Pompeo Ghitti, Madonna col Bambino in trono

Pompeo nasce a Marone nella casa in contrada del Forno nel 1633.

Descrizione

Pompeo Ghitti (Marone, 1633-Brescia, 1703), Madonna col Bambino in trono

Fiorella Frisoni

Olio su tela, cm. 200 x 115 circa

Seduta in trono in posa frontale entro una finta incorniciatura marmorea che si apre su una nicchia, la Vergine regge con il braccio sinistro il Bambino, inclinato all’indietro e così robusto da sembrare un piccolo Ercole.
L’immagine sacra che sembrerebbe a priva vista richiamare la fissità di un’antica icona, si anima per i panneggi sapientemente costruiti sulle larghe forme, per la leggera inclinazione del capo della Vergine, per l’espressione assorta dei volti larghi e un po’ torpidi, dalle palpebre semichiuse.
La pala e stata di recente da me riconosciuta come opera del pittore Pompeo Ghitti, per il quale è da confermare l’origine maronese, grazie al rinvenimento, ad opera di Roberto Predali che in questo volume lo riproduce, dell’atto del battesimo, avvenuto in Marone 6 novembre 1633.
Allievo in patria di Ottavio Amigoni, col quale collabora nel 1656 negli affreschi del salone cosiddetto “della congiura” di Palazzo Averoldi Togni di Navezze di Gussago, si trasferisce, probabilmente nella seconda metà degli anni Cinquanta, a Milano, nella bottega di Giovan Battista Discepoli, lo Zoppo da Lugano, per poi rientrare e lavorare a lungo per i territori di Bergamo e Brescia. E, in effetti, il suo stile non può definirsi propriamente “bresciano”, ma appare più cosmopolita, influenzato com’è dalla cultura figurativa milanese degli stessi anni, dello Zoppo, appunto, o del perugino Luigi Scaramuccia lì attivo o, ancora, del modello fornito negli stessi anni dall’attività di Antonio Maria Viani, attivo a Mantova e a Cremona intorno alla metà del secolo.
Condividendo l’attribuzione, Angelo Loda, che a questo artista ha dedicato un fondamentale saggio monografico (A. Loda, Un bilancio per Pompeo Ghitti, artista bresciano del Seicento, in ACME Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università statale di Milano, vol. LIV, fasc. I, gennaio-aprile 2001 pp. 85-129) ha proposto, in una comunicazione orale presentata a Sale Marasino il 10 maggio 2008, di prossima pubblicazione, una datazione relativamente precoce. Dovremmo essere, considerati i toni argentei che caratterizzano il dipinto e che verranno successivamente abbandonati dal Ghitti, alla fine degli anni Settanta, in contiguità con le numerose opere lasciate dal pittore nella parrocchiale di San Zenone a Sale Marasino (si veda in merito Loda cit., pp. 93, 94, figg. 3, 5, 6, e F. Frisoni, Le pale d’altare, in Storia ed arte nella chiesa di San Zenone a Sale Marasino, Marone, 2007, pp. 89-112).

Bibliografia: inedito