La “Fabbrica” della nuova parrocchiale – 03

Fino al suo abbattimento, la torre era usata, anche, come “fondaco”…

Descrizione

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La "Fabbrica" della nuova parrocchiale - parte terza.

Dal Campanile alla torre civica.

Non sappiamo se la decisione fu presa prima, durante o dopo la costruzione della nuova parrocchiale.
Sta di fatto che il campanile della vecchia chiesa rimase in piedi fino al 1873, quando fu edificato quello esistente[1], diventando la torre civica che “svettava”, pur essendo più bassa della facciata della chiesa, davanti all’attuale Oratorio.
Non sono una novità una chiesa senza campanile o un campanile più basso della chiesa o staccato da essa (a Sale Marasino, per esempio, la parrocchiale non ha campanile e a Pisogne è alto quasi quanto la chiesa). Sprecare il campanile vecchio abbattendolo, forse, era sembrata una pessima idea, visto anche che esso era dotato di due campane che potevano essere utili in caso di calamità, per dare l’allarme ai maronesi, e che potevano continuare a svolgere il loro compito di richiamo alle messe e di comunicare decessi e battesimi; inoltre, il campanile-torre-civica era dotato di orologio; infine, sebbene l’uso fosse della parrocchia, era il Comune di Marone che pagava le spese per il suo mantenimento (campanaro, corde delle campane, manutenzione dell’orologio, etc.) e, siccome, era il Comune che aveva in carico anche la gran parte delle spese della “Fabrica”, si decise di mantenerlo.

Fino al suo abbattimento, la torre era usata, anche, come “fondaco” (magazzino) in cui Marina Maggi [1796-1863], vedova di Alessandro Ghitti di Bagnadore, costudiva le derrate che erano vendute in una bottega posta nelle vicinanze.
Sicut transit gloria mundi.

I lavori interni.

Sostanzialmente finita la chiesa nuova verso il 1717 si tratta, ora, di abbellirla.
Le opere procedono con apparente anarchia.
Ma Procediamo con ordine.
Nel 1731 è riparato l’apparato per la processione del Corpus Domini
Tra il 1728 e il 1732, nel Libro del Massaro sono riportati tre pagamenti per l’argenteria; il primo di tre lire e 15 soldi ad Antonio Brognolo per due vasetti d’argento per gli olii santi; il secondo di 149 lire allo stesso Brognolo nel 1728 per la lampada d’argento dell’altare maggiore e il terzo di 400 lire a Fortunato Zeni come rimborso «per tante spese, per pagare l’orefice per aver fatto il pedestale dargento di poner la S.ma croce».
Nel 1733 è pagato il pulpito (300 lire) e, a Rizzardo Carbone di Brescia, la seta del Deposito delle Reliquie e di due busti reliquiari (58 lire). Etc.

[1] Queste le considerazioni del parroco Bertoli sulla costruzione del nuovo campanile: «In quest'epoca si è innalzato il nuovo campanile. Il Municipio incarica pel disegno il sig. Brusa, ingegnere provinciale di Brescia che non poteva dare un disegno più infelice. Il Comune concorse alla fabbrica del campanile per la somma di lire cinque mila (5000:00). Concorse pure la popolazione coll'offerta di altre quattro mila lire (9000:00). Si poteva spendere meno, eseguendo miglior disegno».

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Gli altari laterali: l’altare delle Sante Reliquie.
La parrocchiale di Marone, oltre all’altare maggiore, ha altri sei altari.
Entrando, a destra, vi è quello di San Luigi Gonzaga cui seguono quello delle Sante Reliquie e quello del Santo Rosario.
Sempre partendo dal fondo, sulla sinistra vi è l’altare di San Giuseppe, poi quello della Sacra Famiglia e, infine, quello del Santissimo Sacramento.L’altare maggiore è officiato esclusivamente dal parroco pro tempore (o suo delegato) che è tenuto a celebrare almeno una messa al giorno. Una parte delle entrate del Beneficio parrocchiale serviva, appunto, a pagare queste celebrazioni eucaristiche e ciò costituiva il salario del rettore-parroco.
Gli altari laterali invece, in genere, sono edificati a spese di famiglie facoltose, associazioni di vario tipo o Corporazioni che vi costituiscono uno juspatronato o cappellania. In sostanza sono altari privati.

L’altare delle Sante Reliquie, al momento della sua costruzione, nel 1732, non ha juspatronati, ma è eretto a spese del Comune.
Ritengo, sulla base dei pagamenti fatti e risultanti nel Libro del Massaro, che progettista e costruttore dell’altare si stato il mastro comacino Giovanni Cetti; che la decorazione pittorica di tutto l’altare, che non ha parti in marmo ma è tutto a stucco, sia opera di Guerino Almici (escluso, ovviamente, l’arco che è opera di Domenico Voltolino); che l’ebanista del “Deposito” sia il montisolano Giuseppe Tempini, la cui opera è stata rifinita in seta da Rizzardo Carbone di Brescia.
Infatti, nel 1732 Giovanni Cetti «muratore comasco» è pagato 26 lire e 15 soldi per «giornate fatte al Altare delle S.te Reliquie»; Guerino Almici «pitore» è pagato 14 lire «per haver agiustato il Deposito [delle Reliquie]»; Giuseppe Tempini di Peschiera riceve «lire due cento quaranta Cinque per aver fatto il Deposito al Altare delle S.te Reliquie [probabilmente la struttura in legno, posta dietro la pala, che contiene le reliquie, ndr]»; infine, nel 1733 Rizzardo Carbone è pagato 58 lire per la seta che ricopre il Reliquiario e per aver posto la seta in due busti portareliquie.
Nel 1733 si fonda la cappellania Guerini dei Fontane : «Andrea Guerini detto Fontana del Comune di Marone, frazione di Vesto, con suo testamento in data 20 gennaio 1733 ha lasciato tre pezze di terra denominate Breda, Ghis e Baravalle nel territorio di Marone al sacerdote don Antonio Guerini, ovvero ad altri sacerdoti se ve ne saranno della stessa casa e al sacerdote don Francesco Guerrini (che ha anche una cappellania in San Pietro, ndr) quando però non vi siano sacerdoti nella casa o discendenza del testatore Andrea Guerini, con obbligo di celebrare a 30 soldi l’una, tante messe quanto risultano dal reddito netto di dette pezze di terra, all’altare delle Sante Reliquie di Marone» .
Il parroco Bartolomeo Ghitti [1680-1758] fonda un’altra cappellania sull’altare, con un capitale di 10904 lire per la celebrazione annua di 310 messe, nominando cappellano lo zio don Lorenzo Maggi.
Il capitale dell’altare è impiegato in operazioni di prestito talmente redditizie che il 7 luglio 1761, tre anni solo dopo la costituzione dello juspatronato Ghitti, Giuseppe Maggi può prendere in prestito dall’Altare del Rosario, al 3% annuo, 18300 lire.

L’altare delle Sante Reliquie è interamente a stucco con decorazioni – nel paliotto, nel gradino e nelle colonne che sostengono il monumentale timpano - che simulano il marmo screziato di varie sfumature di rosa e grigio. Ai lati delle colonne vi sono due statue, pure in gesso, con le allegorie della Virtù teologale della Fede (a sinistra) e della Virtù cardinale della Fortezza.
La pala è opera o di Domenico Voltolini [1666-1746] (o della sua bottega) e raffigura Due santi vescovi e altri santi martiri in adorazione della Croce.
Michela Valotti così descrive la pala: «Diverso, ancora una volta, per intonazione cromatica e luministica, il dipinto che correda l’altare delle Sante Reliquie, con Due santi vescovi - uno è probabilmente San Martino - e altri santi Martiri in adorazione della Croce. Le precarie condizioni conservative non garantiscono la piena leggibilità dell'opera che comunque si conforma agli schemi compositivi tipici di Domenico Voltolini, dove ritornano, però, come già evidenziato per Santa Maria del Mercato a Iseo, le contrastanti demarcazioni grafiche dei santi in adorazione».

Sull’opera di Domenico Voltolini ci sarà modo di tornare.

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