La “Fabbrica” della nuova parrocchiale – 01

L’antica parrocchiale di San Martino di Marone era posta dove oggi vi è il sacrato…

Descrizione

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La "Fabbrica" della nuova parrocchiale - parte prima.

L’antica parrocchiale di San Martino di Marone era posta dove oggi vi è il sacrato: ad aula unica, orientata Nord-Sud con l’abside rivolto a Roma, tetto a capanna, probabilmente di impianto gotico, era dotata di tre altari; aveva il campanile con due campane. Vi erano solo le entrate laterali.
L’abside – dove era posto l’altare maggiore – aveva il soffitto a volta e le pareti in parte affrescate con un’immagine delle Madonna (dopo il 1643 si collocò, quale pala, la tela di Ottavio Amigoni raffigurante la Madonna col bambino e i Santi Sebastiano e Rocco).
Con soffitto a volta erano anche i due altari laterali di San Bernardino (curato dalla Congregazione del Rosario) e quello del SS. Sacramento (curato dall’omonima Congregazione).
Di fianco alla chiesa (verso l’attuale Oratorio) vi era il cimitero.
Il 13 Marzo 1580 il cardinale Carlo Borromeo «visitò la chiesa parrocchiale di San Martino in località Marone e poi, contenuta entro i suoi confini, la chiesa, gli oratori, la cappella e la corporazione». Notò che la chiesa era «consacrata, ma così piccola da non poter contenere il popolo» e stabilì che «gli uomini della comunità curino di acquistare quella casetta di fronte alla parete della chiesa ed allungare la chiesa che ora non è in grado di contenere il numero dei fedeli. Poi si costruisca anche il portale in fronte».
Il parroco Clerici e la Vicinia promettono di compiere le opere, ma – per un secolo e per il rettorato di sei parroci (Giacomo Clerici, Giacomo Guerini, Antonio Giordani, Antonio Obici, Lorenzo Fontana e Ludovico Guerini) – non si fece nulla.

Di certo vi erano la consapevolezza che la vecchia chiesa era troppo piccola e la volontà di costruirne una nuova.
Dove e come non si sapeva.
Il 27 giugno 1698, parroco Lorenzo Bassanesi, la Comunità di Marone acquista una proprietà dagli eredi di Tomaso Caccia, al prezzo di L. 750,20. Si tratta di una abitazione con terreno adiacente, nella contrada del Porto di Santo Martino che pare zona idonea alla costruzione della nuova chiesa.
Fanno da testimoni davanti al notaio Antonio Zeni, Giovanni Andrea Guerini, Pietro Maggi, tutti e tre residenti a Marone.
Da notare che, da un punto di vista istituzionale, la Comunità di Marone e il Comune di Marone – almeno fin verso la fine del 1700 – erano due realtà diverse e negli estimi avevano partite distinte.

L'atto notarile, rogato da Lorenzo Ghitti, recita così: «La spett. Comunità di Marone, situata sopra la riviera del lago, dopo aver deciso e deliberato di fabbricare una nuova chiesa parrocchiale, si trova nella necessità di comperare il sito bisognevole per la costruzione e la fabbrica di detta chiesa. Pertanto alla presenza dei figli di un certo Tomaso Caccia, i Sindaci della Comunità di Marone comperano in nome della comunità la metà dell'edificio del Torcolo, comprendente la casetta a monte del Torcolo indivisa con i fratelli Rossetti di un certo Antonio, e gli utensili di detto torcolo che servivano per torcolar gratte e fabbricar olio, oltre alla casa si acquista anche una colla (pezzo) di terra»[1].
Per le misure di stima sono incaricati i fratelli Silvestro e Antonio Romeda, fabbri murari di Sale.
In caso di disaccordo, daranno il loro insindacabile giudizio il rettore-parroco di Marone e don Antonio Guerini.

Nell’Agosto del 1698 i maronesi chiedono al Capitano di Brescia che venga concessa la facoltà di costruire la nuova parrocchiale[2] e il 6 Ottobre dello stesso anno la richiesta è rafforzata con le testimonianze dei maggiorenti maronesi sull’urgenza e necessità dell’opera[3].
Le richieste alle autorità venete erano state contraddittorie. All’inizio i maronesi richiedono il permesso di restaurare e ampliare l’antica chiesa, poi ci ripensano e domandano l’autorizzazione a erigerne una nuova.
La burocrazia veneta risponde burocraticamente il 20 Marzo del 1706 che acconsente al restauro e all’ampliamento, pur lasciando intendere che è possibile erigere una nuova chiesa:

«Adì 20 Marzo 1706.

Presentata per l'Ex.mo R.D. Pietro Ghitti à nome dell'infrascritta comunità di Marone all'Ill.mo et Ex.mo Capitano, qual hà ordinato sia esseguita da Lorenzo Guardia di Trento.
Silvester Valerio Dei Gratia Dux Venetiarum Nobilis, et Sapienti Viro Petro Mauroceno Equiti de suo mandato Capitano Brixie fideli dilecto, et dilectionis affectissimo.
Havuta l'informatione dal Precessor nostro, et di questi Consultori intorno l'instanza delli habitanti di Marone villa del territorio Bresciano nel proposito di ristaurar, et ampliar in poca estensione quella Chiesa di S.to Martino,
assentimo benignamente col Senato, che s'adempisca l'opra pietosa medesima: tanto più, che debba seguir senza aggravio ad alcuno, ma col volontario concorso, e anche rimanga pur all'estimo laico il poco terreno, che occorrerà comprendersine alla rifabrica.
Così convenendo alla Pietà Publica.
Datum in Nostro Ducali Pallati odie 2a Junii lnd.e
Fran.co Saviori Segretario
Registrata In Registro Ducali 36 foglio 215. Reg.ro Cancell. Prefett.
Brixie. Laurentius de Ghittis V.A.N. Publicus Maroni exetraxit, et concordavit ideo autentico».

Finalmente qualcosa – pur contraddittoriamente – sembra muoversi: il luogo dove erigere la chiesa c’è e i soldi si troveranno con la pubblica beneficienza. Bisogna cominciare.
Allo scopo, nel 1708, il Comune di Marone incarica Bernardo Fedreghino di Predore, noto architetto molto attivo a Brescia e provincia, di eseguire una perizia sulla fattibilità dell’opera. La sua risposta non lascia adito a dubbi.

«In Nomine Domini
Adì primo Nov. 1708 Brescia
Essendomi io sottoscritto portato nella terra di Marone per considerare li siti da edificarvisi la nuova Parochiale ad instanza del Sig. Ghitti sopra tal Fabrica e considerati: determino a mio giudicio et giuramento doversi conservar vicino alla Chiesa vecchia e non vicino alla Valle. Primariamente perché sii lontana al pericolo del torrente, secondariamente acciò sii più vicina al maggior popolo et alle Case Parochiali e non resti sepolta tra li alberi della Valle medesima, inoltre per il magior comodo de Materiali, et habbia la facciata verso sera in riva al lago.
Io Bernardo Fedrighino Perito Publ.

Addì 30 Nov.re 1708, in Brescia
Constituito nelli atti di me Notaio sottoscritto alla presenza delli infrascritti Testij, il Sign. Bernardo Fedrighino publico Perito qual con suo giuramento ha deposto haver fatta la suddetta Peritia et quella fatta scrivere di mano di suo Figlio.
Presenti i Sig.i Giacomo, Basilio e Giulio Picino testij garanti.
Ego Jovannes, figlio del D. Hieronimi Ananbij Civis et Hab.is Brixie [...] subscripsi et de cuore subsignavi».

Nel generale sconforto, bisogna ricominciare da capo.
In effetti, voler costruire la nuova chiesa in prossimità del Bagnadore o dell’Òpol (che non erano arginati) non era una buona idea, poiché erano frequenti le esondazioni che seguivano periodi di abbondanti piogge.
La perizia del Fedreghino è fatta su terreni vicini ad un torrente: quindi i maronesi avevano preso in considerazione la possibilità di edificare la nuova parrocchiale o nell’area che, oggi, è quella delimitata da via 24 Maggio fino all’Òpol, oppure dove, oggi, vi è la biblioteca Comunale.

La soluzione si trova nel 1710 quando Lorenzo Ghitti della famiglia dei Ghitti di Bagnadore propone l’acquisto del proprio orto, posto dietro la vecchia parrocchiale.
Il sito è consono e l’affare è fatto, il 10 Marzo dello stesso anno, anche se la compravendita dell’area è perfezionata solo nel 1723 con la permuta dell’orto Ghitti con l’edificio chiamato «il Carbonile» – di proprietà comunale – posto in contrada del Forno, attuale zona ex feltrificio Moglia[4].
I lavori possono iniziare.

[1] Nel 1641, alla partita 62 «Francesco q. Tomaso Cazza. Una casa di corpi duoi terranei cilterati, et camare duoi sopra cuppate, con portico, et torcoletto dentro in contrada di Marone confina à mattina Innocente, et frattelli Cazzi, à mezodi strada, à sera la parochiale di Marone, et à monte Christofforo Cofello, et parte Ludovico Francino. Estimata lire cento et quaranta compreso il torcolo. Appresso detta casa, et in dette coherentie vi sono tavole vinti di terra broliva, et parte hortiva. Estimata lire sissanta quattro».

[2] «1698 22 agosto. La Chiesa intitolata S. Martino, che serve per Parochiale nella terra di Marone, distretto bresciano, ritrovandosi incapace per quel popolo e di strutura informe, dà giusto motivo a quei pietosi sudditi di far subit[amente] ricordo a piè di V. S., supplicando che gli sia permessa la facoltà di riedificarla con occupar un poco di sito al medesimo contiguo, senza disobligarlo dalle contribuzioni per l'importar del suo estimo. La spesa per tal opera di Religione tanto necessaria sarà somministrata parte dalla Comunità nella compera del suddetto sito, e parte dall'elemosine de' particolari, che bramano aumentar il culto divino; Grazia, che venendo concessa dalla Reggia Religgiosa mano di V. S., servirà per nuovo et efficace stimolo a quei fedeli habitanti di pregare S.D.M. per l'incremento sempre maggiore dello stato della Ser. Rep. Che sia rimmessa ai Savij dell'una e dell'altra mano. Consiglieri Francesco Ghitti, Vincenzo da Mula, Marco Buzzini, Agostin Loranzo, Gio. Barbarigo, Gio. Bernardo. Domanda degli Consiglieri Savij soprad.ti che alla p.nte suplica risponda il Capitanio di Brescia, e bene informato delle cose in essa contenute dica l'oppinion sua in terra dieta et sottoscritta di mano propria giuste le leggi. Sia data a Dottori. Gio. Franco Giacomazzi, Notaio Ducali».

[3] «Adì 6 Ottobre 1698 Marone. Sono comparsi nell'atti di me Not. infra.tto il Sig. Gio.Pietro Ghitti q.m Giovanni, il Sig. Antonio Ghitti q.m Gio.Pietro, et il Sig. Gio. Pietro Buontempi q.m Gio.Batt.a tutti tre habitanti nella terra di Marone, quali con di luoro giuramento factis attestano, et indubitata fede fanno a qualunque Ili.mo et Exc.mo Magistrato, o a chiunque: sicome la Parochiale Nova Chiesa che è per fabricare la Comunità di Marone sarà così a poco a poco da elemosine fabricata, et senza minimo pregiudizio al publico né privato interesse. Che per esser di ciò la verità con tutta luoro integrità depongono, ut supra, et per fede di luoro proprio pugno si sottoscrivono. Io Gio.Pietro figlio di Gio.Ghitti atesto con mio giuramento quanto di sopra. Io Antonio figlio di Gio.Ghitti attesto con mio giuramento a quanto di sopra. Io Giovan Pietro figlio di Batista Bontempo attesto con mio giuramento a quanto di sopra. Rogatum a me Laurentio de Ghittis Notaio. Ego Laurentius f.us D.i Antonij de Ghittis Notaius Maroni testo, ut supra, et probo».

«Adì 6 ottobre 1698 Marone. Sono comparsi nell'atti di me Not. Infrascritto il Sig. Francesco Matturis et Pauolo Caccia et Christoforo Cappello, tutti tre della terra di Marone, et habitanti, quali con di luoro giuramento factis attestano et indubitata fede fanno a qualunque lii.mo et Ex.mo Magistrato e a chiunque: sicome la causa che move la Comunità di Marone a fabricar nova Chiesa Parochiale è, perché quella che di presente s'attrova è di struttura antichisima, molto vicina al lago, e troppo esposta a venti. Che per esser di cio la verita di luoro proprio pugno si sottoscrivono. Attesto lo Paolo Caccia sud. con mio giuramento quanto di sopra. lo Francesco Maturis atesto con mio giuramento quanto di sopra. lo Christoforo Cappello atesto con mio giuramento quanto di sopra. Rogatum a me Laurentio de Ghittii, Not. Ego Laurentius, filius Antonij de Ghittis et Aneta Maroni probo».

«Adì 6 Ottobre 1698 Marone. Sono comparsi nell'atti di me Notaio infrascritto il Sig. Battista Zino, il Sig. Battista Cappello et Gieronimo Zino tutti tre della terra di Marone, et in quella habitanti, quali con di luoro giuramento factis attestano et indubitata fede fanno a qualunque Ili.mo et Ex.mo Magistrato o a chiunque: sicome la causa, che hà spinta la nostra Comunità a deliberar di fabricar nova Chiesa Parochiale, è stata perché la Chiesa Parochiale vecchia di detta nostra Comunità è di grand lunga incapace a ricever in sé il popolo di questo nostro Comune per essere numerosissimo. Che per esser di ciò la verità di luoro proprio pugno si sottoscrivono. Io Geronimo Zino attesto come sopra con mio giuramento. Io Gio.Batt.a Zino attesto come sopra con mio giuramento. Io Batt.a Cappello attesto come sopra con mio giuramento. Rogatum a me Laurentio de Ghittis Notaio. Ego Laurentius filius Domini Antonij de Ghittis et Aneta Maroni testo, et ut supra, atque probo».

«Adì 6 Ottobre 1698 Marone. Sono comparsi nell'atti di me Notaio infrascritto il Sig. Antonio Zino, il Sig. Giacomo Guerino, et il Sig. Carlo Andrea Zino tutti tre della terra di Marone et in quella habitanti quali con di luoro giuramento factis attestano et indubitata fede fanno a qualunque Ili.mo et Ex.mo Magistrato o a chiunque: sicome il fondo che la Comunità di Marone dà per allargar la nova Chiesa Parochiale, che hà deliberato di fare la Comunità di Marone, è di tavole cinque et mezza in.ca, et queste ancora gliele dà titulo charitatis, et senza minimo pregiudizio di alcuno che per esser di ciò la verità di luoro proprio pugno si sottoscrivono. Io Carlo Andrea Zino attesto come sopra con mio giuramento. lo Antonio Zino attesto come di sopra con mio giuramento. Io Giacomo Guerino figlio di Antonio attesto come sopra con mio giuramento. Rogatum a me Laurentio de Ghittis Notaio. Ego Laurentius filiu s Domini Antonij de Ghittis et Aneta Nus Maroni probo».

[4] Dal Bollettino parrocchiale Maggio 1984, articolo a firma Carlo Comini: «Il 26 maggio 1723 viene stipulata una permuta fra la Comunità di Marone e il signor Lorenzo Ghitti. Detta permuta rende definitiva una convenzione del 10 Marzo 1710 per la quale il Consiglio della Comunità, sita in contrada della Piazza, dava al Rettore Don Bartolomeo Ghitti, succeduto al Rev. Bartolomeo Pietroboni di Monno morto nel 1719, tanta parte di orto in luogo di quello occupato e da occuparsi per il proseguimento della costruzione delle fondamenta della chiesa e della strada attorno, per le processioni. Il reperimento della parte di orto si ottiene mediante la permuta dell'orto del sig. Lorenzo Ghitti con la casa detta «il Carbonile» di proprietà della Comunità di Marone e che si trovava in contrada del Forno, e confinava anche con la strada del Foppello. L'atto di permuta era rogato dal notaio Lorenzo de Ghittis, alla presenza dei Sindaci Cristoforo Ghitti, Giacomo Bontempi e Giovanni Ghitti».

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