La toponomastica maronese – lettera A

Roberto Predali

Acqua Marza, Aqua Marsa, contrada dell’
In genere in una contrada vi è almeno un appezzamento omonimo.
Il toponimo è variante di contrada delle Moie.
La località, a valle di Vesto e a monte di via Caraglio, è attraversata dal torrente Valzello.
Negli estimi i confini sono fluidi, comprendendo, a volte, anche Rodel e i terreni della cascina Carai. La zona era a coltivazione promiscua, arativo, vitato e olivato; oggi è coltivata esclusivamente a orti e uliveti. È fortemente urbanizzata dagli anni ’60 del ’900 in poi.
Nell’estimo del 1573 il toponimo non compare ma con 5 ricorrenze è detta contrada delle Moie.
Il toponimo Moie si ripete 2 volte nel 1641; sempre nel 1641, in 3 casi, è detta contrada dell’Aqua Marsa.
Nel 1785 è denominata Contrada dell’Acqua Marza o Contrada di Prati, ossia l’Acqua Marza.
§~ In dialetto bresciano Aqua = acqua e Mars = marcio, putrido, fradicio.

Acqua Santa, corno dell’; Córen de l’Aqua Santa
È posto a Nord-Est del torrente e della valle omonimi, nella parte Est del territorio di Marone.
In prossimità della formazione rocciosa, fino agli anni ’40 del Novecento, era attiva una cava di terra follonica: la terra di follo - argilla smettica, saponificante, detergente e sgrassante - era usata con olio e sapone per feltrare le coperte di lana.

«Una cava di terra di follo di proprietà del Comune di Marone, che i follatori esercitavano dietro pagamento di un canone annuo, si trovava a sinistra della Valle dell’Òpol sotto la Punta dei Dossi e quasi di fronte al Santuario della Madonna della Rota, all’altezza di 590 m sul lago. L’argilla era trasportata con una fune aerea, fino sulla falda destra (strada mulattiera, che da Marone conduce a Gasso, che fino ad un certo punto era carrettiera). La fune, secondo il progresso dello scavo, era di tanto in tanto opportunamente spostata. La falda, su cui giace l’argilla, è boscosa e molto ripida; il manto argilloso di piccolo spessore, da 20 cm ad 1 metro. Un’altra cava in terreno privato, discontinuamente attiva, era molto più ad est della precedente, sulla stessa falda, sotto la vetta del Caprello e all’altezza di circa 852 m s. l. m., di fronte alla rupe dolomitica dell’Acquasanta. Depositi di argilla smettica erano anche a Ranco presso Pregasso all’altezza di 224 m s. l. m., nella regione soprastante ai Tufi di Sale Marasino a 290 m s. l. m.: di più antiche cave mancano e traccia e ricordo. Ma è naturale che i primi follatori cercassero l’argilla nelle località più vicine agli abitati, e quindi più basse; poscia, quelle esaurite od ivi l’estrazione resa meno proficua, si rivolsero a località più lontane e quindi più elevate».
Da F. Salmoiraghi, Giacimenti ed origine della terra follonica (argilla smettica) di Marone e Sale Marasino sul lago d’Iseo, in Atti della Società Italiana di Scienze Naturali, XXXIV, Milano 1892, pp. 349-366. Il volume è interamente scaricabile da archive.org.).La leggenda del Córen de l’Aqua Santa
Un giorno dell’anno 1580 passò da Marone San Carlo per visitare le chiese e i monumenti del paese.
Sui monti, fu aggredito da alcuni briganti. Allora spronò il suo cavallo e fuggì.
I briganti, con cavalli più robusti, lo inseguirono.
San Carlo era allo stremo delle sue forze e così il suo cavallo. Salendo per i ripidi pendii, venne una gran sete a San Carlo e al suo cavallo. Mentre si guardava intorno, il cavallo inciampò in un sasso. San Carlo andò a sbattere la testa contro una roccia che sporgeva un po’ più delle altre, ma non si ruppe il capo, anzi la roccia si curvò come un cuscino sotto il peso di un corpo e, meraviglia!, da quel momento sgorgò uno zampillo d’acqua, e San Carlo poté dissetarsi e riprendere le forze.
§~ In dialetto bresciano Córen = corno, in questo caso spuntone roccioso e Aqua = acqua.

Acqua Santa, strada comunale
Via montana - in prossimità delle omonime località e corno - che si dirama da via del Monte poco prima della cascina Pergarone e serve, anche, le cascine tra Balestra e Spino.

Acqua Santa, torrente
Torrente, affluente di sinistra dell’Òpol, che scorre nella valle omonima.
§~ In dialetto bresciano Aqua = acqua.

Acqua Santa, valle dell’
È la valle a sinistra del torrente Òpol tra il monte Caprello a Ovest e il dosso Fontanazzo a Est.

Adesela, contrada di
Attuale via 24 Maggio.
La contrada si trova a destra dell’Òpol e a sinistra dell’attuale via 24 Maggio; confina a Est con lo Stradone (oggi via Roma) e a Ovest con il lago.
Il toponimo si trova nell’estimo del 1573 nella partita di Giovanni Giacomo Guerini che è proprietario di una «casa con horto cont:a di Adesela, à matt:a strada, à sera il lago».
È detta anche contrada de Albarelli e contrada de Sedesella.
Nella mappa del 1808 il toponimo è detto, genericamente, Strada Pubblica e nel piano Viganò del 1811 è detta via Sedesella. Nella mappa del 1898 è denominata via Sedisela.
§~ È variante di Sedesella, dal latino medievale Sedes = tra i vari significati, luogo adatto a costrirvi un edificio.
Vedi, anche, contrada de Albarelli, contrada de Sedesella.

Adua, via
Toponimo di epoca fascista; in precedenza la via era denominata Contrada del Forno.
La via, a forma di U, parte da via Roma - di fronte a via Makallé - passa davanti al fabbricato dei Cristì de Sura e termina, nuovamente, in via Roma. Da via Adua dipartiva, perpendicolare, la scomparsa via Foppello.
§~ La battaglia di Adua si combatté il 1º marzo 1896 nei dintorni della città etiope di Adua tra le forze italiane comandate dal tenente generale Oreste Baratieri e l’esercito abissino del negus Menelik II. Gli italiani subirono una pesante sconfitta.
Vedi Contrada del Forno e contrada del Fopello.

Afra, cascina
Per l’esatta localizzazione delle cascine vedi le mappe.
Di solito, il terreno su cui sorge la cascina ha lo stesso nome della cascina.
È la denominazione, nelle mappe storiche, della cascina (mappale 122) a monte di Pregasso, vicina alla cascina Ronchi di sotto, lungo la Strada consorziale detta di Rango.
§~ Una famiglia Cristini di Pregasso è detta degli Afre: il soprannome è dovuto al ricorrere del nome Afra tra le donne della famiglia.

Aigni, contrada di
Il toponimo si trova solo nell’estimo del 1573: vi si trova una pezza di terra «arad:a, montiva, guastiva» di ½ piò.
§~ Probabile variante di un altro toponimo, forse Ragni.

Alagi, via
La via inizia dal ponte di Ariolo e si immette in via Vesto.
Toponimo di epoca fascista. In precedenza era il tratto iniziale della Strada pubblica di Sotto Rocca.
§~ La battaglia dell’Amba Alagi avvenne durante la guerra di Abissinia, presso il monte Amba Alagi, nell’altopiano etiope. Il 7 dicembre 1895 il presidio italiano comandato dal maggiore Pietro Toselli, composto di 2.300 uomini tra nazionali e indigeni, fu assalito da circa 30.000 abissini; nello scontro, le forze italiane furono completamente annientate.

Albarelli, contrada di
Attuale via 24 Maggio.
Il toponimo - altro nome di contrada Sedesella o Adesela - si trova nell’estimo del 1573 ed è detta anche contrada delli Albari.
Giacomo Guerini, con i fratelli, possiede «la meta di una casetta con una calchera appresso cont:a delli Albari […]»; l’altra metà è di proprietà di Donato Guerini che ha «una calchera con la meta di una casa cont:a delle Salerelle […], à sera il lago».
§~ In dialetto bresciano, Àlbera = pioppo; Albarelli suona come diminutivo. Vedi anche Sedesella.

Albàrne, le, terreno
La località è parte della zona boschiva - con i mappali 1597 e 1706 - a Sud-Ovest della cascina Brégn, nella parte montana del territorio di Marone. È in gran parte bosco, con - a Sud - una porzione di prato.
§~ In latino medievale, Albara = albero e Albare = Vallum, Fossa = vallo, linea di fortificazione costituita da un terrapieno; in senso figurato, difesa, riparo, [Du Cange].

Albereto, Albarét, località
Località (indicata solo dallo Gnaga che, forse, la confonde con l’omonima località nel territorio di Zone) a Nord-Est di Marone a 850 m s. l. m., sul versante destro della valle di Gasso.
§~ In dialetto bresciano Àlbera = pioppo; Albarét = collettivo di Àlbera (bosco di pioppi) [Gnaga].

Ambaroli ossia Foppe, contrada di
Attuale località Foppe.
È l’area pianeggiante dove sorge il cimitero, a sinistra del torrente Baravalle e a monte di via Caraglio.
Il toponimo si trova in tutti gli estimi: è detta anche contrada de Ambarini, di Ambaro, d’Ambaroi, de Ambaroli, delli Ambarolli, di Ambarolo, di Ambasolo. È parte della più ampia area detta Breda.
Il toponimo, nel 1785, è anche quello di un appezzamento: «una pezza di terra detta Ambaroli in contrada di Ambaroli».
§~ Il toponimo contiene la radice Ambar-, di etimologia incerta.
In latino medievale Ambarium = Repagula = stanga che chiude la porta, barriera [Du Cange].
Vedi Baravalle, Breda e Foppe.

Ampote, contrada di
Il toponimo si trova solo nel 1573 e riguarda una pezza di terra «montiva, corniva, murachiva, guastiva, et olivata cont:a de Ampote à diman il valzel».
Poiché confina con il Valzello, il terreno era in contrada dell’Acqua Marsa o in contrada di Sotto Vesto
§~ Variante di Àmpole [?].
In dialetto bresciano «Àmpola = pollone, ramicello tenero che metton gli alberi» [Melchiori], germoglio che nasce da una gemma avventizia di pianta perlopiù legnosa; è il rametto dell’ulivo che si benedice la Domenica delle Palme.

Angelo custode, santella dell’
È stata costruita - in via Sotto Rocca, oggi via Vesto - nel 1906-1907.
Rappresenta una barca piena di pescatori sul lago in tempesta e un grande angelo che vola su di essa.

Narra la leggenda che un giorno, una bambina di nome Elisabetta stava passeggiando per via Sotto Rocca, proprio nel momento in cui un cavallo imbizzarrito arrivava galoppando. Tutti pensarono che avrebbe travolto la bambina che per il terrore non riusciva a muoversi. Ma quando tra il cavallo ed Elisabetta mancavano pochi centimetri, il cavallo si impennò, si fermò e si calmò, senza travolgerla.
Tutti gli spettatori scioccati urlarono: «Miracolo. È stato l’Angelo custode».
Così, il papà di Elisabetta, Tóne Prètur, che era muratore, costruì un’edicola in onore dell’Angelo custode, affinché proteggesse tutti i bambini.
Si mettevano i fiori davanti al quadretto. Siccome la santella era costruita un po’ troppo in alto, le bambine dovevano fare la caalìna giöna sura l’ótra - mettersi una sull’altra - per riuscirci.
Negli anni ’70 la santella è stata distrutta quando fu allargata la strada che collegava Marone a Vesto, ma è stata ricostruita da Pino Mazzotti.

Angolo et Inglese, terreno
Il toponimo si trova solo nel 1573 e concerne «una pezza di terra aradora, vidata, et parte lamitiva, guastiva, chiamata l’Angolo, et Inglese […] di pio uno tavole dieci».
§~ [?].

Aqua, Canàl de l’, valle
Valle a Nord della località Marù, nel mappale 1248.
§~ Vedi Canàl e Aqua.

Arai, contrada di
Il toponimo è, anche, nelle varianti contrada di Arali e contrada delle Are di Sotto la Via.
Le località con questo nome sono numerose sul territorio di Marone e sono poste in prossimità dei boschi. Vi si preparava il poiàt, la catasta di legna da cui, dopo lenta combustione, si otteneva il carbone. Ancora dopo il 1860 vi erano 3 carbonai attivi a Marone.
El poiàt
A fare il carbonaio si cominciava presto, a 11 o 12 anni, come garzone al seguito della squadra di 6-7 uomini che partiva per la campagna annuale.
Qualcuno si portava la famiglia: le donne preparavano da mangiare e trasferivano la legna a spalla dai punti di taglio allo spiazzo in cui sarebbe sorto il poiàt, la carbonaia, e poi trasportavano, sempre a spalla, i sacchi di carbone a valle.
I carbonai vivevano in minuscole capanne di legno e frasche, risparmiando su tutto, mangiando polenta e formaggio o minestra di lardo.
Una volta montata la capanna, i carbunér liberavano lo spiazzo destinato alla carbonaia di sassi e radici, e innalzavano al centro della spianata, un po’ convessa per eliminare l’acqua, un palo di diversi metri di altezza. A questo punto la legna tagliata lungo le pendici del bosco doveva essere portata sullo spiazzo a spalla, con l’aiuto di rami biforcuti e sistemata in verticale attorno al palo, in perfetto equilibrio.
Occorreva una settimana per “vestire” il poiàt: innanzitutto, la legna più consistente era tagliata e incastrata su più strati sovrapposti, a formare un blocco compatto e senza spiragli; quindi si utilizzavano, prima, i pezzi più sottili, seguiti da foglia e fieno, per preparare la “vestina” del poiàt. Con i rametti più piccoli si formava un cerchio alla base della catasta e con la terra si ricopriva il tutto. Tolto il palo centrale, se il lavoro era stato fatto a regola d’arte, tutti i legni rimanevano al loro posto, sostenendosi a vicenda, e la carbonaia era pronta per cuocere.
Gettati dei tizzoni ardenti nel foro lasciato libero dal palo, il processo di combustione aveva inizio, e poteva durare dai sei ai nove giorni. Durante il processo occorreva dare periodicamente aria alla parte interna del poiàt praticando dei fori nella copertura, e sopperire con piccoli ciocchi ai vuoti causati dal prosciugamento della legna. Tali procedimenti dovevano avvenire a intervalli regolari di 4/5 ore, durante il giorno e la notte, ed erano detti embocà el poiàt.
Terminata la carbonizzazione, il cumulo era aperto a palate con delicatezza, per cercare di separare la terra dai pezzi di carbone che dovevano essere il più possibile integri, per aumentarne il valore. Lasciato raffreddare completamente il carbone, esso era insaccato e trasportato verso le piazze di mercato per essere venduto.
Il carbone era pagato a peso.
Per produrre 15 quintali ne servivano ben 100 di legna.
§~ Forma plurale di Aràl, da Arealis = relativo ad Area. Dal latino Area = spazio di terra circoscritto, o dal latino medievale Aria per area = terreno non coltivato [Du Cange]. In latino medievale compare già Ariale  col significato di aia, spiazzo (Sella, Glossario latino emiliano, Roma 1937).
Poiàt = catasta di legna per ottenere carbone. In latino tardo Podiatum = letteralmente, accatastato, (derivato di Podium) [A. Foglio, Vocabolario del dialetto di Toscolano Maderno, Salò 2011].  In latino medievale, Poium = Podium, Collis = poggio, colle.

Argini, contrada di
La contrada - che si trova tra Collepiano e Pregasso - è citata nell’estimo del 1641 con le varianti de Argeni, del Arigine (sono 6 appezzamenti di terra in gran parte a prato o «aradora, montiva» di estensione superiore al piò). Nel 1785 è contrada di Arigni.
§~ Per lo Gnaga, Arsen = argine; argine per ciglione [?].

Ariato, d’, contrada
La località è in Monte di Marone, verso la valle di Sinello.
Nel 1785 in contrada di Monte di Marone vi è una pezza di terra «prativa, guastiva e diruppativa» - proprietà dei Ghitti di Bagnadore - detta prato d’Ariato e in contrada di Ariato vi è una pezza di terra «segaboliva, corniva e boschiva» detta Corta di Ariato.
§~ In latino medievale, Aria = Area = terreno non coltivato [Du Cange].
In dialetto bresciano, Aria = venticello.
Vedi anche Arai.

Ariolo, Argiöl, contrada
La frazione è posta tra la località Tèrmen e via Garibaldi e si snoda lungo via Giulio Guerini e via Alagi.
Nel 1573 la denominazione è contrada de Riat, de Riol, del Riol, de Riolo, del Riolo, de Ariol o dell’Ariol e di Ariol, de Arioldo, de Lariolo. Nel 1641 è detta contrada d’Ariollo, d’Ariolo, de Arolo.
Ariolo è un piccolo agglomerato di case, attraversato dal torrente Òpol e dal Vaso Ariolo che vi muoveva una ruota di mulino.
Nel 1573 vi sono 8 abitazioni e nel 1641 13; diventano 21 nel 1808. Dal Dopoguerra a oggi vi è stata una notevole urbanizzazione.
Nella mappa del 1898 le vie che portano o attraversano Ariolo sono: Strada comunale dei Morti che comprende anche il «Ponte di legno detto d’Ariol» (1808), Strada comunale Sotto Rocca (oggi via Alagi), Strada comunale della Bielonga (oggi via Garibaldi), Strada comunale dei Termini e Strada comunale interna di Ariolo.
§~ Dal latino Rivus = ruscello [Rivus→Riv-olo→Riolo→Riól], come indicherebbero i nomi cinquecenteschi della frazione contrada de Riol, del Riol, de Riolo, del Riolo.

Ariolo, rio, torrente
Nella mappa del 1808 - e in quelle seguenti - nasce poco dopo la chiesa di Collepiano e per immettersi nell’Òpol, in prossimità del Vaso Ariolo. Affluente, alla destra idrografica, dell’Òpol.

Ariolo, strada comunale interna di
La denominazione si trova solo nella mappa del 1898 e riguarda un tratto dell’attuale via Giulio Guerini fino al ponte di Ariolo.

Ariolo, vaso, canale artificiale
Documentato fin dal 1573. È, da qualche decennio, arido, interrotto in vari tratti e in rovina.
Una relazione del 1868 documenta che lungo il vaso Ariolo - che ha una portata di 0,05 mc/secondo - vi erano due mulini, una macchina per filare e un follo per coperte.
Nel 1935, il Vaso Ariolo, derivato dal torrente Òpol a Ovest di Ariolo, ha una portata ordinaria di 30 litri: gli utenti sono il mulino di proprietà di Rosa Bonardi in Ghirardelli, il follo delle Industrie Tessili Bresciane e il mulino di Francesco Panigada fu Paolo.
Il Mulino di Ariolo
La ruota di mulino è documentata fin dal 1573, proprietà di Salvatore Ghitti e dei suoi fratelli. Nel 1641 è di proprietà di Cristoforo Ghitti, figlio di Salvatore. Alla fine del 1700 il mulino - che ha al proprio interno anche un follo - è proprietà dei fratelli Guerini fu Marco Francesco, che lo hanno acquistato da Antonio Zirotti di Sale Marasino.
Il mappale 2261-2 del catasto unitario - nel catasto attuale è il mappale 224 - è descritto come «molino da grano ad acqua in contrada Ariolo al civico n° 102 di piani 2 vani 2, casa annessa di piani 2 / vani 4 e portico e locale superiore ivi di piani 2 / vani 2».
I numeri di mappa corrispondono ai mappali 226 e 235 del Catasto austriaco ed erano intestati a Luigi, Marco e Pietro e Giacomo Guerini fu Marco Francesco dei Carossa di Vesto. Nel 1852, per scrittura privata del 1843, il mulino diviene proprietà di Giovanni Maria Zirotti fu Lorenzo e, nello stesso 1852, di Stefano Scaramuzza di Andrea. Nel 1868 la proprietà passò a Tommaso Capuani fu Bortolo; nel 1876 a Bortolo e Giacomo Giudici di Angelo; nel 1896, a Giacomo Giudici fu Angelo e Angelo e Giacomino Giudici fu Bortolo; nel 1900 a Giacomo Giudici fu Angelo e Angelo Giudici fu Bortolo; nel 1909 a Giovanni Maria Capù Giudici fu Giacomo e Angelo Giudici fu Bortolo; nel 1911 a Giovanni Maria Giudici fu Giacomo; nel 1917 a Giacomo, Arcangelo, Orsolina, Terzo e Irma Giudici fu Giovanni Maria; nel 1931 ad Angelo Giudici fu Giovanni Maria; nel 1932 a Rosa Bonardi fu Francesco in Ghirardelli e in seguito Faustino Cristini. Dopo alcuni anni fu acquistato dalla famiglia di Francesco Bettoni detta dei Mulinér e fu elettrificato. Il mulino cessa l’attività nel 1994.

Arni, contrada di
Il toponimo si trova, una sola volta, nell’estimo del 1573 e concerne una pezza di terra «prat:a, boschiva, mont:a, corn:a, guast:a cont:a de Arni […] pio doi».
§~ Probabilmente dalla radice prelatina Arna = corso d’acqua [AA. VV.,Dizionario di Toponomastica, Torino 1990].
Àsen, Dòs de l’, Dosso dell’Asino
Località montana a Nord-Est del pascolo di Ortighéra.
§~ In latino, Dorsum = dosso; in pianura è un rialzo del terreno; in montagna una cima o un poggio.
In dialetto bresciano, Àsen = asino.

Asilo, Scuola materna Cristini-Franchi
L’edificio è stato costruito su un terreno denominato Cavana, Caàna della superficie di circa 5000 m2 (in origine) che comprendeva tutta la fascia che va alla strada provinciale attuale fino alla proprietà Bonvicini-Zanotti Nai il cui confine è segnato dal canale del Vaso Ariolo.
La Scuola dell’Infanzia “Giuseppe Cristini - Attilio Franchi” di Marone ebbe origine dalla donazione del 18 maggio 1930 a rogito del notaio Tullio Bonardi, fatta dai signori Cristini Luigi, Romualdo, Paola e Isabella fu Andrea al Comune di Marone della casa sita in via Trieste n. 2.
A seguito dei notevoli danni subiti dall’immobile durante l’alluvione del 9 luglio 1953, il sig. Franchi ing. Attilio chiamato Emilio, si assunse la benemerita iniziativa di far costruire a sue spese un nuovo edificio sull’area comunale distinta col mappale n. 267 sub. A, in via Giulio Guerini n. 1, allo scopo ceduta gratuitamente dalla Amministrazione Comunale di Marone. L’immobile è stato donato all’Ente con atto 04.09.1956 del notaio Ippolito Navoni ed è sede della Scuola stessa.
La Scuola dell’Infanzia fu eretta in Ente Morale con Regio Decreto del 01.06.1931, acquisendo personalità giuridica di diritto pubblico in qualità di IPAB (Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza) ai sensi della legge 17 luglio 1890 n. 6972.
A seguito del D.P.R. 24/7/1977 n. 616, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicato in data 23.11.1978 sulla G.U. n. 333, elenco n. 8, la Scuola dell’Infanzia “Giuseppe Cristini – Attilio Franchi” venne ricompresa tra le II.PP.A.B. escluse dal trasferimento ai comuni in quanto svolgenti in modo precipuo attività inerenti la sfera educativo - religiosa.
La natura giuridica di IPAB fu mantenuta fino al provvedimento di depubblicizzazione dell’ente disposto con D.G.R. della Regione Lombardia n. V/62405 del 30.12.1994 pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, serie ordinaria, n. 9 del 27.02.1995.
Con il succitato provvedimento di depubblicizzazione all’ente è stata contestualmente riconosciuta la personalità giuridica di diritto privato ai sensi del Libro I titolo II del Codice Civile. Attualmente l’Ente è iscritto al Registro delle Persone Giuridiche Private presso la Camera di Commercio di Brescia con il n. 1179 in data 07.04.2001.
Ai sensi della Legge 10 Marzo 2000, n. 62, a decorrere dell’anno scolastico 2000/2001 è stata riconosciuta scuola paritaria con decreto n. 488/2237 del 28.02.2001 del Ministero della Pubblica Istruzione.
Attualmente la scuola paritaria dell’infanzia “Giuseppe Cristini – Attilio Franchi” è una Fondazione regolata dagli articoli 14 e seguenti del Codice Civile.
È denominata Scuola Materna “G. Cristini - A. Franchi” e ha sede a Marone (Brescia) in via Giulio Guerini, n. 1. Ha durata illimitata.
[Estratto dal vigente Statuto della Scuola Materna approvato con atto notaio Staffieri del 22/03/2013 - n. 138368 di repertorio e n. 30858 di raccolta - registrato a Brescia il 25/03/2013, n. 2560 serie 1 T. e dalla Regione Lombardia - Direzione Generale Istruzione, Formazione e Lavoro - con Decreto del Presidente della Regione Lombardia n. 4250 del 22/05/2013].

Asilo vecchio
Stabile abbattuto negli anni ’80. Era, in via Trieste, un edificio a corte con portico. Dopo l’alluvione del 1953 fu dismesso e adibito ad abitazione del segretario comunale e ad ambulatorio del medico condotto.