La toponomastica maronese – lettera C

Roberto Predali

Ca de Pèndule, grotta
Cavità naturale a Nord-Ovest di cascina Nuova, in località Pèndule, prossima alla località Le Cave.
È una piccola cavità utilizzata in passato come riparo e ricovero, forse anche per riporre il latte. È detta anche Büs dei Partigiani.
Questi i dati del Catasto speleologico lombardo:
• rilevatore, Alberto Damioli;
• codice FSLo (Federazione Speleologica Lombarda) LOBS455;
• località: Le Cave;
• estensione: m 25;
• dislivello totale: 2 m.
§~ Toponimo incerto perché grotte con simili caratteristiche, in genere, sono dette, in dialetto, Cuèl = spelonca, caverna.
In dialetto bresciano, Ca = casa, abitazione, edificio; «Caza, Ca = casa, magione», [Melchiori], Caze ne è il plurale.
In latino Pendens è il participio presente del verbo Pendeo = pendere; in latino medievale Pendens = pendio, altura, collina, poggio [Du Cange].
In dialetto bresciano, Pèndol = pendolo.

Le grotte di Marone
Fonte: Catasto Speleologico Lombardo, Progetto Tu.Pa.Ca.
LOBS455  Ca de Pèndule
Rilevatori: Alberto Damioli; comune: Marone; località: Le Cave; estensione: m. 25; dislivello totale: 2 m.
LOBS491 Caìa sotto la Volta di Pilato
Rilevatori: Alberto Damioli, 04/04/1981; Comune: Marone; località: Le Cave; estensione: 9,5 m.; dislivello totale: 24,5 m.
LOBS797 Grotta nella Valle del torrente Re
Rilevatori: Casari, Forelli T., Palamidese L., Volta, 18/08/1999; Comune: Marone; località: Valle del torrente Re; estensione: 12 m.; dislivello totale: 10.5 m.
LOBS143 Quél dela Sèstola
Rilevatori: Allegretti, Camerini, Segalini; Comune: Marone; località: Val di Verlino; estensione: 34 m.; dislivello totale: 4 m
LOBS523 Cuèl del Fatöss
Rilevatori: Alberto Damioli; Comune: Marone; località: Valle dell’Òpol; estensione: 22 m.; dislivello totale: 7 m.
LOBS512 Grotta del Calarusso
Rilevatori: Gatti; Comune: Marone; località: Punta Calarusso; estensione: 11 m.; dislivello totale: 1 m.
LOBS502 Pozzetto sotto Malga Ortighéra
Rilevatori: Damioli, Sabatti,Tomasi, Bonardi, Ferrari, Forelli, Fortini; Comune: Marone; Località: Malga Ortighéra; estensione: 22 m.; dislivello totale: 39 m.

Cà, contrada alle
Caze, contrada delle
Località posta a Ovest del torrente Òpol a Est di Collepiano, identificabile con la contrada di Grumello.
Nel 1573 si trova «Un’altra [pezza di terra] uts:a [prativa, montiva, boschiva, corniva, guastiva] cont:a delle Caze, à diman valle, à m:te strada pio trei». È citata anche una contrada Pus le Case e «uno casamento con hera et stalla et finile nella terra di Marone contrada Pus alla Cacon [con] pio quattro tavoli 25, tra aradora vitata et olivada»; la stessa località è detta, in un altro documento, cont:a de Busula.
Nel 1641 tra i beni della parrocchia di Marone vi è «Una pezza di terra arradora, e vidata nella contrata alle Cà […] di tavole vinti due» che confina con i Bonfadini e i Cristini che hanno possedimenti soprattutto tra Pregasso e Collepiano.
§~ In dialetto bresciano, Ca = casa, abitazione, edificio; «Caza, Ca = casa, magione», Caze ne è il plurale.
In dialetto bresciano, «’ndà pus al mür» = andare rasente al muro, vicino [Melchiori].

Cacce, Càse, località
Toponimo segnalato dallo Gnaga ma, oggi, non localizzabile.
§~ In dialetto bresciano, Càsa = caccia [Gnaga]; vedi, anche, contrada alle e contrada delle Caze.

Caccia, contrada
Il toponimo compare nel 1785: nella contrada vi è un magazzino di proprietà degli Zanotti dei Rós di Pregasso. La località è nel capoluogo, in prossimità del lungolago, dove vi è anche il porto di Caccia. Battista Serioli vi possiede una «stanza terranea cilterata, chiamata il Fondaco […] in contrada del Porto di Caccia con sue raggioni, compreso il Botteghino […] confina a mattina l’orto della Parrocchiale, a mezodì le case Parrocchiali, à sera il lago et a monte Filastro Zini»; nel 1808 - come confermato dalla mappa Viganò - il fondaco Serioli è il mappale 78.
§~ Caccia o Cassia è un cognome diffuso a Marone capoluogo tra 1500 e i primi decenni del 1800.

Cada, via
Il toponimo compare solo nel 1641 come variante di Rata de Roadìne: «Una pezza di terra come di sopra lamitiva, guastiva, et tavole nove aradora, et vidata nella contrata della via Cada detta la Colla di santo Martino». La Còla di san Martino (mappale 188) è all’inizio della Rata de Roadìne.
§~ In latino medievale, Cadax = Cadivus = latino Caducus = caduco, fragile, passeggero, che sta per cadere, ma anche, sempre in latino, Caducus = senza proprietario.

Casòt del Fatöss, grotta
Cavità naturale nella parte Sud-Est del mappale 1248 - nella zona montana del territorio di Marone, a Nord di Pergarone - in prossimità della roccia antropomorfa detta l’Om del Fatöss.
Vedi Cuèl del Fatöss, in Le grotte di Marone.
§~ Nei vocabolari del dialetto bresciano il lemma Fatös non compare.
Testimonianze orali sostengono che nella zona si andasse a fa patös, raccogliere lo strame.
Patös = lettiera per gli animali e sottobosco che si usa, anche, per produrre il letame.

Caduti del Mare, via
È la via posta tra il parco Rosselli e l’Òpol che da via Roma porta al Porto Nuovo.

Caffei, Cafèi, cascina
Casa in Montemarone, mappale 358.
Negli estimi del 1573, del 1641 e del 1785 è contribuente e abitante a Marone la famiglia Cafelli, proprietaria di terreni in Monte di Marone e nella zona di Croce di Marone.
Nel 1573 Antonio Cafello è proprietario di «Una pezza di terra arad:a, vid:a, prativa, montiva, boschiva, con una staletta, cont:a del Monte de Maro». Nel 1641 Cristoforo fu Biagio Cafello è proprietario di una «pezza di terra aradora, et vidata, et parte lamitiva, guastiva in contrada del Monte di Marone […] di tavole novanta otto. Nella detta pezza di terra vi è una staletta, cuppata». Nel 1785 Mauro Cafelli fu Giovanni Battista è proprietario, tra l’altro, di un terreno - arativo, vitato e «lumettivo» - in contrada della Grotta con stalla e fienile; di un terreno - vitato e «lumettivo» - in contrada di Monte di Marone detto Pilino con stalla e fienile; di un terreno in contrada di Monte di Marone di circa 2 piò - arativo, vitato, ulivato e «lumettivo» - con stalla, fienile e corte che ha a monte la strada, che è la cascina Cafèi.
La famiglia Cafelli si estingue il 20 Ottobre 1800 con la morte di Mauro, ultimo figlio, celibe, di Giovanni Battista: Mauro è massaro dei terreni in Roadine di proprietà dei Ghitti di Bagnadore.
Una annotazione nell’estimo 1785, nei beni dei Bagnadore, riporta «Dote Burlotti» accanto alla descrizione del terreno arativo e vitato di 95 tavole detto Piana Cafelli. Il terreno - che costituisce, dunque, la dote (o parte) di Elisabetta Ghitti, che si coniuga con Lorenzo Burlotti il 26 giugno 1787 - era stato acquistato nel 1671 da Antonio Ghitti di Bagnadore, pagandolo 500 lire. Antonio aveva già acquistato un terreno dai Cafelli nel 1659 e la stalla, il fenile e l’acquedotto «sotto la stalla Cafello» nel 1668.
La cascina è detta Caffei nelle carte del 1808 e del 1842 mentre nella carta del 1898 la denominazione cambia in cascina detta Tomasino. Nelle vicinanze della casa vi è, anche, un prato detto Tomasino. Nell’estimo del 1785 e nel Libro per le Famiglie vi è la famiglia Bontempi di Collepiano detta Tomasini.
Attorno alla casa vi sono i campi denominati Cap de sura (Campo di sopra), Cap grand (Campo grande), Castignù (Grande castagno), Fontana del cuel (Fontana della spelonca, caverna), Naèt (barca tipica del lago d’Iseo, forse per la forma), Piasöle (Piccoli spiazzi), Piasölù (Grande spiazzo), Pósèt (Pozzetto) e Stalù (Grande stalla, per la vicinanza alla stalla dei Vismara, Stalù dei Vismara).
§~ Dal cognome Caffello diffuso a Marone capoluogo tra 1500 e i primi decenni del 1800.

Caffei, cascina
Cascina montana di recente costruzione; è posta tra la cascina Pergarone e la cascina Nei, mappale 5411, nella zona detta Caffei.
Caffei, terreno
Terreno a prato e bosco posto tra Pergarone e Nei, dove sorge l’omonima cascina: è il mappale 5384.
Nel 1641 era proprietà di Cristoforo Cafello ed era chiamato Nei: «Un’altra pezza di terra corniva, montiva, prattiva, guastiva in contrada di Pergaro, chiamata li Nei […] di pio uno tavole sissanta tre».

Calango, contrada di
Terreno a Pregasso.
Nel 1573 è detta contrada di Cadango: «Una pezza di terra, arad:a, vid:a, limitiva cont:a de Cadango […] tavole cinquanta». Nel 1641 si trova: «Un’altra pezza di terra arradora, vidata, et parte lamitiva in contrada di Calango […] di tavole trent’una». Nel 1785, in questa contrada vi sono vari appezzamenti coltivati da Pietro Cristini degli Afre e dai fratelli Cristini del Tedèsch.
§~ Per lo Gnaga, Calanca, voce prelatina, = burrone.
In latino medievale, Calanca = locus humilis, depressus = luogo posto in basso, [Du Cange].

Calchera di Vello, contrada
Calchera di Vello oltre il Medolo, contrada
Il toponimo compare nell’estimo del 1785 ed è riferito a due piccoli appezzamenti confinanti con il lago; nella mappa del 1808 è disegnata una calcara che nel 1842 è denominata calchera Arcangelo (dal nome del proprietario settecentesco, Arcangelo Ghitti); poco più a nord vi è la Calcherina; nella mappa del 1898 vi è anche la calcara Negrinelli.
L’economia della calce
Le alluvioni hanno modificato la costa, le leggi di mercato hanno spento i suoi forni, ma la ciminiera tra Marone e Vello rimane, alta dei suoi 26,50 metri di mattoni rossi, manifesto della gloriosa vocazione industriale di tutto il Sebino.
Il comune di Marone è, ed è sempre stato, molto caratterizzato dall’industria estrattiva. La produzione di calce è stata importante, in passato, e ciò è confermato dalle numerose fornaci che esistevano sul suo territorio.
Queste erano collocate in vicinanza del lago, tanto è vero che l’attuale lungolago era chiamato via della Calchera (mappa del 1898).
La zona più produttiva era quella a cavallo dei territori di Vello e Marone (rimasti comuni distinti fino al 1927).
La calce rappresentava l’unica forma di economia per Vello, insieme con un’antica tradizione nella produzione di corde, bachicoltura e agricoltura.
Il territorio in questione era in una posizione assai favorevole perché a ridosso della montagna dalla quale si estraeva la materia prima: il Rosa a proposito riporta che «[…] ad un chilometro da Marone levansi dal lago le rocce dolomitiche sparse di bitume che riescono eccellenti alla calce grassa, segnatamente per l’agricoltura perché contiene molta magnesia».
Dalle mappe austriache del 1852 si può ben vedere come la produzione di calce fosse assai diffusa in questa area, infatti dal Catasto di Marone i mappali contrassegnati con i n° 402 e 1027 sono calchere; denominate rispettivamente la Calcherina e la Calchera Arcangelo.
Sempre sullo stesso tratto di costa, ma in territorio di Vello, ci sono i mappali n° 200 e 300 che sono calchere. In particolare il mappale n° 300 nel 1852 è definito come Fornace da calce costruita da nuovo, mentre il 200 è definito come Fornace da calce con magazzino.
In un tratto di costa di poco più di 500 metri vi erano, quindi, ben quattro fornaci.
A queste, negli aggiornamenti del 1854, si aggiungono sulle mappe di Marone altre due fornaci da calce contrassegnate dai n° 1034 e 1722.
La calchera di tipo tradizionale, per la cottura delle pietre calcaree, è una struttura a tino in pietra, di dimensioni variabili da 3-5 metri di diametro a 4-6 metri di altezza, costruita normalmente entro un terrapieno. La costruzione in terrapieno aveva una duplice motivazione: da una parte una maggiore facilità costruttiva per le murature verticali che potevano essere parzialmente appoggiate, e dall’altra l’esigenza di avere un pendio di accesso all’apertura superiore della calchera.
Gli elementi strutturali di una calchera sono costituiti dalla muratura portante, eseguita con pietre aventi una certa resistenza al fuoco; dalla banchina posta al livello della soglia di ingresso, che funge da supporto per la costruzione della volta; dalla porta di ingresso, larga un metro ed alta due, con architrave esterno in legno o pietra. [Francesco Cristini].
§~ In dialetto bresciano, Calchéra = calcara, fornace per la calce; dal latino Calcaria = fornace per la calce.
In dialetto bresciano, Médol = cava di metalli, di ferro, di pietre; miniera.

Calchera, contrada della
Nel 1573 il lungolago - oggi Lungolago Guglielmo Marconi - è denominato, a sinistra della chiesa parrocchiale, contrada della Calchera e, a destra della chiesa parrocchiale, contrada del Porto di Santo Martino o contrada di Santo Martino.
Il toponimo non è riportato nella mappa del 1808; nella mappa del piano Viganò il tratto denominato anticamente contrada della Calchera è detto contrada delle Rossine.
Nell’estimo del 1573 e in quello del 1641 fino alla mappa del 1808 e al piano Viganò vi è una calcara di proprietà Guerini; nei due ultimi documenti vi è anche una calcara comunale.

Camcoppo, contrada di Pregasso detta, terreno
Campi nei pressi di Pregasso, in contrada Sotto Gambalone.
Nel 1573 sono terreni a prato e bosco di castagni; nel 1641 in contrada di Cancupo vi sono terreni arativi e vitati. Nel 1785 è una pezza di terra arativa e «guastiva».
§~ In latino medievale, Campus+Cau-pus = campo a forma di catino [Du Cange].

Campadello, Campadèl, contrada di
Nei documenti dal 1500 in poi, la contrada - che è a Collepiano tra Castello e Buciù - è detta anche Campadego, Campadel, Campader e Campei. Nel 1785 nella località vi è un campo omonimo. È, circa, il mappale 331.
§~ In dialetto bresciano, Campadèl suona come diminutivo di Cap = campo.

Campetto, contrada di Pregasso detta, terreno
Nel 1785 il Campetto è una pezza di terra di 10 tavole sita nelle vicinanze di Pregasso, la cui metà Paola Cristini degli Afre porta in dote quando si sposa con Francesco Molinari di Govine.
§~ In dialetto bresciano, Campèt è diminutivo di Cap = campo.

Campo del Marò, contrada del
Nel 1573 si trova «Un’altra [pezza di terra] arad:a, vid:a, olivata, cont:a del Campo del Marò confina à mattina Jacc:mo di Cresti tavole vinti una». Giacomo Cristini, nello stesso 1573, possiede un solo appezzamento che dichiara essere in contrada dell’Ocho.
§~ In dialetto bresciano, Cap del Marù = campo del Marone.
Vedi Marone e cascina Marù.

Campo rotondo, Cavredont, località
Nel 1573, Battista Guerini possiede «Un’altra [pezza di terra] arad:a, vidata cont:a del Campo Rotondo, à diman And:a Gueri, à sera la pieve de Sali pio uno»; il toponimo ricorre nei documenti posteriori.
È l’area al vertice dell’incrocio tra via Caraglio e via Gandane corrispondente, oggi, ai mappali 1972 (fabbricato e terreno), 1973, 3446, 3990 e 4944 (terreni prevalentemente a ulivo).
Il Campo Rotondo, nel 1573, è proprietà divisa tra i fratelli Marco e Battista Guerini fu Marco ed è descritta come terra «arad:a, vidata», di 230 tavole complessive. Nel 1641 l’appezzamento - che è ridotto a 186 tavole - è diviso in 3 frazioni di proprietà dei fratelli Marco, Antonio e Andrea Guerini fu Battista. Nel 1785 gli appezzamenti sono due per un’estensione di 2 piò e 61 tavole, in Contrada di Sotto Vesto detti Campo Rotondo, e sono proprietà degli eredi di Giovanni Battista Zucchini detti Bagatti di Carzano.
§~ In dialetto bresciano, Cap rotónt = campo rotondo; forse dall’antica forma del terreno, che è alla sommità di un poggio.

Canai, Canài, contrada di Vesto detto le, terreno
Il toponimo si trova nel 1641 e nel 1785: «Una pezza di terra aradora, vidata, olivata, et parte lamitiva, corniva, et guastiva in detta contrada [di Vesto], chiamata le Canai […] di pio uno tavole cinquanta». È il mappale 651.
§~ In dialetto bresciano, Canàl = canale, corso d’acqua, forse per la prossimità di una canalizzazione del Valzello per l’irrigazione.

Canai, Canài, contrada di
I terreni descritti in questa contrada si trovavano nella sinistra idrografica dell’Òpol, tra Collepiano e la Madonna della Rota.
Nel 1573 si trova «Una pezza di terra aradora vidata prativa boschiva corniva grotiva che pende in contrada de Canai coher: […] da mezodi la valle, de pio 4 tavole 40»; l’appezzamento, in un altro documento è collocato in «in la chontrada dove se dice Canal de Lopol».
Sempre nel 1573 gli eredi di Pietro Ghitti possiedono «Un’altra [pezza di terra] arad:a, vidata con la quinta parte di una stalla [che è in comproprietà con altri Ghitti] cont:a de Canal […] tavole quaranta quattro».
§~ Plurale di Canàl = canale.

Canaletta, contrada di Pregasso detta, terreno
Nel 1785 è un campo di 23 tavole arativo, vitato, a ciglioni posto a Pregasso.
§~ Diminutivo di Canàl = canale.

Caneva
Una Caneva, a Pregasso, in un inventario del Beneficio cinquecentesco, è tra i beni della parrocchia di Marone.
Il termine Caneva indica sia i magazzini che le botteghe. Alla fine del 1700 i Ghitti di Bagnadore avevano una Caneva (bottega) nella torre civica e nel 1785 Filastro Zeni ha una stanza con camino detto la Caneva (magazzino).
§~ In dialetto bresciano, Canéa = cantina, magazzino per il deposito del grano o di altri viveri; bottega per la vendita al minuto di vino e altri generi alimentari; dal tardo latino Canava = cantina, deposito.

Canevale, contrada di
Nel 1641, quando è detta anche contrada di Canepale, si trova, a Collepiano, «Una pezza di terra aradora, vidata, et parte guastiva in contrada di Canevale […] di tavole novanta cinque».
Nel 1785, Canavale sono pezze di terra in contrada di Pregasso, dove ve ne è anche una chiamata Canevalino [e Carevalino] e a Collepiano; sempre nel 1785 vi è un appezzamento detto Canevale che si trova in contrada Sotto Ponzano, tra Marone e Piazze.
§~ In dialetto bresciano, Cànef = canapa e Canevràl = il campo seminato a canapa.
Il toponimo, non riferito a una sola località, ma diffuso sul territorio, indica una notevole diffusione della coltura della canapa a Marone.

Canonica
La canonica è a destra della Parrocchiale, in via del Cimitero.
Il parroco Giacomo Clerici [1574? - 1594] mantovano, trasferisce la canonica - prima del 1576 poiché compare nel Beneficio - da San Pietro a Marone. «A Brescia il Vescovo era supplito dal Canonico Arrivabene come suo vicario, e questi emise un decreto, col quale per­metteva il trasloco dalla casa parrocchiale. Si vede che già la chiesa ufficiata era a Marone, perché si dice, “che detta casa parrocchiale di S. Pietro dista troppo dalla detta chiesa e per questa distanza tanto il par­roco che i parrocchiani patissero diversi incomodi, mas­sime circa le divine funzioni; e che tale casa è molto deso­lata e ruinosa, e non basterebbero pochi denari a ripararla e restaurarla, che poi detta casa è incapace e non vi posso­no governare i frutti della campagna”. La casa viene mutata con quella di Giacomo Risi perché vicinissima alla chiesa e molto comoda per il par­roco e i parrocchiani. Su tale casa gravava un livello a favore del Monastero di Santa Maria Annunziata di Rovato e allora in uno strumento redatto dal Notaio Zini, si stabiliscono tutte le moda­lità e si fa una specie di piano economico per lo svincolo di detto livello» [Morandini].
La canonica, come si presenta oggi, fu edificata, dopo il 1904, da don Giovanni Butturini. Della canonica originaria rimasero solo le stanze a sìlter (a volta) del pianterreno, antiche caneve.
§~ In latino medievale, Canonica = domus, habitatio canonicorum = casa dei preti.

Canta, el, terreno
Prato - mappale 1594 - parzialmente boscato - a Sud-Est della cascina Brégn.
§~ In latino medievale, Canta = Pars rotæ incurva = parte del cerchio della ruota [Du Cange], dal latino Cantus = ruota, cerchione di ferro della ruota. Questo terreno e quelli limitrofi hanno la forma di ¼ di ruota i cui confini sembrano i raggi; la forma dei campi è identica in tutti i catasti, dal 1808 a oggi.

Cap dela ca, terreno
Terreno della cascina Carai.
Campetto vicino alla casa che ha dato il toponimo, coltivato a vite, olivi e piante da frutta.
§~ In dialetto bresciano Cap = campo della casa (Ca), per la vicinanza alla casa.

Cap dei Pestunsì, el
È citato da Giacomo Felappi nella sua ricerca sui mulini di Marone: il campo si trova ai Molini di Zone.
§~ Pestunsì è il soprannome di una famiglia Ghitti di Marone.

Cap del pér, terreno
Campo della cascina Carai.
Appezzamento di terreno a prato stabile, olivato, nel quale era presente una vecchia pianta di pero.
§~ Per la presenza di una pianta di pero.

Cap del re
In Gariolo, a destra dell’imbocco di via Monte Marone, dopo il Cap Lónch; è il mappale 3897.
§~ Re è un soprannome di una famiglia Bontempi di Marone.

Cap dela ferovìa, terreno
Terreno della cascina Carai.
Campo a seminativo, di forma allungata, parallelo alla linea ferroviaria, da cui ha preso il nome, destinato a orto, olivi e piante da frutta.
§~ Toponimo novecentesco; fa riferimento alla confinante linea ferroviaria.

Cap Lónch
In Gariolo, immediatamente a destra dell’imbocco di via Monte Marone; è il mappale 3910.
§~ In dialetto bresciano, Cap = campo e campi; Lónch = lungo, dalla forma oblunga.

Cap, el, terreno
È un campo a Vesto.

Capèl del prét, terreno
Campo a forma di triangolo posto tra via Caraglio e la ferrovia - mappali 2451 (fabbricato), 3830 e 555 (terreni prevalentemente coltivati a ulivi e orti) -, al confine con le contrade Foppe e Dosso.
§~ In dialetto bresciano, Capèl del prét = era il cappello a tre punte usato un tempo dai preti, detto anche tricorno.

Caprello, Cavrèl, monte
«Monte (m. 1237) a Sud-Est di Marone, all’estremo orientale della costiera che limita a mezzodì la valle dell’Òpol» [Gnaga].
§~ In dialetto bresciano, Cavra = capra, animale noto e arnese di legno usato da muratori per costruirsi dei tavolati. Cavrèl = luogo delle capre.
Nei secoli passati, poiché le capre mangiavano i germogli delle piante erano frequenti le ordinanze delle Vicinie per limitarne l’allevamento: «È stato statuito che neuno per l’avenire lassi andare capre ne pegore nelle taiate di qualsivolia de nostri boschi per due anni et se alcuno contrafarà sarà condanato in soldi quattro per capo tutte le fiade [volte] che saranno ritrovate et che tutti li possano chiamare con il suo giuramento, et saranno tenuti secreti […]», [dagli statuti del 1656 di Berzo Demo ma nel Settecento analoghe misure erano state prese anche a Marone].

Caprinali, Cavrinàl, contrada di
È la valle a Nord-Ovest della Malpensata, al confine tra Marone e Zone.
Nel 1641 è tra le proprietà del Comune di Marone: «Una pezza di terra montiva, corniva, guastiva in contrada de Caprinali, confina à mattina il Gulem […] di pio tre». Nel 1573 la contrada è detta anche Caprinat e Caprionati.
Oggi i terreni sono nel comune di Zone.
§~ Gnaga: «In dialetto bresciano Cavrì = piccolo capretto; in latino Caprinus aggettivo da capra, æ = capra. Etimologia più probabile dall’aggettivo che dalla voce dialettale». Il significato è «pascolo destinato alle capre» [Bracchi].

Caraglio, Carài, via
La via - parallela alla strada provinciale Bs 510, Sebina Orientale, panoramica e immersa negli uliveti - inizia poco prima del cimitero e confluisce in via Gandane.
Nella mappa del 1808 è Strada pubblica che va a Sale; nella mappa austriaca del 1852 è Strada comunale della Riviera (non è ancora tracciata la nuova strada della Riviera, anche se già costruita); nel catasto unitario è denominata Strada comunale di Carai.
Quella che oggi è via Gandane nel 1808 è la Strada pubblica detta Carrai e nel 1852 è la Strada Comunale detta dei Carai.
È la via che anticamente collegava Marone con i paesi della Riviera sebina prima della costruzione dell’ottocentesca litoranea.
§~ In latino medievale, Carralis = strada [Du Cange].

Carai Park, località.
È il complesso residenziale, a Nord-Est della S.P. 501, mappali 5447 (fabbricato e terreni), 703 e 5446 (terreni).

Carai, Carài, cascina.
Posta a Sud-Est di Marone e della frazione di Vesto; è stata, negli ultimi anni, pesantemente ristrutturata. È indicata in una mappa settecentesca come «C [casa abitata da] famiglia di Vesto».
È il mappale 5438

Carai, Contrada di
Fino alla costruzione della Strada della Riviera, la zona - posta tra il confine con il comune di Sale Marasino, il lago, da una parte, e (spesso confondendosi) Rodel e l’Acqua Marsa, dall’altra, era attraversata dalla strada principale di comunicazione con i paesi della Riviera Sud del lago.
Nel 1573 è detta contrada di Carai (così anche nel 1641), di Caraij e di Caralio: una pezza di terra «arad:a, vidata cont:a de Carai, à diman strada, à sera il lago».
Nel 1785 è denominata contrada di Carai sive dell’Acqua Marza (vedi) e contrada di Carai, in cui vi è anche la pezza di terra detta a Carai e una detta Ringhino (vedi).
Nei documenti compare anche la contrada Carai di Sotto.
La cartina della prima metà del 1700 mostra perfettamente quali fossero i collegamenti tra Vesto, Marone e Sale Marasino: per venire da Sale a Marone si transitava per l’attuale via Caraglio (Strada pubblica che va a Sale) e per venire a Marone, da Vesto, si passava per via Sotto Rocca, attuale via Vesto. In entrambi i casi si doveva attraversare il torrente Baravalle che, secondo le testimonianze dell’epoca, aveva una discreta portata. Nel 1743, «[…] per una recente alluvione gli illustri visitatori dovettero attraversare un campo privato per tragittare poi un traballante ponticello».
§~ In latino medievale, Carralis = strada [Du Cange].

Carebbe, il, Carèbe, terreno
Il toponimo compare solo nell’estimo del 1641: «Una pezza di terra aradora, vidata in detta contrada [di Vesto], chiamata il Carebbe […] di tavole tredeci».
§~ Secondo lo Gnaga: «Caròbe = frutto del Carubbio. In latino Cadrubium = quadruvium. [Du Cange] = carobio = quadrivio. Le voci dialettali caròbia e caròbe fanno propendere per l’etimologia dal frutto del Carubbio. L’Olivieri ritiene la derivazione da quadruvium».
In dialetto bresciano, Carèbe = luogo sterile e deserto [Melchiori].

Carità, via della
La via, da Pregasso, porta al Gremone e a Guine sopra Vesto.
§~ Forse perché la Carità di Marone, antico ente di beneficienza, vi aveva proprietà. Nel 1641 la Carità di Marone era proprietaria a Pregasso, tra l’altro di «una pezza di terra corniva, castigniva in contrada de via Nova, confina da tutte le parti il Comune di Marone di tavole vinti sette»

Carmine, Chiesa del
La chiesa, dedicata alla Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, sorge a destra della parrocchiale, in via del Cimitero. Fu costruita nel XVIII secolo, contestualmente alla parrocchiale.
§~ La festa liturgica della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo o anche del Carmine fu istituita per commemorare l’apparizione mariana che il presbitero inglese Simone Stock asserì essere avvenuta il 16 luglio 1251 (giorno della celebrazione), durante la quale questi avrebbe ricevuto dalla Vergine uno scapolare e la rivelazione di privilegi connessi alla sua devozione.

Carner, contrada di Ponzano detta il, terreno
Il toponimo compare solo nel 1641, quando la Scuola del SS. Rosario di Marone possiede «Una pezza di terra aradora, vidata in contrada di Ponzano, chiamata il Carner […] di tavole trent’una».
§~ [?] In latino classico e medievale, Carnarium = Locus ubi carnes reponuntur = luogo dove si conserva la carne. In dialetto bresciano, Carnér = borsa dei cacciatori per riporvi la selvaggina. Sempre in dialetto bresciano, Carnér = Fapù = «sepoltura comune di ospedali e luoghi simili» [Melchiori].

Casa cantoniera
Il mappale 5447 è stato osteria - chiamata La Gianna - fino agli anni ’70 del Novecento, poi Casa cantoniera. Oggi è il ristorante A Lago.

Casadello, contrada de
Il toponimo compare una sola volta nel 1573: «un’altra [pezza di terra] arativa, vidata, olivata, prativa, guastiva, corniva cont:a de Casadello […] tavole novanta otto».
§~ Probabile variante di Casello.
In dialetto bresciano Casèl è sinonimo di Caséra = cascina ove si prepara il formaggio o di piccola casa.

Casara seu Roncol, contrada de
Il toponimo compare una sola volta nel 1573 come variante di Chiusura: «una peza de terra aradora vidata prativa guastiva corniva pendiva murachiva in contrada de la Casara seu Roncol […]. Tavole 45»; in un altro documento l’appezzamento è descritto come «Un’altra [pezza di terra] arativa, vidata, prativa, guastiva corniva, murachiva, cont:a della Cusura […]. Tavole 45». Variante di Chiusura.
Il terreno si trova dunque a Est di Pregasso in contrada della Chiusura detta anche del Roncol. Nel 1808 la Strada pubblica detta Chiusura è il tratto di via che collega Vesto a Pregasso.
§~ Vedi Chiusura e Ronchi.

Cascina Nuova, Casina Nöa, bosco
Area a bosco - parte Est del mappale 1642 - nei pressi dell’omonima cascina (l’edificio è nel comune di Marcheno).

Case Fanfani, località
Due serie di casette unifamiliari con tipologia caratteristica che si affacciano su una piazzetta: sono poste a Est della ferrovia e di via Borgonuovo; sono attraversate dalla Traversa di via Borgonuovo. Anticamente l’area faceva parte della contrada di Baravalle.
§~ Con la legge 28 febbraio 1949, n.43 il Parlamento approvò i «Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori». Inizialmente il piano prevedeva una durata settennale, ma, in seguito, fu prorogato di ulteriori sette anni, con decorrenza 1º aprile 1956 e sino al 1963 in base alla legge 26/11/1955 n. 1148. Grande promotore dell’iniziativa fu l’allora ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale Amintore Fanfani, tanto che, in seguito, il piano nei commenti giornalistici fu spesso denominato «Piano Fanfani».
Amintore Fanfani [Pieve Santo Stefano, 6 febbraio 1908 - Roma, 20 novembre 1999] è stato un politico, economista e storico italiano. È stato tre volte presidente del Senato, cinque volte presidente del Consiglio dei ministri fra il 1954 e il 1987 quando, all’età di 79 anni e 6 mesi, divenne il più anziano Capo del Governo della Repubblica Italiana, due volte segretario della Democrazia Cristiana e anche presidente del partito, Ministro degli affari esteri, Ministro dell’interno e Ministro del bilancio e della programmazione economica. Dal 1972 fu senatore a vita. La sua azione politica è stata importante in quanto egli viene considerato, insieme ad Aldo Moro, Pietro Nenni, Giuseppe Saragat e Ugo la Malfa, uno degli artefici della svolta politica del centro-sinistra, con cui la Democrazia Cristiana volle avvalersi della collaborazione governativa del Partito Socialista Italiano.

Casei, contrada di
Variante di Casello, nel 1641. In una partita è indicato come terreno montivo e difficile da coltivare, «guastivo»; in un’altra vi è un appezzamento di ½ piò arativo, vitato e olivato.
§~ In dialetto bresciano Casèl è sinonimo di Caséra = cascina ove si prepara il formaggio o di piccola casa; Casèi è il plurale.

Casello di Sopra, Casèl, cascina
Casello, cascina
La cascina - a Est di Marone - è sulla destra idrografica della valle dell’Òpol, poco a Nord-Est della cascina Casello (mappale 4897); oggi è il mappale 1633 detto el casì (si legge cadì) del barba Càifa (la baita dello zio Caifa).
§~ Càifa è un soprannome diffuso a Marone.

Casello di sotto, cascina
La cascina - a Est di Marone - è sulla destra idrografica della valle dell’Òpol, tra la cascina Marù e quella chiamata Cosmèl; oggi è il mappale 4897.

Casello o al Marone, contrada d’Acque detta, terreno
Nel 1785 nei beni inalienabili (fedecommesso) dei Ghitti di Bagnadore vi è, in Daque, una pezza di terra «prativa, bosciva e grottiva chiamata il Casello, ossia al Marone […] di piò uno tavole sissanta»; nel campo vi è «una stanza terranea cilterata con fenile sopra fabricata di novo».
Le cascine Daque, Marù e Casello sono limitrofe.
Il toponimo designa la località in cui sorgono le due cascine Casello.

Casello, contrada delle Foppe detta, terreno
Il toponimo si trova nel 1641: «Una pezza di terra montiva, prattiva, corniva, guastiva, et boschiva in contrada delle Foppe, chiamata il Casello, confina […] à monte strada di pio uno tavole settanta». Nella località - fino alla costruzione del cimitero nella prima metà dell’800 - non vi sono fabbricati.
La contrada delle Foppe è dove, oggi, sorge il cimitero.
§~ Vedi Foppe.

Casello, il
Nel 1573 il Comune di Marone possiede «Un’altra [pezza di terra] vidata con una stalla, et casello dentro cont:a de Pangaro [Pergarone], […] pio settanta uno»; Matteo Guerini ha «Un’altra prativa, boschiva, con uno casello dentro cont:a della Preda de Magaro […] pio duoi tavole settanta»; Giacomo Gigola «Un’altra arad:a, guastiva, cont:a ss:ta [di Aigni] con un poco de casello tavole cinquanta».
Nel 1573 e nel 1641 sul territorio di Marone vi sono circa 70 stalle; alla fine del 1700 le cascine sono circa 80. La produzione di latticini era parte fondamentale dell’economia famigliare e circa il 50% delle famiglie locali produceva burro e formaggi per sé e per il mercato.

Casetto, contrada di Colpiano detta, terreno
Nel 1641, indica un campo di 16 tavole arative e vitate a Collepiano.
§~ Variante di Casello, Casèl.

Cassera, contrada del
Il toponimo compare solo nel 1573 per indicare «Un’altra [pezza di terra] prativa, montiva, boschiva, corniva, cont:a del Cassera, à diman, et sera il Comun pio duoi».
§~ Variante di Casello, Casèl.

Castèl, santella di
L’edicola si trova a Collepiano, in località Castello.
Nessuno conosce la vera storia di questa santella, ma si crede che sia stata costruita da Giovanni Cristini detto el Rè in memoria di un uomo morto sopra Montadèl, cui stava in ricordo, fino a pochi anni fa, una croce di ferro in località Castèl.
Nel mese di maggio, si andava davanti alla santella a recitare il rosario: si accendeva una candela se non c’era vento o, in caso contrario, el lantirnì a òio (la lanterna a olio).
Si intravedeva un viso delicato di Madonna, e con ogni probabilità rappresentava la Natività.
L’affresco è stato ritoccato da Abele Gorini negli anni ’70; l’edicola è stata recentemente rifatta con pannelli di Micio Gatti.
§~ Vedi Castello.

Casteletto, el Castalèt, chiamata il, terreno
Nel 1641 tra i beni comunali vi è «Una pezza di terra montiva, corniva, murachiva, chiamata il Casteletto […]». Ancora oggi è, a Est di Vesto, un bosco comunale con i mappali 784, 805 (parte) e 1509.
§~ Diminutivo di Castèl = castello, vedi Castello, contrada.

Castello, Castèl, contrada
Gruppo di case immediatamente a Nord di Collepiano.
Nel 1641 - il toponimo ricorre 2 volte - Cristoforo Gigola possiede «una pezza di terra aradora, vidata, et parte corniva in contrada di Castello […] di tavole sissanta otto» e Martino Cristini «una pezza di terra aradora, vidata, et parte guastiva in contrada del Castello […] di tavole settanta due» e vi è un campo chiamato Castello.
Nel 1785 la contrada è detta Castello sopra a Calpiano e Castello; vi sono terreni denominati Roccolo e Colla di Castello.
Nella mappa del 1808 vi sono solo 5 fabbricati (mappali 986, 987, 988,989 e 990) e tre orti (mappali 985, 991 e 992). Nel 1700 la famiglia Gigola che dimora nella località è detta del Castèl. Nel 1785 vi abitano sicuramente Giovanni Battista fu Cristoforo Gigola detto di Castello, Paolo fu Stefano detto di Castello, Antonio fu Francesco Gigola detto di Castello e i fratelli fu Giovanni Battista Gigola detto di Castello.
§~ In dialetto bresciano, Castèl = castello. Il toponimo è diffusissimo e non è, necessariamente, indicativo dell’esistenza antica di un castello.
Se, da un lato, il castello è un nucleo compatto e difeso, che indica l’arroccarsi su un promontorio o su una cima, dall’altro, non è, però, un fatto eminentemente feudale e guerresco, ma un momento di coesione dei contadini in un luogo cintato da alcune difese, un modo di mettersi insieme sotto un referente o una protezione comune - chiesa, signore feudale o, più tardi, Vicinia -, un modo di organizzare il popolamento dei luoghi fin dai tempi delle invasioni delle popolazioni nomadi del nord-est dell’Europa.
Ciò che spesso accade, è che si confonde l’incastellamento - che è il processo di difesa da possibili minacce: gli abitati sono posti (o si spostano) a mezza costa e le abitazioni a corte sono chiuse da un portone - con l’esistenza fisica del castello.
A questo proposito Romolo Putelli - centrando perfettamente il problema - pone una precisa questione sull’uso di questa terminologia: «Per la voce dugnone (dangone, dignone). […] Non vogliamo […] dire che sempre né in tutti i casi […] la parola «dignonum» dei codici medievali debba significare il mastio d’un castello, come è il senso e l’uso primigenio; altrimenti a Losine dovremmo, nell’epoca detta, trovare 27 rocche con «dugnone» cosa inverosimile affatto. […] Lo stesso potrebbe dirsi della voce «castellum» che nel detto codice di Losine è ripetuta sette volte. […] Né contraddirebbe questo significato posteriore il primitivo che, al dire del Sorbelli, indicava «propriamente l’aggregato di case che sono intorno alla chiesa e alla residenza comunale, il centro, l’anima del comune […] spiegando così logicamente il fatto d’esservi in quasi ogni terra un punto denominato «castello» anche se niuna parvenza di fortilizio può supporvisi».
Va, inoltre, ricordato che la denominazione castello, lungo tutto l’arco alpino, può indicare anche soltanto un luogo arroccato naturalmente o, addirittura, uno sperone di roccia dominante sulla valle.

Casupia, contrada di
Nel 1573, unica citazione, Giacomo Gigola di Collepiano detto Comino Binello possiede una casa con orto in contrada di Casupia.
§~ È una variante di Collepiano o un errone di trascrizione dalla polizza d’estimo alla partita.

Cava di Ponzano
Il 7 aprile 1919, Attilio Franchi scrive al sindaco di Marone: «La scrivente società [Franchi-Gregorini] chiede di poter acquistare dal Comune di Marone i mappali 1377 e 780 costituiti da nude rocce e ciò allo scopo di crearvi una cava di pietre per alimentare le fornaci in corso di costruzione nel terreno prospicente la stazione di Marone. […]». Poco dopo il Comune di Marone cede i mappali e la società Franchi-Gregorini, poi Dolomite Franchi, inizia l’estrazione della dolomia.
L’avanzare dei lavori di scavo ha comportato - oltre che l’evidente ferita nel paesaggio - la scomparsa delle cascine Menè, Monte/Non e Siaroli e delle vie Siaroli e dei e l’arretramento della cascata del Gelone.
Ora la cava, dismessa, occupa una superficie di circa 67000 m2.

Cavalletta, contrada della
Il toponimo si trova solo nel 1573, «Un’altra [pezza di terra] arativa, vidata, guastiva, cont:a della Cavalletta».
§~ Variante di Cavallo o derivato; per esempio, vedi Cavalletto, frazione di Rovato.

Cavallo di Sopra, Caàl, cascina
Il toponimo è nelle mappe del 1808 e del 1842; oggi è il mappale 1646.
Cascina in Grumello - ma anticamente in contrada di Cavallo -, a Est di Collepiano, oggi detta Ca de Tano dei Botasì.
§~ La via era in forte salita, difficoltosa anche per le bestie da soma.
In latino medievale anche Caballus = misura agraria, la superficie di campo che un cavallo poteva arare in un giorno [Du Cange].

Cavallo, cascina
Il toponimo è nelle mappe del 1808 e del 1842.
Cascina in Grumello - ma anticamente in contrada di Cavallo -, a Est di Collepiano, oggi detta Stalla dei Salvi; oggi è il mappale 688.
Nel 1641, quando è proprietà dei fratelli Bonfadini di Collepiano, si legge (unica ricorrenza): «Un’altra pezza di terra aradora, vidata in contrada di Cavalle, confina à mattina, et mezodi strada […] di tavole novanta cinque. In detta pezza di terra, la quarta parte delle cinque di una staletta, et feniletto sopra».

Cavallo, contrada
La località si trova tra il ponte della val Pintana e Grumello, nei pressi di Collepiano.
Il toponimo si trova in tutti gli estimi. Nel 1573, la citazione più antica, si legge: «Un’altra [pezza di terra] arad:a, vidata cont:a de Caval […] tavole quaranta duoi».

Cavallo, strada pubblica detta
Via scomparsa con la costruzione della superstrada S. P. 510.
Nel 1808, dal ponte di pietra della val Pintana - dove terminava la Strada pubblica detta Gambalone - la via che portava a Collepiano prendeva il nome di Strada pubblica della Fontania . Da quest’ultima si diramava la strada pubblica detta Cavallo, che portava all’omonima cascina (oggi Stalla dei Salvi) dove si immetteva nella Strada pubblica Madonna, che conduceva alla Madonna della Rota. Dalla Madonna della Rota a Pergarone la via era poi detta Strada pubblica di Pergarone; da Pergarone a Nei, era detta Strada pubblica di Nei e poi, fino in Croce di Marone la via era denominata Strada pubblica detta Croce. Nel 1842 la strada è ancora denominata Cavallo e la via che porta da Collepiano alla Croce è indicata, prima, come Strada Comunale della Rotta del Monte e poi Strada comunale del Monte. Nel 1898 la via da Collepiano a Croce è detta Strada comunale del Monte; via Cavallo è segnata ma non denominata.
La Ràta de Caàl (salita del Cavallo)è scomparsa con la costruzione della superstrada.

Cavana, Caàna, contrada della
Con contrada della Cavana si denominavano i campi delimitati a Nord dalla strada omonima (oggi via Europa), a Sud dal torrente Òpol, a Ovest dalla strada provinciale 510 e a Est da Ariolo.
§~ In latino medievale, Cabannaria = Ædes rustica, Capanna, vel Cabanna, vel prædium rusticum = podere, fondo, proprietà, bene immobile contadino.

Cavana, Caàna, strada pubblica detta
Nella mappa del 1808 è indicata come via della Cavana l’attuale tratto di via Giulio Guerini che da Ariolo arriva a Ponzano. Nel 1842 via della Cavana comprende le attuali via Zanardelli, via Europa e via Giulio Guerini fino a Ponzano. Il toponimo non compare nella mappa del 1898.

Cave, le, località
Prati e boschi - l’intero mappale 1643 - all’estremità Est del territorio del comune Marone (la località si estende anche nel comune di Marcheno).
Gabriele Rosa scrive: «La frazione di Marone crebbe non solo pel porto, ma anche pel forno di ferro che avea nella via detta ancora del Forno. Forno che cessò circa il 1630, e che alimentavasi del minerale cavato a’ piedi del monte Guglielmo» poste, forse, in questa località.
§~ Forse, per la presenza, anticamente, di miniere di ferro a cielo aperto.

Cavrilì, Bosco
Cavrilì è la denominazione della punta Est del mappale 1555: è una parte, con la Grapéra, del più ampio bosco denominato Orto.
Il monte Caprello è poco a Est.
§~ In dialetto bresciano, Cavra = capra, animale noto e arnese di legno usato da muratori per costruirsi dei tavolati. Cavrèl = luogo delle capre. Cavrilì è diminutivo.

Cecer, contrada di
Variante di Sesser, Sèsser negli estimi. Vedi Sesser, Sèsser.

Centro sportivo
Il Centro sportivo (mappale 2610, in via Europa) è stato edificato negli anni ’80 del Novecento: oggi è sede di un bar, della palestra comunale, di un campo da tennis e di uno da calcetto (occupa i mappali 3735, 2610 e parte del 2330).

Cép, i, bosco
Bosco sulla sinistra dell’Òpol che occupa la parte Ovest del mappale 1210 e l’intero mappale 1159.
Nel 1641 i possedimenti montani del comune di Marone a Est di Collepiano sono: «Una pezza di terra corniva, guastiva, et grottiva in contrada, chiamata la Rota [(e Scapla, ndr)…] di pio cinque cento cinquanta. […] Un’altra pezza di terra montiva, corniva, murachiva, et guastiva in contrada della Valle Ortighera che si pascola la tempo dell’estate […] qual non ha misura. […] Una pezza di terra montiva, corniva, guastiva in contrada de Caprinali [(nel territorio di Zone, ndr) …] di pio tre. […] Una pezza di terra montiva, boschiva, guastiva in contrada della Croce, ò Corte [Coste, ndr] de Marchion. Pio sette nella contrada di Croce, et pio cinque le Coste de Marchion. […] Una pezza di terra prattiva, guastiva, boschiva in contrada di Ceser [Sèsser, ndr …] di pio dieci nove. […]. Una pezza di terra montiva, boschiva, corniva, et spinosa in contrada di Val Lovera […] di pio cinque. […] Una pezza di terra montiva, boschiva, guastiva, et corniva, chiamata Pergaro[ne] […] di pio settant’uno».
La montagna maronese era, dunque suddivisa in pochi, ma significativi, macrotoponimi: Rocca o Rota e Scapla, Ortighéra, Croce e Coste di Marciòn, Sèsser, Vallovera e Pergarone.
Nel 1573 i boschi chiamati la Rota e Scapla sono «un monte boschivo, vallivo, grottivo, cornivo, negro, cont:a della Rocca […] pio cinque cento cinquanta». Dai confini, la Scapla era la parte Ovest del bosco oggi identificabile con i Cèp.
Questo bosco - Rota e Scapla - misurava, nel 1500 e nel 1600, circa 183 ettari. L’area occupata oggi dai boschi che si estendono sulla sinistra idrografica dell’Òpol - dai Ruch di Pregasso (i Cèp) fino alla Valle dell’Acqua Santa e alla Piana dele Sòche- è di 189,27 ettari.
§~ Non esiste un termine dialettale corrispondente.
Lo Gnaga nomina la località Cèp - non Cép - di Lavone indicando come possibili etimi il dialettale bergamasco Cèp = macigno o il tardo latino Cepus = tronco, ceppo [Du Cange].
Ceppa = Vitis, Vinea = vite, vigna, dal Gallico Cep, [Du Cange].
In latino Cippus = anche palo [Calonghi]; Cippus = sasso, ceppo rimasto dopo il taglio degli arbusti [Bracchi].
Sceppa = ceppaia ma anche terreno sassoso, nudo, senza arbusti [Olivieri, alla voce Cepina].

Ceredol, Serédol, contrada
Località tra Ariolo e Pregasso attraversata dalla Strada pubblica detta Seredolo (oggi via Garibaldi).
Nel 1700 è anche una località di Ponzano, detta oggi Ciodére. La famiglia Ghitti, che vi abitava, era detta del Serédol.
§~ In dialetto bresciano, Serét = cerreto, bosco di cerri, alberi a foglie caduche appartenente alla famiglia delle Fagaceae. «Cerrus = cerro ghiandifero. In dialetto è Seradèl, derivato da un supposto Cerretellum. Poiché esiste il collettivo Serét cosi dovette esservi un Sér derivato da Cerrus» [Gnaga].
In latino medievale, Cerritum, Cerretum = silva, ex fagis […] Cerreto, ex Cerro, fagus, vel quercus = bosco di faggi o di querce, [Du Cange].
Vedi Seredolo.

Cevero, contrada
Il toponimo è citato solo nel 1641: «Una pezza di terra prativa, et boschiva à mattina parte di Marone, posta sopra il monte nella contrata di Cevero […] di pio duoi, tavole sessanta cinque».
§~ Variante di Sèsser.

Chepho, contrada di
Nel 1573 è citata la contrada di Chepho: «Un’altra [pezza di terra] castegniva in cont:a Chepho, [confina] da ogni banda il Comune»; dai confini è un terreno montano.
§~ [?] Etimo oscuro.

Chieppe, contrada di
Chieppe, contrada di Marone chiamata le, terreno
Nel 1641 Pietro fu Francesco Cassia possiede «Una pezza di terra aradora, vidata in contrada di Chieppe […] di pio uno tavole otto»; i loro cugini i fratelli fu Giorgio Cassia sono proprietari di « Una pezza di terra aradora, vidata, et parte lamitiva in contrada di Marone, chiamata le Chieppe, di pio uno tavole sette».
§~ Variante di Ciepi, vedi.

Chiesa de Vesto, contrada
Il toponimo compare solo nel 1573 quando la chiesa di Vesto non esisteva ancora.
Etimologia:
In un’altra versione del documento la contrada è denominata del Dòs de Vezza, probabile variante (o errata trascrizione da polizza a partita) di Dosso di Vesto.
§~ Chiesa forse è l’errata trascrizione di Chios = Ciós = campo.

Chiodera, contrada della
È un terreno posto tra Ponzano e Piazze.
Nel 1641: «Una pezza di terra aradora, vidata in contrada della Chiodera, confina à mattina il vaso dell’aqua […] di tavole trenta».
§~ In dialetto bresciano Ciót = chiodo.
Vedi Ciodére, le.

Chios, contrada del
Chios, il, terreno
Sono innumerevoli i toponimi Chios, sia riferiti a contrade sia relativi a campi.
Nel 1573 le contrade così nominate si trovano a Vesto, Pregasso e Collepiano e il toponimo ricorre 8 volte.
Nel 1641 il toponimo si ripete 9 volte, riferito solo al nome dei campi; in un caso il campo si chiama Colla del Chios, et il Bosco di Sotto, forse a Pregasso, e in un altro Chios di Carebbi a Vesto.
Nel 1785 a Callepiano, 2 campi sono detti Chios; a Pregasso vi è il Chios così come in contrada di Sotto Gambalone; a Vesto vi sono 3 Chios, 2 Chiosetto, Colle del Chios, Chios sive Piana e Dosso, Chiosetto e Torcolino e il campo Chios, Zangolo e Ronchetti; infine, anche alla Croce de Morti nella Breda (attuale cimitero) vi è un Chios.
§~ In dialetto bresciano Ciós = campo.

Chiusura, contrada della
Con contrada della Chiusura si intendono i terreni limitrofi all’omonima strada, tra Vesto e Pregasso.
§~ In latino medievale, Clausum, Clausagium, Clausaria = luogo o campo chiuso da muri o siepi. Cüsüra = chiusura, vasto steccato, recinto [Gnaga].
In questo caso, le caratteristiche del luogo possono far pensare al latino medievale Clausuræ = itinera angusta = strada stretta [Du Cange].
«Il nome Chiusura può riferirsi allo stretto passaggio che caratterizza il percorso all’altezza dell’incrocio con le strade provenienti da Vesto, oppure alla presenza di uno sbarramento artificiale, sul modello delle «chiuse» poste a difesa delle valli alpine in età tardoantica» [Valsecchi].

Chiusura, contrada di Rudello detta la, terreno
Nel 1785 il toponimo indica un campo arativo e vitato a Sud-Est di Vesto in località Rodello.
Chiusura, strada Comunale
Nel 1808 e nel 1898 la Strada pubblica detta Chiusura è il tratto di via che collega Vesto a Pregasso.

Chiusva, la, terreno
Il toponimo è citato una sola volta nel 1641: «Un’altra [pezza di terra] aradora, vidata in contrada del Pregasso chiamata la Chiusva […] di tavole vinti».
§~ Probabile variante di Chiusura.

Ciepi, vicolo
Vicolo Ciepi è la denominazione, nel 1898, dell’attuale via Trieste, detta anche Curt de via.
Nel 1641 il toponimo compare due volte: «Una pezza di terra aradora, vidata, et parte lamitiva in contrada di Marone, chiamata le Chieppe […] di pio uno tavole sette» e «Una pezza di terra aradora, vidata in contrada di Chieppe […] di pio uno tavole otto».
Nel 1785 in contrada di Chiepi vi è una pezza di terra arativa, vitata, olivata, alberata e «lumettiva» di oltre 2 piò che confina con il follo di Pietro Ghitti (che è in contrada di Coi, ossia del Follo).
Vicolo Ciepi è il confine Nord della contrada di Chiepi; la contrada di Coi (che, grosso modo, occupa lo spazio dell’attuale piazzale della Dolomite Franchi) - che è limitrofa alla Cavana - ne è il limite a Sud-Est.
§~ [?] In dialetto bresciano, Ciapèl de tèra = piccolo terreno; Ciàpa = coccio.
In latino medievale, Cæpicum = cipolla; Ceppa = vite, vigna[Du Cange].

Cima del Cos, contrada di
Il toponimo è citato solo nel 1573: «Un’altra [pezza di terra] olivata, corniva, arativa guastiva in cont:a de Cima del Cos […] tavole dieci». Il proprietario, Giovanni Francesco Cressini, ha quasi tutti i terreni a Pregasso.
§~ Probabile variante di Chios.

Cimitero
L’attuale cimitero fu edificato verso la metà dell’800 in località Foppe.

Cimitero, via del
La via del Cimitero, sul lato destro della chiesa parrocchiale, da via Roma porta al sagrato che, fino ai primi anni del 1700, ospitava l’antica parrocchiale e il cimitero.
§~ Fino ai primi decenni del 1800 i cimiteri erano posti nelle immediate vicinanze della parrocchiale.
I cimiteri, come li intendiamo oggi, furono istituiti da Napoleone con l’editto di Saint Cloud del 1804. L’editto stabilì che le tombe fossero poste fuori dagli abitati, in luoghi soleggiati e arieggiati.

Cineri, contrada di Pregasso detta, terreno
Nel 1785, unica citazione, è il nome di un campo arativo e vitato a Pregasso.
§~ In latino medievale, Ciner = Cinis = cenere e (in senso figurato) morte, rovina [Du Cange]. In dialetto bresciano Sèner = cenere.

Ciodére, le
Dopo la follatura il tessuto era asciugato su stenditoi chiamati ciodére, in cui la stoffa era fissata con chiodi per tenerla tesa.
Il toponimo è, oggi, associato alla sola zona di Ponzano a Ovest della chiesa di Santa Teresa e delimitata dalla strada per Zone, ma, fino ai primi decenni del Novecento, erano numerose le aree - denominate anche Tende - usate per asciugare le coperte dopo la follatura.
Nella mappa del 1808 la contrada - detta allora contrada di Ceredolo - è costituita dai mappali 351 (fabbricato), 360, 362 e 363 (orti), 364 e 365 (campi).
§~ In dialetto bresciano Ciót = chiodo.

Cittadini, ex, area industriale dismessa
Negli anni ‘70 l’edificio dei Cristì de Sota è stato sede della fabbrica di reti da pesca Cittadini.
§~ Dal cognome Cittadini.
Vedi Cristì de Sota.

Civere, contrada di Vesto detta. terreno
Nel 1785 è un appezzamento arativo, vitato e olivato di 24 tavole in contrada Vesto.
§~ In latino medievale, Civaderia, Civeria = mensura frumentaria = misura per grani, [Du Cange].

Civeroli, contrada di
Località alla destra idrografica dell’Òpol.
Nel 1573, quando è detta anche contrada di Cigaroli e Civeroi, si trova: «Un’altra [pezza di terra] arad:a, vidata, olivata, prativa, boschiva, montiva cont:a de Civeroi, à diman valle […] pio duoi tavole vinti». Nel 1641: «Una pezza di terra arradora, vidata, olivata, et parte lamitiva, guastiva in contrada delle Civere […] di pio uno tavole vinti. Nella detta pezza di terra vi è una staletta, et un feniletto».
Nel 1785 la località è nominata 5 volte (e due volte nella contrada vi sono appezzamenti detti Civeroli). Nella partita di Antonio Zeni fu Fortunato si legge: «Una pezza di terra arradora, vidata, lumettiva, corniva, grottiva, con stalla, e fenile […] in contrada di Civeroli confina […] a mezzo dì la valle».
§~ In latino medievale, Civaderia, Civeria = mensura frumentaria = misura per grani, [Du Cange].

Clargo e Rovini, terreno
Il toponimo si trova solo nel 1641 ed è il nome di un campo nei pressi della villa romana: «Una pezza di terra aradora, vidata, parte lamitiva, et guastiva, chiamata Clargo, et Rovini, confina […] à monte il valzello […] di tavole novanta».
§~ in latino, Ruina, æ = rovina di un edificio, macerie.
Di Clargo l’etimologia è sconosciuta.

Clas e Moltina e Ragni, contrada di Calpiano detti, terreni
Il toponimo compare negli estimi e in altri documenti fino alla fine del 1700. Sono campi a Collepiano tra l’Òpol, la strada per Zone e Ariolo.
§~ In latino medievale, Classus = luogo, [Du Cange].
Vedi Moltina e Ragni, Ragne.

Clasigne e Piedepiano, contrada di Pregasso detta, terreno
Nel 1785 sono due campi arativi, vitati e a ciglioni a Pregasso.
Nel 1573 la Comunità di Marone possiede «Un’altra [pezza di terra ] castegniva cont:a de Clasini, à diman il Comun, à sera la valle pio dieci».
Nel 1641 vi sono le contrade di Clazigno e di Cluzigne.
Nel 1785 vi è un campo chiamato Classigne anche in contrada di Palastrone.
§~ [?] Potrebbe essere derivato, con suffisso diminutivo, dal latino medievale Classus = luogo, [Du Cange].

Clons, contrada del
Il toponimo, che è a Collepiano, si trova solo nel 1573, anche come contrada del Clos e del Clus.
§~ Le variante Clos e Clus potrebbero essere una forma più antica di Ciós = campo.
In latino medievale, Classus = luogo, [Du Cange] e Clusus = campo chiuso da siepi o muri [Du Cange].

Coi ossia del Follo, contrada di
Il toponimo compare dal XVI al XIX secolo, e indica la zona tra la Cavana e Ciepi, ove vi era il follo che fu il primo stabile delle industrie tessili Guerrini. Oggi è il piazzale più a Est della Dolomite.
Nel 1785 Pietro Ghitti è proprietario del follo in contrada di Coi o del Follo; nel 1832 i beni sono proprietà Richiedei che li vendono ai Guerrini: «Casa detta il Folo e l’edificio in essa indiviso unitamente il campo attiguo detto il Folo sito in Terra di Marone, a cui confina a mattina il Dugale d’acqua e Zanotti Antonio Maria, a sera Angelo Caccia e strada pubblica, a mezzodì strada pubblica, ed a monte Angelo Caccia, salvi i più giusti confini». Sempre nel 1785, Pasino Maturis è proprietario di un campo di 5 tavole (circa 100m2) arativo, vitato e a ciglioni detto Coi, in contrada della Cavana.
§~ Dal dialettale Còla = aiola, zolla; Còle = rialzi di terra tra due solchi [?].

Col s:to Piero, contrada del
Il toponimo si trova solo nel 1573 e indica, sulle pendici del colle omonimo, una pezza di terra «[…] prat:, mont:a bosch:a guast:a cont:a de Col s:to Piero […] pio uno tav: cinque».

Còla, la
Il campo è a sinistra della cascina Gariolo; è il mappale 3012.
Il toponimo Còla è diffuso su tutto il territorio per designare piccoli campi.
Nei documenti dal 1500 in poi si trovano la Colla de Guini a Vesto; la Colla de Trozzo; la Colla del Chios, et il Bosco di Sotto; Colla del Falchetto a Pregasso; la Colla del Fico; Colla del Fros a Vesto; la Colla del Tosi; la Colla di Castello a Collepiano; la Colla di santo Martino in Monte di Marone; la Colla di Zone; la Colla di Zor in Rudello; le Colle alla Crotta in Monte di Marone; le Colle del Chios a Vesto; le Colle di Cavallo in Gariolo; le colle di Remina; le Colle sotto Vesto e le Colle a Vesto.
Si trovano, oggi, la Còla dela Mosca, in Verlino; la Còla dela Nuf - della noce - in Gariolo e a Vesto (mappale 577); la Còla del Ruch (vedi Ruch) a Pregasso; la Cóla longa - che è terreno della cascina Carai: lunga striscia di terreno a prato stabile, nel quale vi erano presenti due filari di vite, della varietà Regina; per la forma degli acini era assimilata ai testicoli dei galli, da qui il nome: uova di galli, anche con il particolare fitotoponimo dialettale, Cap dei öf de gài - e la Còla del Sórdo a sud del Baldo e a Nord di Collepiano (mappale 4930 e 1681).
Spesso un solo campo è diviso in più toponimi, come è il caso del mappale 574, in gran parte coltivato a ulivo - il versante Sud ed Est del colle di San Pietro che è frazionato in le Piàse, Còla Crudài, Còla dela Màndola, Còla dela Medérgia, Còla del Fich, Còla del Nèspol, Culitìna de Predés e Culitìna fò en có al ciós.
§~ In dialetto bresciano, Còla = aiola, zolla, negli orti, rialzi di terra tra due solchi; in questo caso, per la conformazione del terreno, nel significato di piccolo campo a ciglione; Culitìna è il diminutivo di Còla.
Trozzo, vedi Trolèc' e Tros.
Fros, forse variante di Tros, vedi Trolèc' e Tros.
Tosi, [?] in dialetto bresciano, Tósola = «Quel rialzo che scappa talora sopra la naturale superficie di checchessia» [Melchiori] o, forse, dal cognome.
Crudài = in dialetto bresciano è il plurale di Crudàl = incrocio; vedi Croce.
Màndola = in dialetto bresciano è l’albero e il frutto del Mandorlo.
Medérgia = in dialetto bresciano, è una variante di Miséria = miseria, povertà; campo poco produttivo.
Nèspol = in dialetto bresciano è l’albero e il frutto del Nespolo.
Predés = in dialetto bresciano, «Predésa = barbatella [germoglio di pianta che ha messo le barbe e può quindi essere trapiantato a dimora, ndr]. […] Si prende anche per sermento [ramo o fusto molto sottile, lungo e flessibile che spiova verso terra o si arrampichi o si appoggi a un sostegno, ndr], il quale si spicca dalla vite» [Melchiori].
Fò en có al ciós = in dialetto bresciano, letteralmente: «là al limitare - proprio in fondo - al campo».

Còla del Sòrdo
Campi a ulivi a sud del Baldo e a Nord di Collepiano (mappali 4930 e 1681).

Coletti, detta, terreno
Nei documenti si trova la contrade della Coletta e delle Colette e campi denominati le Colette, Coletti, Colitti e Coletto a Ponzano e a Pregasso: «Un’altra pezza di terra aradora, vidata, lamitiva, guastiva in contrada di Pregazzo, chiamata le Colette […] con la staletta, et fenile sopra nella detta pezza di terra di tavole cinquanta» e «Una pezza di terra aradora, et parte vid:a, chiamata Coletti [...] di tavole sedeci»
§~ In dialetto bresciano, Còla = aiola, zolla; in questo caso è il diminutivo nel significato di piccolo campo.

Collepiano, Calpià, contrada
Tra i centri storici che popolano il territorio di Marone, Collepiano è quello posto alla quota altimetrica maggiore, circa 320 m, e, in quanto tale, punto di passaggio e di partenza per gli itinerari montani che conducevano alla Val Trompia e alla Valle Camonica attraverso, rispettivamente, la Croce di Marone e la Croce di Zone.
La presenza del toponimo Castello e di un luogo di culto dedicato a San Bernardo di Chiaravalle suscitano suggestioni che rimandano all’epoca medievale, senza però alcuna attestazione, in entrambi i casi, documentaria o materiale coeva.
Proprio la chiesa di San Bernardo, segnalata dal XVI secolo, costituisce l’evidenza architettonicamente più rilevante dell’intero abitato, caratterizzato dal prevalere di un costruito di tipo rurale.
Non vi è sostanziale differenza tra le rappresentazioni degli edifici presenti in Collepiano nelle due mappe napoleonica (1808-1811) e austriaca (1842); muta solo la denominazione del paese, che appare come Campiano nella carta più antica e Colpiano in quella più recente.
La situazione di scarsa attività edificatoria, che si protrae per tutto l’Ottocento, evidenzia un’economia che non subì i contraccolpi della rivoluzione industriale, rimanendo legata all’agricoltura e alle pratiche silvo-pastorali, proprie della tradizione di un centro montano. È solo a partire dal Novecento che si registra, dapprima un limitato numero di addizioni a fabbricati preesistenti, poi un aumento cospicuo di costruzioni che hanno raddoppiato la superficie abitata, creando una certa continuità tra i diversi complessi edilizi.
Le mappe catastali storiche di Collepiano mostrano la tipica struttura di un abitato a contrade, che hanno la matrice di formazione nella presenza della strada. [Valsecchi].
§~ La posizione topografica giustifica il nome [Gnaga].

Colmetto di Sopra, Culmèt de sura, cascina
Nelle mappe la cascina è detta anche Dossel (Dosèl) in zona Gasso, al confine con il comune di Zone (mappale 4439).
§~ In latino, Culmen = culmine, sommità, punto più alto, cima di un monte.
In latino medievale, Culmen = tetto [Du Cange].
In dialetto bresciano, Culmen = sommità.

Colmetto, cascina
Cascina poco a Sud di Colmetto di Sopra (mappale 1637).

Contrada
«Contrada s. f. [lat. contrata, derivato da contra «contro», propriamente «paese, o via, che sta di fronte»]. - 1. Ciascuno dei rioni in cui era anticamente divisa una città: dimorava in una c. chiamata Malpertugio (Boccaccio). Con questo significato il termine è tuttora usato a Siena per indicare i 17 quartieri in cui la città si divide e che partecipano alla disputa del palio. 2. Strada di luogo abitato: uscivano i cittadini a furia armati dalle loro case, e per piazze e contrade correndo, minacciavano di far macello di Francesi (Botta); a Firenze indica, in particolare, una via traversa che si dirama da una via principale. 3. Regione, territorio: La fama che la vostra casa onora, Grida i segnori e grida la contrada (Dante, con riferimento alla Lunigiana); In estranie contrade Pugnano i tuoi figliuoli (Leopardi); alle belle contrade Qual ne venne straniero a far guerra (Manzoni)» [Treccani].
Negli estimi, dal 1500 alla fine del 1700, in genere, indica una località; questa è, normalmente, delimitata da elementi oggettivi e stabili nel tempo (il lago, strade, corsi d’acqua, canali di irrigazione, etc.). In molti casi, però, i confini sono fluidi e soggettivi oppure indicano un solo terreno.

Coltura, contrada
Il toponimo, forse a Collepiano, si trova solo nel 1641: «Una pezza di terra […] aradora, vidata, et olivata nella contrata della Coltura […] di tavole vinti due».
§~ In dialetto bresciano, Coltüra = terreno a seminativo [Salghetti]. Cfr. Cültüra, terreno.

Copella, contrada di Pregasso detta la, terreno
Nel 1641: «Una pezza di terra aradora, vidata, et parte guastiva, in contrada di Pregasso, chiamata la Copella […] di tavole quaranta cinque». Il toponimo compare anche nel 1573, nella variante Coppi, e nel 1785.
§~ In latino medievale, Coppetella = Parvula coppa, seu vasculum = piccola coppa, [Du Cange]; forse terreno concavo.

Córen de Él, località
Spuntone di roccia nel mappale 1248: il mappale, terreno a bosco - in gran parte roccioso - si estende, a Nord della Strada del Monte, tra Guì e Marù.
§~ In dialetto bresciano, Córen = spuntone di roccia, rupe.
In dialetto bresciano, Éles = Quercus Ilex, specie di quercia [Melchiori].
In latino medievale erano detti Vele le grandi estensioni di boschi, [Du Cange].

Córen dele Cavre, Corno delle Capre, località
Monte a Sud Est di Ortighéra, su confine con il comune di Marcheno.

Córen de Martì Gata
Campo in Grumello; è il mappale 5200.
§~ Dal soprannome di un antico proprietario, Martino detto Gata. In dialetto bresciano, Gàta = gatta e Gàtola = bruco.

Cornal, Córnàl, contrada di
Il toponimo si trova solo nel 1573: «Un’altra [pezza di terra] arad:a, vidata, limetiva, montiva, olivata cont:a de Cornàl […] tavole vinti sette».
§~ In dialetto bresciano, Córnal = Corniolo, Cornus mas., «Il legno è tenace e buono per denti du ruote dentate etc.», [Melchiori] o variante di Cornello, vedi sotto.

Cornaletta, contrada della
Il toponimo compare solo nel 1641: «Un’altra pezza di terra aradora, et vidata in contrada della Cornaletta [...] di tavole trenta».
§~ Diminutivo di Córen = rupe o variante di Cornàl = Corniolo, Cornus mas.

Cornello, Córnèl, Vesto detto il
Uliveto a Sud-Est di Vesto e a Sud della Valleriana e del Tibelòc, mappali 753 e 765.
Nei vari documenti si trovano anche la contrada del Cornel, la contrada Cornello di là di Vesto con i campi Cornello, Tezza e Dipicco.
§~ In dialetto bresciano, Córen = rupe; Cornèl = piccola rupe.
Vedi Cornal e Cornaletta.

Corno, Córen, cascina
L’edificio compare solo nei catasti novecenteschi. È il mappale 2287, in Valloera.

Corno, Córen, contrada del
Il toponimo compare, la prima volta, nel 1573: «Un’altra [pezza di terra] guastiva, castegniva in cont:a del Corno, à matt:a, et sera il Comun pio nove» e si riferisce al Corno dell’Acqua Santa.
Nel 1641 vi è anche una contrada del Corno a Collepiano o Pregasso dove vi è un piccolo appezzamento arativo e vitato.
Il toponimo non compare nel 1785.
Vedi Cornal, Cornaletta e Cornello.

Corno del Bagnador, contrada del
Nel 1573 gli Hirma sono proprietari di «[…] colletti, monticelli, rivi et guastazzi prativi, arat:i, boschivi, et olivati, cont:a del Corno del Bagnador, à sera il lago, à monte strada pio trei tavole cinquant». Il toponimo indica sia i terreni in contrada del Bagnadore che alcuni piccoli appezzamenti sotto lo spuntone di roccia che vi è nella stessa.

Corno di santo Pietro
Il toponimo indica la rupe su cui sorge la chiesa omonima.

Corno Grande del Predelat
Il toponimo compare solo nel 1573: «Un’altra [pezza di terra] prativa, valliva, remenga cont:a de Predelat, à diman Corno Grande del Predelat, à sera il lago, tavole cinquanta».
Vedi contrada di Predellato.

Corrà, casa e santella
Era una casa agricola, l’unica in contrada di Intra le vie sotto Ariolo - oggi, la zona è completamente urbanizzata, via Termini - con, intorno, solo piantagioni di olivi.
Nei primi anni del ’900 i proprietari erano contadini, ma gestivano anche un licinsì, dove uomini e giovanotti andavano a bere un calice di vino.
L’edicola che vi si trova è stata dipinta probabilmente nel 1736, quando é stata costruita la casa.
Si pensa che il committente dell’affresco abbia voluto fare dipingere le immagini dei santi per motivi di devozione e di protezione: san Firmo è il protettore dei carrettieri; sant’Antonio è il protettore degli animali e, in particolare, delle mucche; san Martino di Tours é il protettore di Marone; sant’Agnese è la garante della salvezza dell’anima e della purezza.
Nel 1972 la casa fu ristrutturata e l’affresco fu spostato e collocato più in alto, sopra il poggiolo. Oggi è il mappale 531
§~ Dal cognome Corrà.

Corta del Vialone, contrada Vialone detta, terreno
Errata trascrizione, nei documenti, di Costa del Vallone in contrada del Vallone.
Con contrada del Vallone, nel 1641, si indicavano, genericamente, i terreni scoscesi compresi tra il torrente Bagnadore e la Sèstola: «Un’altra [pezza di terra] aradora, corniva, et prativa in contrada del Vallone, confina à sera, et monte la valle di pio uno tavole vinti» e «Una pezza di terra aradora, vidata, et parte lamitiva, et corniva in contrada di Vallone, confina à mezodi il dugale di tavole quatordeci».
§~ In dialetto bresciano Valù = accrescitivo di Al, Val = valle.

Corti, contrada di Calpiano detta, terreno
Nel 1641, il Beneficio parrocchiale di Marone possiede «Una pezza di terra à mattina parte nella contrata di Colpiano aradora, vidata, olivata, parte lamitiva, et parte boschiva, con tavole dieci nove di muracche nella contrata de Corti […] di pio duoi, tavole quarant’otto».
§~ In dialetto bresciano, Curt, Curtìl = corte, cortile.

Cortivo di Beti, contrada del
Il toponimo è citato solo nel 1573, «Casa cont:a del Cortivo di Beti». La località è nel capoluogo.
§~ Cortivo = in dialetto bresciano, Curtìf = casa a corte. In dialetto bresciano, Curt, Curtìl = corte, cortile.
Beti è, probabilmente, il diminutivo di Bettino, Benedetto.

Cosinel, Cusinèl, cascina
La cascina (mappale 931), è nell’omonima località, a Est di Marone. Oggi, nella località vi sono altri 3 fabbricati.
§~ In dialetto bresciano, Cusìna (si legge Cudìna) = cucina, sinonimo di abitazione. Negli estimi si legge «[una pezza di terra] prativa, montiva, et boschiva […] con una staletta, et cosinetta».
Cusinèl ne è diminutivo.

Cosmèl, cascina
Variante di Cosinèl nelle mappe odierne.

Costa, contrada della
Zona collinare a forte pendio a Est di Pregasso.
Il toponimo è presente in tutti gli estimi.
Nel 1573 vi sono anche, non localizzabili, la contrada della Costa de Corazi; la contrada della Costa del Chios; a Ponzano, il campo detto la Costa e Collepiano il campo detto le Coste.
§~ La parola Costa figura già col significato attuale nella toponomastica italiana del secolo XIII = pendio, declivio di un monte, di una collina.

Coste de Aria, contrada delle
La contrada compare solo nel 1573: «Un’altra [pezza di terra] prativa, guastiva, crottiva, corniva cont:a delle Coste de Aria […] tavole sessanta. »
§~ Còste è, in dialetto, il plurale di Còsta.
Aria, dal latino Area = spazio di terra circoscritto, o dal latino medievale Aria per area = terreno non coltivato [Du Cange] da cui bresciano Arai = piazzetta per la fabbrica del carbone.

Còsta Agra, bosco
Con questo toponimo è indicata la parte di bosco immediatamente a Sud della cascina Foppella (mappali 3267, 1995 e 5428.
§~ In dialetto bresciano, Agher = agro ma anche avaro; agher a pagà è colui che è restio a mettere mano al portafoglio. Còsta Agra = terreno poco redditizio.

Còsta de Berni, La, terreno
Bosco (mappale 1333) tra le cascine Vernasca e Brégn.
§~ Presumibilmente da un soprannome.

Còsta de Cavrèl, La, bosco
Versante Est, a bosco, del crinale tra il monte Caprello e il torrente Acqua Santa, nel mappale 1577.
§~ Vedi Monte Caprello.

Còsta de Gas, bosco
Il toponimo indica la parte Est del bosco dei Paröi (mappale 1262) quasi perpendicolare al confine con il comune di Zone, tra la via del Marcion e la Punta Tisdèl.
§~ Vedi Gas, Gasso.

Còsta dele Séles, Costa delle Selci, terreno
Il toponimo indica la parte Sud-Ovest del pascolo di Ortighéra, oggi a bosco (mappale 5294).
§~ In dialetto bresciano a detta degli informatori, Séles = felce ma il lemma si scrive Féles. La Séles = Séregn = selce, roccia sedimentaria silicea.

Còsta de Rai, terreno
La Còsta de Rai è prato e bosco a Est della cascina omonima - che costituisce il versante Ovest del mappale 1286 (il versante Est è esclusivamente prato).
§~ Vedi Rai, cascina Rai.

Còsta Solìda, terreno
È la parte Sud dei terreni della cascina Vernasca (mappali 1303, 4595 e 4596), esposti, in luogo soleggiato, a Est.
§~ In dialetto bresciano, Sulìt, variante del più frequente Sulìf = solatìo, soleggiato.

Còste de Pagi, terreno
Le Còste de Pagi sono terreni prativi (Ovest) e boschivi (Est) - dal mappale 1276 al 1279 - posti a valle della via di Marciòn, tra la cascina Dossello e la chiesetta di Sant’Antonio.
§~ Presumibilmente da un soprannome: Pagi lo è - novecentesco - di una famiglia Ghitti detta dei Pagi dela Sèstola.

Còste del Pià, Le coste del Piano, bosco
Poste sulla sponda sinistra dell’Òpol, le Coste del Pià sono la parte di bosco nel Nord del mappale 1553, di fronte ai Guì. A Nord delle Coste del Pià - nello stesso mappale - vi è il Pia ’la Rota (o Grotta o Rocca)

Coste de Marchio sotto al Gulem, contrada delle
Corte de Marchion ò Croce, contrada della
Nel 1573: «Un’altra prativa, montiva, prediva, corniva cont:a delle Coste de Marchio sotto al Gulem, à mezo di strada, à monte il Comun […] pio duoi tavole sessanta». Nel 1641, tra le proprietà del Comune di Marone si trova: «Una pezza di terra montiva, boschiva, guastiva in contrada della Croce, ò Corte de Marchion, confina à mattina il detto Gulem […] di piò dodeci. Pio sette nella contrada di Croce, et pio cinque le Coste de Marchion».
Il toponimo indica i prati e i boschi comunali, da Croce di Marone fino ai confini con i comune di Zone, Marcheno e Gardone Valtrompia.
§~ Marchion = Marcheno.

Còste de San Bernardo
Bosco a Est della cascina Lèrt, mappale 5476. Un tempo erano prati che erano falciati (segàboi) di cui una parte della rendita era data - come affitto? - alla chiesa di San Bernardo di Collepiano.

Crebbi, contrada di
Il toponimo si trova una sola volta nel 1573: «un’altra uts:a [pezza di terra arad:a, vidata, olivata] cont:a de Crebbi […] tavole ottanta quattro».
§~ Probabile contrazione o errata trascizione di Carebbe, Carebbio, vedi.

Cricole, Crecole, cascina
Cascina (mappale 1458) a Est di Marone e di Collepiano e a Nord della cascina Lèrt . Non è nelle carte del 1808 e del 1842; vi è nella mappa del 1898.
§~ [?] Cròcole è il soprannome di una famiglia Cristini di Marone.
Cràcole o Grì = raganelle, erano strumenti di legno con palette e ingranaggi che si suonavano in chiesa durante la Settimana Santa.

Cristì de Sóta, ex Cittadini
Area industriale dismessa - tra via Roma a Est, via Makallé a Sud, via Foppello a Nord e il lago a Ovest - che occupa circa 1600 mq (edificio) e 250 mq (piazzali).
Storia
Il fabbricato denominato Cristì de Sóta (ex Cittadini) è l’edificio industriale storico di cui si conosce la storia fin da XVI secolo. Sebbene rimaneggiata nel corso dei secoli, la porzione di fabbricato in oggetto rimane l’unica testimonianza visibile del passato manifatturiero maronese, avendo avuto, al suo interno, gualchiera, mulino, filatoio, fabbrica di coperte e, infine, retificio.
Nell’estimo del 1573 i fratelli Martino, Antonio, Ludovico e Giulio di Capitani detti di Maphetti - originari di Lovere - possiedono una «casa [in] contrada della Rassega ad adiman [confina con la] strada, à sera il lago. […] Un’altra [casa] à monte la infraditta pezza di terra con due rothe de follo. […] Una pezza di terra prativa contigua alla sopras:ta casa, à monte valle, à mezo di la inf:ta pezza di terra tavole ottanta. Un’altra prativa, olivata, à monte la sopras:ta seconda casa, et pezza di terra tavole settanta cinque ». Fabbricati e terreni corrispondono, nella mappa del 1808, ai mappali 113 (casa confinante a ovest con il lago e gualchiera) - 114 e 115 (prato) e 117 (prato e uliveto).
A sud dell’abitazione dei Capitani, separata da via Razzica, vi è la casa dei fratelli Almici fu Graziolo, mercanti, stimata 500 lire (casa lussuosa, quindi): «Una casa sita ut supra in contrada della Rassega per nostro uso con hera et horto coherentia a mezodi messer Giovan Maria Moretto et a sera il lago, quale se porria affittar ogni anno liri vinti planet», corrispondente ai mappali 58 e 59 del 1808. A sud della gualchiera è posta l’ancor più lussuosa casa di Giovanni Maria Maggi detto il Moretto, proprietario di 1/6 del forno fusorio: «Casa con cortivo et, brolo, à diman Francesco di Gizi, à sera il lago. Estimata lire sette cento in tutto», corrispondente ai mappali 61-62 (casa) e 63-64 (brolo) e di cui si conserva ancora lo stemma marmoreo - unico in tutta Marone - nella chiave della volta del portale.
L’area - delimitata a sud da via Razzica e a nord dal torrente Bagnadore - è occupata, oltre che dalla gualchiera dei Capitani, dal forno fusorio e dalla fucina del pestaloppe (maglio con cui si elimina la scoria dalla fusione del ferro, probabilmente mappale 189 nel 1808) e dalla segheria comunale (mappale dal 96 nel 1808) ed è attraversata dal canale a cielo aperto della Sèstola.
Nel 1637 proprietario dei fabbricati in oggetto è Lorenzo Guerini di Giulio, di 39 anni.
Nel 1641, dopo la morte del padre Lorenzo, la proprietà passa all’undicenne figlio, Giulio: «una casa con corpi duoi terranei, camare sopra, con un’altra casa, con trei rotte di molino dentro […] con tavole dieci otto di terra a essa contigua». Giulio Guerini non è, però, il proprietario dei limitrofi appezzamenti a prato e uliveto.
Rispetto al 1573 è aumentato anche il numero delle ruote - e l’estimo del mulino passa da 600 a 1600 lire -, che da due diventano tre.
Nell’estimo del 1785 i fratelli Bonaventura [1731-1802] e Paolo [1741-?] Guerini della Rassega fu Giulio [?-1761] - eredi del seicentesco Lorenzo fu Giulio - possiedono «un corpo di case di diverse stanze terranee, e superiori, con solari sopra cupati con tre Rothe di molino, ed una masinatura, con corte avanti verso mezzodì mediante strada, sive Ingresso»; i due fratelli sono inoltre proprietari del terreno prativo e olivato a est del fabbricato.
Nella mappa del piano Viganò (1811) i mappali sono genericamente indicati come «orto e case di Bonaventura Tenca», ultimo erede dei Guerini della Rassega, figlio di Nicola Tenca e Maria Caterina Guerini.
Bonaventura Tenca [1774-?] si coniuga con Marina Dell’Oro nel 1803; la moglie proviene da una famiglia che a cavallo dei secoli XIX e XX avrà un ruolo notevole nell’industria serica locale.
Il tracciato della Sèstola è lineare e a cielo aperto nei mappali 117 e 116 (orto) e non è disegnato nei fabbricati (ma il percorso era, senza dubbio, identico a quello delle mappe 1808-1815).
Nel catasto napoleonico (mappe 1808 e 1815) i mappali oggetto di studio sono i 113 (fabbricato) - 114 (orto) - 115 (orto) - 116 (prato) - 117 (prato), delimitati a sud da via Razzica (attuale via Makallè) e a nord dalla strada consorziale del Foppello (oggi non più agibile). Il tracciato della Sèstola è lineare nei mappali 117 e 116, con un angolo di 160° circa quando entra nel mappale 113; il canale è indicato come a cielo aperto.
Fino al 1846 i mappali sono proprietà di Girolamo Signoroni fu Cassandro, imprenditore tessile di Sale Marasino, che li ha acquistati da Bonaventura Tenca in data imprecisata (post 1811).
Nel 1846 la proprietà degli immobili e dei terreni passa a Giacinto Passarini fu Giacomo e a Giuseppe Cè fu Faustino (l’atto è registrato nel 1852).
Nel 1865 la proprietà passa alla società costituita da Francesco Nullo, Orazio Bordiga, Bortolo Zuccoli, Franchi fu Attilio, Silvio Damioli, Carlo Bonardi (sacerdote) e Antonio Zineroni (Zirotti?).
Nel 1870 - dopo che nello stesso 1865 e nel 1867 vi erano stati cambiamenti di ruolo nella società suddetta - l’intera proprietà è rilevata da Giacomo Fonteni, Giacomo Tempini e Angelo Turla di Sale Marasino.
Nel 1878 i mappali in oggetto passano alla società costituita dai fratelli Cuter fu Giovanni Battista, Battista e Giovanni, Giacomo Fonteni fu Antonio e Angelo Turla fu Francesco.
Nel 1879 il fabbricato, proprietà della ditta «Kuter fratelli, Fonteni Giacomo di Antonio e Turla Angelo di Francesco», comprende una macina idraulica per le olive (mappale austriaco 272), l’olio serve per filare la lana ed è scarsamente utilizzato per usi alimentari), una filatura di lana (mappale austriaco 114, già orto) e due macine da grano (mappale austriaco 273 e parte al pianterreno del 113). Tutte le macchine - da una fonte documentaria, ma ritengo esclusivamente il filatoio - sono mosse da una turbina da 8 cavalli vapore (un semplice meccanismo con ruota di mulino collegata a una dinamo che produce corrente continua). Al primo piano vi è la casa con bottega (mappale 113)
Nel 1891 e nel 1893 è proprietà dei fratelli Fonteni fu Giacomo, di un certo Fabeni e di Francesco Turla fu Angelo e fratelli.
Dal 1894 al 1901 il complesso artigianale e i terreni sono proprietà dei fratelli Turla fu Angelo.
Nel 1902 diventa di Francesco Turla fu Angelo, Luigi e Sofia Turla fu Vittorio proprietari e Maria Giugni di Felice vedova Turla usufruttuaria in parte.
Nel 1907 l’intera area fu acquistata da un certo Antonio Romeri fu Luigi che, il 20 aprile dello stesso 1907, li rivende a Giuseppe, Luigi e Romualdo fu Andrea e a Rocco Cristini fu Luigi, fratello del defunto Andrea.
Il 3 giugno 1913 i mappali furono sostituiti in questo modo: i mappali 113 («casa con bottega che si estende anche sopra parte del 273»), 114 sub 1 (orto), 117 («prato vitato») e 272 («mulino da grano ad acqua con casa, sopra la quale si estende in parte il 113») con la dizione «opificio per la filatura e scardatura della lana, torchio da olio e locali annessi» e i mappali 114 sub 1 e 272 con la dizione «portico e loggia portichetto e motore elettrico della forza di 10 HP». Con atti successori iniziati nel novembre 1912 e conclusi il 3 giugno 1913 la proprietà passa a Giuseppe, Luigi e Romualdo fu Andrea, Luigi, Faustino, Battista e Giuseppe e a Paola, Caterina e Orsolina fu Rocco e a Caterina Cabona, vedova di Rocco Cristini usufruttuaria in parte.
Il 27 giugno 1913 tutti i mappali furono accorpati nell’unico 114 descritto come «fabbricato rurale di are 19,30» (1930 mq) e passò a Giuseppe, Luigi e Romualdo fu Andrea.
Nel 1919 l’edificio era stato in parte danneggiato da un incendio (da qui un altro soprannome dei Cristini, i Brüsàc'); fu ricostruito - poco dopo - con solette in cemento armato e tetto a Shed.
Il 17 dicembre 1929 i proprietari divennero Luigi, Romualdo, Paola e Isabella fu Andrea.
Nel 1935 l’edificio è sede della ditta «Cristini Romualdo fu Andrea ed eredi Cristini fu Andrea».
L’alluvione segnò la fine dell’attività industriale del nostro stabilimento, ma anche la scomparsa di un mondo industriale tipico maronese, fondato sullo sfruttamento delle risorse idriche del canale della Sèstola.
Il Genio Civile non permise più per ragioni di sicurezza 1’utilizzo dell’immobile, se non per lavori, che non comportassero le vibrazioni tipiche delle macchine di tessitura, constatata 1’instabilità del fondo lago, col quale confinavano i muri perimetrali.
La direzione della società diede allora 1’incarico all’Amministrazione Comunale di trovare un utilizzo adeguato e, dopo un tentativo di ricominciare l’attività con un feltrificio da parte di Sergio Moglia, lo stabilimento fu acquistato da Cittadini di Sulzano, che vi piazzò alcune macchine tessili per la produzioni di reti, dopo che il Genio Civile aveva fatto palificare la sponda.
§~ Dal soprannome della famiglia Cristini fu Giovanni Battista Andrea; la famiglia è detta anche dei Brüsàc'.

Cristì de Sura, ex Moglia
Edificio industriale dismesso, in via Adua; in tutti i catasti è indicato con il mappale 96.
Storia
Nel 1573 l’edificio era, tra le proprietà del Comune di Marone, una «casa, et molino de duoi rothe, con una rassega, et casetta per il molinaro, in cont:a della Rassega […]». Nel 1641 il fabbricato è di proprietà di Antonio fu Giovanni Giacomo Guerini ed è descritto come «Una casa con corpi due terranei, cilterati, et camerette sopra, cuppate et rothe due di molino, et altre case discoperte, et una casa terranea, cilterata con camera sopra cuppata, con un poco di corte avanti in contrada di Marone». Nell’estimo del 1785 i figli del defunto Stefano Guerini fu Giovanni Pietro, della famiglia chiamata dei Molini Nuovi, dichiara di possedere, in contrada del Forno, un mulino di tre ruote.
Sintetizzando, dal 1850 al 1927 questi furono i principali passaggi di proprietà dello stabile.
Prima del 1857 il mappale 96 era proprietà di Giacomo, Giuseppe, Antonio, Maddalena, Bartolomeo e Giovanni Battista Zuccoli fu Andrea. Nel 1857 passò a Guerini e Luciano fu Giuseppe e Guerini Martino, Pietro, Andrea, Pietro Antonio e Stefano fu Giacomo. Nel 1871 passò a Guerini Maria e Lucrezia fu Giuseppe e Guerini Pietro, Martino, Andrea, Pietro Antonio e Stefano fu Giacomo. Sempre nel 1871 passò a Guerini Martino, Stefano e Pietro Antonio fu Giacomo.
Nel 1872 Febbraio fu acquistato da Antonio e Carlo Vismara di Bartolomeo: «A Marone Vismara-Gavazzi nel 1872 presero a dirigere squisito filatoio di seta, nel quale del 1874 lavoravano 196 persone, massimamente fanciulle, e che dà annualmente seimila chilogrammi d’organzino» [G. Rosa].
Nel 1874 Ottobre passò ad Antonio ed Egidio Gavazzi fu Giuseppe Antonio. Nel 1877 passò ad Antonio Gavazzi. Nel 1886 passò ad Antonio Vismara di Bartolomeo. Nel 1897 passò ad Arturo, Paola, Carmela e Maria Vismara fu Antonio proprietari e Livia Rachele fu Giosuè usufruttuaria in parte. Nel 1897 passò ad Arturo Vismara fu Antonio. Nel 1907 fu acquistato da Curti Edoardo & C. Società in accomandita per azioni. Nel 1914 Agosto passò all’Unione Industriale Serica. Nel 1917 passò a Giuseppe Gallese di Giovanni. Nel 1927 passò a Cristini Luigi, Faustino, Battista e Giuseppe fu Rocco.
Nel 1935 la ditta Cristini Luigi, Faustino, Battista, e Giuseppe fu Rocco è proprietaria di un immobile che è accatastato come «setificio con locali annessi in via Forno di piani 5 / vani 30 in mappa al n° 96 […] casa che si estende anche sopraparte del n° 182».
§~ Dal soprannome della famiglia Cristini fu Rocco Giosuè.
Sergio Moglia ne fu l’ultimo proprietario.

Cristini Battista, via
È il tratto della Sp. 510 che dal ponte sull’Òpol giunge al confine con il comune di Sale Marasino.
§~ Dedicata a Battista Cristini il 5 giugno 1945 dal Comitato di Liberazione Nazionale con la seguente motivazione: «via Battista Cristini, sostituisce via XXI Aprile, in onore dell’olocausto che il Cristini fece della propria vita, per la propria idea in una imboscata tesa presso il cimitero di Marone per l’odio fratricida fascista».
Il 10 Giungo 1923 i fascisti assassinano, alla Breda, il socialista Battista Cristini. Maria Gigola così ricordava l’accaduto: «Era Domenica e successe questo fatto. Verso le 18 una compagnia di cinque giovani tornava alle proprie case cantando Bandiera Rossa. Alcuni fascisti li seguirono e davanti al cimitero spararono contro di loro. Uccisero un giovane, Battista Cristini, di 22 anni. I suoi compagni, vedendolo morto, corsero in paese gridando “L’è mort Batista! L’è mort Batista”. Il giorno dopo mio marito e un altro andarono in paese con l’intenzione di picchiare i fascisti, ma appena giunti vicino al Municipio, videro i fascisti armati di fucile e allora se ne tornarono a casa». L’11 giugno il dottor Gallotti redige il certificato di morte: il «decesso avvenne alle ore 8,30 pomeridiane del giorno 10 giugno 1923 in causa di omicidio per arma da fuoco».
Sbrigative indagini misero tutto a tacere e classificarono l’omicidio come avvenuto per opera di ignoti.
Nel periodo fascista via Battista Cristini era denominata via 21 Aprile, festa fascista - dal 1924 - detta anche il «Natale di Roma - Festa del Lavoro» che sostituiva la Festa dei lavoratori del 1° maggio.

Croce de Morti nella Breda, detta Chios
Appezzamento in contrada delle Foppe.
Vedi Lazzareto.

Croce, cascina
La cascina è documentata fin dal 1573, quando i fratelli Antonio e Tommaso Zeni sono proprietari di «Un’altra [pezza di terra] prativa, montiva, et boschiva per indeviso con Tomas suo fratello con una staletta, et cosinetta per indeviso uts:a cont:a de Croce, à diman strada, à sera il Comun, pio cinque tavole vinti».
Oggi è il mappale 1644.
§~ In dialetto bresciano, Crus = croce, in questo caso nel significato di incrocio di strade.

Croce, contrada
Località montana a Est di Marone.
Nel 1573 i terreni sono descritti come «Un’altra [pezza di terra] prativa et valziva con la meta di una stalla in cont:a di Croce lontana cinque miglia [da Marone] pio cinque tavole vinti» e «Un’altra prativa, dossiva, grottiva, castegniva […] in cont:a de Cros sul Monte, à diman il Comun di Marone, à sera la valle pio quindeci con un luogo [una cascina, in altra parte del documento “uno bregno”, ndr] in d:a pezza di terra».
Nel 1641 il Comune di Marone possiede 4 ettari di «terra montiva, boschiva, guastiva in contrada della Croce, ò Corte de Marchion».
Nel 1785 il toponimo ricorre solo relativamente a un appezzamento detto Prato di Marchetti (vedi).
La passeggiata
Partendo dal municipio di Marone, si attraversa la linea ferroviaria e si imbocca via Europa, fino a sbucare sulla strada per Zone. Di fronte si trova una stradina cementata che, passando per la chiesa di San Carlo, porta a Collepiano. Da qui si prosegue sulla strada per Grumello. A questo punto si imbocca la strada (una volta mulattiera) che porta alla Madonna della Rota. Si continua per un breve tratto lungo la strada, imboccando sulla destra una vecchia mulattiera che arriva fino in località Le Piane e poi ritorna sulla strada e prosegue fino a località Daque. Continuando per la mulattiera ed evitando altri due tornanti, si arriva, con un’ultima curva, in località Cusinèl. Qui la strada prosegue e, lasciata a destra cascina Pergarone, si alza, passa la cascina Nei e la chiesetta di Sant’Antonio e, salendo ancora, sbuca sulla strada in vicinanza del rifugio Croce di Marone.

Crudài, i, Bosco
I Crudài sono, con il Frasen, la zona Sud del mappale 1244: zona boschiva - con i Frasen - è a Ovest della Punta Val Mora.
§~ In dialetto bresciano, Crudàl = incrocio di quattro strade.

Cua dela Balèstra, terreno
I mappali 1296, 956 e 5426 - bosco e prato, terreni dell’omonima cascina - formano un triangolo delimitato a Nord Ovest dall’Òpol, a Sud-Ovest dal torrente dell’Acqua Santa e a Est dalla Strada dell’Acqua Santa. La Cua dela Balèstra è costituita dal vertice Ovest, esclusivamente bosco.
§~ Vedi Balèstra.
In dialetto bresciano, Cùa = coda, dal latino classico e medievale Cauda = Finis, Terminus = estremità di qualunque oggetto.

Cua del Càlem, Bosco
La Cua del Càlem costituisce l’estremità Est dei mappali 1630 e 1577 (bosco). Sebbene non riferita, dovrebbe esistere anche la limitrofa località Càlem.
§~ In dialetto bresciano, Càlem = frutto del ciliegio durone, in dialetto Càlem dürèll.

Cua del Gat
Campo in Grumello; è il mappale 751.
§~ In dialetto bresciano, Cùa del gat = coda del gatto; dalla forma del terreno.

Culma Piana, Bosco
La Culma Piana - nel mappale 1244 - è il crinale boscoso tra la Punta dei Dossi e la Punta Val Mora.
§~ In dialetto bresciano, Culma = colmo, giogo, sommità, cima.

Cültüra, la
Campo in Grumello; è il mappale 4029.
§~ Cültüra, nei vocabolari, non è termine del dialetto bresciano storico; nella variante Coltüra = terreno a seminativo [Salghetti].

Cunicolino
Altro nome del Monte di Marone (vedi).

Cunicolo, Cunécol, Cugnùcol
Monte a Nord di Marone, m 1035 s.l.m.
Il Cunicolo e il Cunicolino sono detti, genericamente, Monte di Marone.
§~ In dialetto bresciano Cognucol = cocuzzolo, dal latino Cuneus = cuneo, di forma triangolare.

Curt de via
Denominazione dialettale di via Trieste.
La Curt era chiusa da un portone di cui fino agli anni ’80 del Novecento rimaneva l’arco.
§~ In dialetto bresciano, Curt = cortile, da cui anche Curtìf = casa a corte, cortivo. A Marone vi era una famiglia Guerini detta del Cortivo, oggi estinta: il soprannome dell’ultima donna Guerini del Cortivo, sposata Uccelli, ha trasmesso a questa famiglia l’appellativo.
La casa a corte - spesso abitata da più famiglie - era luogo di socializzazione; in Curt de via alcune attività artigianali erano svolte all’aperto.

Cusura, strada comunale della
Il toponimo compare nelle mappe catastali unitarie; la via unisce Vesto a Pregasso.
Oggi la toponomastica delle vie di Pregasso è ridotta alle sole vie San Pietro, Ronchi e Garibaldi.
Anticamente, da Marone e Ariolo si giungeva a Pregasso percorrendo la Strada comunale Seradina o dei Ronchi, detta poi Bialonga (oggi via Garibaldi). Da Vesto si percorreva la Strada comunale della Chiusura (che dava il nome anche ai vicoli interni della frazione, oggi via San Pietro e via Ronchi). Da Pregasso si raggiungeva Collepiano con Strada comunale di Gambalone che, dopo il ponte di pietra della val Pintana, prendeva il nome di via Piana (verso Collepiano) e via Cavallo (verso Grumello). Vi erano poi le strade che conducevano alle cascine: la Strada consorziale del Gremone (fino alla cascina omonima); la Strada consorziale del Tinello (fino alla cascina Bondioli); le strade comunali del Roccolo e di Ruk che portavano alla cascina Vittorie; la Strada consorziale dei Prati (fino alla località Prati) che dalle cascine Ranch prendeva il nome di Strada consorziale di Rango.
§~ Vedi Chiusura.

Cuzorne, contrada delle
Il toponimo compare una sola volta nel 1573: «Un’altra [pezza di terra] arad:a, castegniva, limitiva, cont:a delle Cuzorne […] tavole sessanta cinque».
§~ Variante di Chiusure.