Il Battesimo di Cristo di Pompeo Ghitti

Il dipinto Il Battesimo di Cristo, olio su tela cm. 94×71 (la cornice 105×83), è un’opera, ancor oggi inedita.

Descrizione

Il Battesimo di Cristo di Pompeo Ghitti

Angelo Loda

Il dipinto Il Battesimo di Cristo, olio su tela cm. 94x71 (la cornice 105x83), è un’opera, ancor oggi inedita, sicuramente ascrivibile all’operato di Pompeo Ghitti, pittore profilico ed un poco discontinuo, attivo negli ultimi decenni del diciassettesimo secolo per lo più nel territorio della provincia bresciana, ma con alcune significative opere anche nella bergamasca ed in Valtellina (sui suoi lavori nella zona di Grosio e dintorni vedasi il recente contributo di G. Antonioli, Pompeo Ghitti a Grosio: conferme e nuove acquisizioni, in Pulchrum: studi in onore di Laura Meli Bassi, Sondrio 2009, pp. 107-127).

Nato nel 1633, come recentemente ritrovato da Roberto Predali (Un ritrovamento documentario per la biografia di Pompeo Ghitti, in “Civiltà Bresciana”, a. 17, 2008, nn. 1-2, pp. 213-214 e Marone tra 1500 e 1600 l’antica parrocchiale, Marone 2008, p. 51), Ghitti fu uno dei protagonisti della pittura tardo-barocca bresciana, sia per quanto concerne i suoi lavori ad affresco, conservati solo in parte in varie chiese cittadine, fra cui Sant’Agata, San Giorgio - ciclo da poco recuperato -, San Bartolomeo, o fuori dal territorio lombardo in Santa Maria a Brancolino vicino a Rovereto, che per i numerosi dipinti sparsi in tutta la provincia, un discreto numero dei quali concentrati nella zona iseana di Sale Marasino, Siviano di Montisola, Zone e Marone, quest’ultimo, suo paese di nascita (sui lavori nella parrocchiale di Sale vedasi da ultimo F. Frisogni, Le pale d’ altare, in Storia ed arte nella chiesa di San Zenone a Sale Marasino, Marone (Bs) 2007, pp. 89-92; sulla grande tela con la Sacra Famiglia e i santi Antonio da Padova e Fermo del Santuario della Madonna della Ceriola di Siviano di Montisola vedasi F. Murachelli, IX supplemento a “La pittura a Brescia del Seicento e del Settecento”, in “Quaderni camuni”, a. X, n. 39, settembre 1987, p. 255; sul dipinto della controfacciata della parrocchiale di Zone con il Giudizio Universale cfr. G. Fusari, Zone e le sue chiese: storia e arte di una presenza religiosa, Roccafranca (Bs) 2007, pp. 74-75, nota 86; sulle tele con Santa Lucia e Sant’Apollonia in San Martino a Marone vedasi G. Fusari, Il Duomo di Chiari: 1481-2000: il febbrile cantiere, Roccafranca (Bs) 2000, p. 85 e F. Fisoni, Il Seicento bresciano, in Duemila anni di pittura a Brescia, vol. II, Brescia 2007, p. 373, dipinti tuttavia non più reperibili; sulla paletta colla Madonna col Bambino dell’antica parrocchiale di Marone cfr. F. Frisoni, in Marone tra1500 e 1600, 2008, pp. 76-77 e sulla tela con San Mauro guarisce un infermo, purtroppo ridipinta e non giudicabile, del Santuario della Madonna della Rota a Marone – attualmente nella canonica della parrocchiale - vedasi E. Squizzato, Santuario della Madonna della Rota, in Itinerari di devozione, Brescia 2001, p. 115 ove il santo benedettino è erroneamente segnalato nell’atto di resuscitare un morto, dipinto quest’ultimo che ricorda, in particolare nel gruppo a destra, il celebre San Mauro risana alcuni infermi della chiesa bresciana di Sant’Afra, opera che Ghitti riprodusse anche per via incisoria).
Artista di qualità non eccelse, erede per certi versi della tradizione bresciana palmesca ed influenzato largamente dalla pittura milanese di metà Seicento, fu invece disegnatore di incredibile maestria e di rara eleganza, come ancor oggi si può appurare dalle centinaia di fogli a lui riconducibili.

Allo stato attuale delle nostre conoscenze nulla sappiamo in merito all’allogagione e alla realizzazione di quest’opera, il cui solo ricordo documentario noto è costituito dalla rapida menzione che se ne fa nell’inventario dei beni della chiesa di Vello alla data 1716: “Un quadro di pittura in tela continente il Battesimo di S. Gio: Batta: in cornisa con cornice nera.”

I caratteri stilistici inducono a ricondurla senza dubbio al Ghitti, qui ben riconoscibile nei dati fisionomici dei personaggi dai nasi pronunciati, dalle teste squadrate, quasi cubizzanti, e dallo sguardo un poco stolido, nel chiaroscuro deciso e corposo che tende a ritagliare le figure, nelle tonalità affocate, nelle pieghe saettanti e semplificate dei manti del Battista e del Cristo, nell’affollamento zigzagante della scena, ancora di sentore tardo-manierista per certi versi, che manca effettivamente di respiro compositivo coi personaggi che paiono sovrapporsi l’un l’altro in maniera faticosa, tratto quest’ultimo che a ipotizzare per quest’opera una sua elaborazione nel periodo conclusivo dell’operato dell’artista, allorquando il Ghitti tende a ideare la scena in maniera un poco concitata.

L’artista ebbe modo di trattare il tema del Battesimo del Cristo almeno in altri tre dipinti, uno oggi nella parrocchiale di San Giovanni Battista a Rezzato, che ebbi modo di segnalare alcuni anni fa, purtroppo non riproducendolo, assai simile al quadro qui in esame, in particolare nelle due figure alle spalle di Cristo, l’angelo in volo ed il giovane che lo indica (cfr. A. Loda, Un bilancio per Pompeo Ghitti, artista bresciano del Settecento, in “ACME. Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano”, vol. LIV, gennaio-aprile 2001, fasc. 1, pp. 99-100); un altro, inedito, conservato nella chiesa di San Michele Arcangelo a Capriano del Colle quasi identico al precedente, cui risultano in pratica sovrapponibili sia il Battista  che il Cristo: risulta curioso fra l’altro che la postura delle gambe di entrambi la si trovi rovesciata ed invertita nei due personaggi dell’altra tela, quasi che il Ghitti avesse sperimentato l’inversione di due identici modelli  coll’aggiunta di un angelo in primo piano a destra che manca nell’opera rezzatese, mentre qui scompare il secondo angelo dietro al Cristo; e un terzo, di grandi dimensioni, cm. 243x180, alla presenza dei santi Antonio da Padova e Filippo Neri, conservato nella sagrestia della parrocchiale di Gussago, proveniente dalla chiesa di San Lorenzo di Gussago, recentemente pubblicato come di artista anonimo seicentesco, attribuitagli da chi scrive in una relazione ad un convegno tenutosi a Sale Marasino il 10 maggio 2008, di prossima pubblicazione (vedilo riprodotto e commentato in M. Braga, Le due pale degli altari di San Lorenzo, in La chiesa di San Lorenzo a Gussago. Rinascita di un edificio storico, Gussago 2007, pp. 32-34) e per il quale è forse una prima idea, tutta da svolgersi, un rapidissimo schizzo della Fondazione Fantoni a Rovetta, l’MF 101, dubitativamente ascritto a Ghitti (vedilo riprodotto in Corpus Graphicum Bergomense. Disegni inediti di collezioni bergamasche. I. Collezioni private, Bergamo 1969, p. 14, tav. 218).
Alquanto prossima al nostro artista, anche se non credo direttamente a lui riconducibile, è anche un’altra tela con questo soggetto: un dipinto a tutt’oggi inedito conservato nella canonica della parrocchiale di Marone, in cui, se il Battista in modo particolare risulta assai prossimo a quello della tela rezzatese nella posa e nell’ossuta magrezza, sembra esserci un trattamento del colore e del chiaroscuro più fluido e libero rispetto al consueto fare del pittore maronese.
Sempre relativamente a questo tema sono noti inoltre due straordinari disegni, ascrivibili con certezza all’artista maronese, recto e verso dello stesso foglio, l’MF 104 della Fondazione Fantoni di Rovetta (vedili riprodotti in Corpus Graphicum Bergomense, 1969, p. 14, tavv. 154-155 ed il breve commento in Loda 2001, p. 116, nota 102), che fanno però pensare ad una composizione iscritta entro una lunetta.
Se va rimarcato come entrambi questi rapidissimi e vorticosi schizzi si apparentino assai da vicino alla nostra composizione, per il taglio zigzagante complessivo ed in particolare per la figura del Battista che si appoggia per terra, inginocchiandosi su un sasso, penso del resto che i disegni siano da correlarsi con un’altra opera riconducibile al Ghitti, ancor oggi inedita: un’ulteriore versione del Battesimo di Gesù, da lui eseguita ad affresco entro una lunetta nella cappella battesimale della parrocchiale di San Filastrio a Grevo, all’interno di un ciclo di affreschi in parte a lui riconducibile, e ancor tutto da rimeditare, purtroppo alquanto alterato da ripassature novecentesche di Emilio Nembrini, recentemente ascritto ad anonimo pittore seicentesco (vedi le considerazioni di M. S. Matti, Istituzioni ecclesiastiche, devozione e arte, in Cedegolo e Grevo. Abitanti e territorio della Valsaviore, Brescia 2009, pp. 133-136 e la lunetta riprodotta a p. 142).