numero delle persone contattate, e più d'una volta, il lavoro di elaborazione dei dati e delle notizie, lo scartabellare documenti annegati nella melma seccata delle acque dell’alluvione del Luglio 1953, la fatica nel decifrare con la lente di ingrandimento manoscritti dei secoli XIX e XX, i sopralluoghi fatti, le foto scattate...
E alla fine?
Mi pare di avere in mano un pugno di mosche.
La memoria dei vecchi se n' è andata coi vecchi: «Bisognava iniziare questo lavoro almeno trent' anni fa!», mi dico.
I documenti non sono esauriti: a parte quelli che la violenza dell'acqua ha seppellito definitivamente nel profondo del lago, quelli rimasti sono incompleti e di difficile consultazione, molti ma di poca utilità alla completezza del racconto.
E allora?

Annaspio, cercando anche di indovinare e di pescare nella logica delle deduzioni: se è così, dovrebbe essere anche così.
Per quel che mi riguarda, questo è il risultato di un lavoro 'artigianale', frutto di un hobby, serio fin che si vuole, ma necessariamente limitato e incompleto.
Non per questo è meno prezioso, se lo si considera nell'ottica di volere offrire la conoscenza di un passato genuinamente e specificamente nostro, dove ritrovare un po' le origini di noi stessi, della nostra laboriosità e del nostro impegno etico-sociale.
Il mio lavoro non ha grosse pretese: come per la storia delle santelle l'intento è stato quello di raccogliere e ordinare dei dati per divertirmi' e divertire, intendendo la conoscenza come diletto della mente e del cuore.
Il che non sarebbe poco, se l'obiettivo fosse raggiunto!
La storia è iniziata con le testimonianze, fondate spesso sul vago ricordo del passato e sul sincero, presente, desiderio degli intervistati di comunicare il loro sapere. In definitiva la vita quotidiana di ognuno di noi non fonda sempre le sue radici nell'esattezza; più spesso il corso del tempo trova soddisfazione nell'incertezza della fantasia, nel compiacersi del dire spontaneo: un po' di irrazionalità fa sempre bene e ci fa sentire più leggeri.
Mi sento in dovere di ringraziare tutti gli intervistati per la loro fattiva e amichevole e piacevole collaborazione e in particolare le maestranze del feltrificio Moglia per la gentile, schietta, pronta e signorile disponibilità.

3. La topografia del canale della Sèstola.

 

Quando si parla del canale della Sèstola, tutti pensano comunemente e normalmente a quel condotto, che nasce alla sorgente Sèstola e giunge ai Molini di Zone, in cima all'attuale Via Montenero.
Quando si parla invece di Consorzio del Canale della Sèstola si deve pensare a qualcosa di più complesso e cioè all' insieme di tre canali: quello della Sèstola, che dalla sorgente arriva a Piazze, quello di Ariolo, che dalla località Lodré nel torrente Opol arriva a Piazze e, per ultimo e meno conosciuto, al canale del Bagnadore Basso, che dalla cava della dolomite arrivava a Piazze, dove i tre canali si riunivano per proseguire fino al lago.
Il Canale della Sèstola comincia in località Verlino di Marone, in Verlì o Erlì, quasi a confine col Comune di Zone, appena sotto le Piramidi.
La Sèstola nasce da una sorgente di grandissima portata d'acqua, che sgorga dalla roccia ai piedi del Monte Calarusso, lambiti dal torrente Bagnadore: acqua perenne, 12 mesi su 12 mesi, con lieve flessione di flusso nei mesi estivi, soggetta a intorbidamento dopo i temporali.
In tempi antichissimi i maronesi pensarono di canalizzare quell'acqua e di sfruttarne la quantità e quindi la potenza per le loro attività artigianali. Dalla sorgente ai Mulì de Su il canale è lungo 740 metri, segue le rientranze dei prati scoscesi, scorre al di sotto della loro superficie. Il suo dislivello complessivo corrisponde a una ventina di metri e quindi la sua pendenza è lieve e regolare, se si eccettua una piccola cascatella di 5-6 metri poco prima della casa della Sèstola di proprietà Ghitti detto Pagi.
L'acqua quindi vi scorre lenta, tanto da sembrare ferma, specie nei tratti diritti, dove il suo muoversi viene percepito solo osservando in fondo ad essa l'agitarsi dei filamenti delle piccole alghe e dei muschi in direzione della corrente.
È quasi sempre trasparentissima e dai molti riflessi dorati del sole.
Gli si affianca un sentiero posto quasi tutto a valle e molto irregolare.
Il canale termina il suo corso alla casa de Minighì Uccelli. Qui un manufatto con tanto di sfioratore e di paratia costringe l’acqua ad entrare nel canale di alimentazione della ruota del primo molino, che era di proprietà del Comune di Zone e poi in quelli dei tanti opifici, predisposti a cascata lungo il ripido tragitto di Via dei Mulini o Vià dei Mulì de Su o dei Scalì.La quota altimetrica della sorgente è di metri 367,30 s.l.m. e quella dove finisce il canale, a cielo aperto, ai Molini di Zone è di metri 347,40 con un dislivello complessivo di m. 19,90.
Il salto totale dell’acqua dai Molini di Zone a Piazze è di 150,31 metri (da 347,40 m a 197,09m) su una lunghezza di circa m. 500.Nel 1935-38, quando fu redatto il piano topografico, la portata dell'acqua era di litri 85 al minuto/secondo e sviluppava una forza di 168,44 cavalli vapore ed era utilizzata da dieci ditte.

4. La Sorgente Sèstola.

Sèstola deriva dal latino fistula nel significato di condotto, tubo .
È probabile che l’origine del nome sia da riferire alla presenza romana testimoniata dalla villa Ela e da altre vestigia coeve (nel medioevo il significato primario del lemma fistula è quello di «cannello d’oro o d’argento con cui si sorbiva dal calice il vino consacrato» e di piaga). I ritrovamenti archeologici e la persistenza a Marone di alcuni toponimi di origine latinano non collocati nelle immediate vicinanze della villa Ela rendono plausibile una presenza romana non estemporanea cui non può essere passata inosservata la locale sorgente.
Nei documenti, la menzione più antica del termine Sèstola è del 1 giugno 1537 : Battista de Valotis, figlio di Appolonio de Valotis di Parzanica, abitante in Marone tratta con Marco Antonio de Gigolis la vendita di una pezza di terra a prato e con castagneto situata in Marone, in contrada de Sorisile seu de la Rover: «[…] super territorio de Marono in contrata de Sorisile seu de la Rover cui coheret a mane aqueductus / de la Festola […]».
A questa altezza cronologica è dunque certa la canalizzazione delle acque della sorgente.
Nell’estimo del 1573 si parla della contrada della Fistola (la parola compare più volte in diverse varianti, Fistola, Fertola, Festola), e denomina, quindi, una zona piuttosto ampia, che ha al proprio interno un dugale. In dialetto bresciano dugàl è propriamente «canale fatto attraverso a’ campi per raccorre l’acqua piovana» , ma in generale significa canale per l’acqua. Nell’estimo del 1641 il canale è chiamato Festola e Testola. Innumerevoli, nei due estimi i riferimenti al dugale, nel 1573 detto anche seriola.
Nei documenti consultati, in particolare nel Libro del massaro, tra le entrate del Comune, mentre si rileva la riscossione degli affitti per le cave di terra follonica, non si fa mai menzione a riscossioni per l’acqua (ma risulta che le valli sono affittate “per cavar balotti”): la gestione del canale era quindi delegata agli usufruttuari, che se ne accollavano gli oneri. È presumibile che la situazione sia rimasta invariata fino ai primi atti formali del Consorzio di vasi Festola e Ariolo (1868).Il canale della Sèstola è la più importante struttura idraulica artificiale del Comune di Marone. Trae origine dall’infiltrazione di acque piovane, in rocce fratturate, che poi si raccolgono in cavità carsiche scavate dalle stesse acque. La sorgente scaturisce a quota 360 m s. l. m., qualche metro sopra l’alveo del torrente Bagnadore, in località Verlì. Tentativi di ispezione sono stati effettuati nel 1932, 1939 e 1982. Per la sua portata si colloca tra le più imponenti risorgenze della Provincia di Brescia. Sono state trovate le seguenti portate medie: 0,417 m3/s (Salmoiraghi 1885); 0,200 m3/s (1939); 0,150 m3/s (Giarratana - Commentari Ateneo, 1957); 0,250 m3/s (Ufficio Tecnico comune di Marone - 1980/82); 0,300 m3/s (1994).

 

La sorgente Sèstola fa parte del bacino imbrifero del torrente Bagnadore e quindi del fiume Oglio. Il bacino di raccolta del torrente, di forma semicircolare; una parte del corso d’acqua si trova nel Comune di Zone, e 1,50 Km circa, fino allo sbocco nel lago d’Iseo, si sviluppa nel Comune di Marone. Il bacino del Bagnadore si estende per circa 18,50 Kmq dall’altitudine massima di 1948 m s. l. m. (monte Gölem) alla quota 185,16 m s. l. m. (zero idrometrico del Sebino), mentre l’asta torrentizia misura 9,00 Km circa. Dall’opera di presa situata a ridosso della sorgente Sèstola, si snoda il canale artificiale a pelo libero, della lunghezza di 750 m circa, per il primo tratto intubato di recente (diametro 50 cm circa) e per la restante parte a sezione rettangolare a cielo aperto (0,60 mq circa): l’opera è dismessa e in pessimo stato .
Ora l’acqua della Sèstola alimenta l’acquedotto municipale e, parzialmente, la centrale elettrica di Marone Energia e Servizi.

5. La sorgente

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DATI CATASTALI
143 Lo-Bs QUEL DE LA SÈSTOLA
Comune: Marone; Località: Val Verlino; Zona 9b
Tavoletta I.G.M. 34 III S.E. Gardone V.T. (ed. 1913).
Longitudine 2° 21’ 0” W; Latitudine 45° 44’ 46” N.
Quota: m 360 s.l.m.
Estensione massima: 34 metri; sviluppo planimetrico: 52 metri
Dislivello: - 2,5 m
Le prime esplorazioni al Quel de la Sèstola risalgono al 1932, anno in cui Allegretti eseguì la stesura topografica della grotta. In seguito la cavità fu meta di rare visite compiute per lo più a scopo faunistico, dato il carattere di biotopo della zona idrica antistante.
Nel mese di Marzo del 1939 sono rilevati alcuni parametri fisici della risorgenza:
Temperatura imbocco ore 14,00 = 10°
Temperatura interna ore 16 = 10°
Temperatura acqua all’imbocco = 10,6°
Temperatura acqua interna = 10,3°
pH esterno = 7,25
pH interno = 7,4
Portata della sorgente = 200 litri il secondo.
Una risorgenza così importante non poteva non suscitare interessi più specificamente esplorativi: nel 1982 un gruppo di speleologi di Lovere riesce a forzare una strettoia al soffitto dell’ingresso della cavità. La successiva esplorazione, compiuta in collaborazione con il Gruppo Grotte Brescia “Corrado Allegretti” portava alla scoperta di alcune decine di metri di cavità particolarmente interessanti, ma chiudevano ogni possibilità di prosecuzione ulteriore.
[scheda e illustrazione tratte da: Bollettino del Gruppo Grotte Brescia “Corrado Allegretti”, n° 5, 1982.]

6. Dalla sorgente della Sèstola al punto B. Il mappale 217: la casa detta Sèstola dei Pagi dela Sèstola.

 

A metà percorso pianeggiante del canale della Sèstola c'è ancor oggi una casa: era la casa de Pagi o del signor Ghitti Luigi, morto nel ’78, maritato a Bontempi Caterina (ebbero 11 figli) della stirpe dei Cucagna.

Nelle mappe catastali è denominata «Cassina detta Sestola» nel 1808 e nel 1852 con il numero 217; è senza denominazione e col numero 659 nel Catasto unitario (712 nella mappa del Consorzio del 1938 con il nome di Cascina Gariolo) e torna al numero 217 nel catasto attuale. Almeno stando alle mappe, pare che tra il 1852 e la fine dell’Ottocento la casa sia stata ingrandita con l’aggiunta di una grande stanza e abbia preso il suo aspetto attuale nel Novecento.
In quel punto il canale, che scorre con leggera pendenza lungo tutto il suo tragitto, presenta una cascatella: possibile che nei tempi passati quella cascatella non sia stata usata per qualche attività artigianale, visto lo straordinario sfruttamento industriale della sua acqua?

Mi dice la signora Caterina Rina Buffoli vedova Cristini di Collepiano: «Noi avevamo in dotazione un prato scosceso e una cascina oltre la casa della Sèstola e passavamo davanti quasi tutti i giorni. Ricordo che una volta proprio lui Luigi detto Pagi mi invitò a entrare in casa sua per farmi vedere la stanza vicina alla cascata e lì dentro c'era - non saprei bene cosa - ma credo un martellone, un maglio. lo sono una donna, eravamo credo nel 1975, e me ne intendo poco di quelle cose lì, ma c'era una specie di officina dove si lavorava il ferro... Che ci fosse anche una ruota, mossa dall'acqua, non ricordo, anzi non credo proprio, se no me la ricorderei, a meno che ci fosse stata tanto tempo prima»."

Ho interpellato una delle figlie di Luigi Pagi, signora Assunta in Fenaroli, ma lei afferma che non sa nulla di nulla di questa faccenda, che non lo ricorda affatto, che non ne ha mai sentito parlare.

Ho interpellato l'ultimo figlio maschio della famiglia Ghitti, il signor Costanzo detto Tino, che abita a Pisogne, il quale esclude categoricamente che in casa di suo padre ci sia stato un maglio o una qualsiasi officina meccanica: «Può darsi che la signora Rina abbia visto il complesso di un torchio, che era in cantina, cioè in quella stanza vicino alla cascatella del canale, e che noi usavamo a pigiare i grappoli di uva per ricavarne vino».

Il dubbio che la casa dei Pagi dela Sèstola sia stata anticamente un follo rimane, poiché la famiglia Parzani (poi Arisi e poi Almici) di Zone possedeva, nel 1531, «Un molino et folo in contrata de Calon sul territorio de Maroni»[1]. E la contrada detta Calon, altrove chiamata Botini, è proprio la località che oggi chiamiamo Molini di Zone e il «martellone» visto dalla signora Caterina poteva essere un maglio per il ferro, ma anche uno dei martelli di un’antica gualchiera (il follo cinquecentesco del Comune di Zone di Zone potrebbe anche essere il mappale 304, poco a Nord-Est del mappale 328).

[1] Alessandro Sina, Zone sul Lago d’Iseo, Breno (Bs), 1941, p. 14.

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