Le famiglie di Ponzano nel 1700 e 1800. Famiglia n° 16: i Ghitti dei Bièt.

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Ponzano – Famiglia n° 16: i Ghitti dei Bièt.

Ponzano – Famiglia n° 16: i Ghitti dei Bièt.

 

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Il sottogruppo parentale Ghitti dei Bièt (in dialetto bresciano ha il significato di soldi) è, con questo soprannome, di formazione settecentesca.

  1. Il capostipite, Ghitti Francesco Maria[1] (non conosciamo il nome della moglie), ha due soli figli documentati, Stefano e Antonia che si coniuga, nel 1731, con Giacomo Ringhini del Cornal, di famiglia n° 17 di Ponzano, originaria di Sale Marasino, ma abitante a Ponzano dai primi anni del ’700.

 

  1. Ghitti Stefano di Francesco Maria, mugnaio[2], sposa la cugina Giulia Ghitti [?-1795] dei Pèstù da cui ha due figli, Francesco [1756-1823] e Pietro Paolo[3] [1768-1821].

3.a Ghitti Francesco [1756-1823] di Stefano - si sposa con una certa Maddalena e vive, da sposato con il fratello Pietro Paolo, non ha figli; muore a 67 anni nel 1823, per un incidente, cadendo «nell’alto Gelone» (cascata del torrente Bagnadore).

3b. Ghitti Pietro Paolo [1768-1821] di Stefano sposa, nel 1795, Maria Giacomina Bontempi dei Michècc [1772-1813]: la coppia ha 4 figli Stefano [1796-1798], Stefano [1799-1854], Giulia [1802-1803] e un Anonimo nato morto [1804-1804]. I primi tre figli, nati tra il 1796 e il 1802, sono battezzati a Coccaglio, per cui, in questo lasso di tempo il Nostro vi ha abitato.

4b. Ghitti Stefano [1799-1854] di Pietro Paolo, si sposa, nel 1825, con Agostina Bontempi detta Güstìna [1802-1867] della famiglia Rüsa [1802-1869] da cui avrà 10 figli, Pietro [1825-?], Maria [1827-1827], Maria [1831-?] che sposa Giuseppe Guerini [famiglia n° 26 di Marone], Francesco [1829-?], Domenica [1833-1834], Giuseppe [1835-?], Giulia [1837-?], Angelo [1839-?], Domenica [1842-1843], Martino [1845-1845].

5b. Ghitti Giuseppe [1835-?] di Stefano sposa, verso il 1864, una certa Maria; la coppia ha una sola figlia documentata, Agostina [1866-?]. Probabilmente Giuseppe ha avuto altri figli, come probabilmente qualcuno dei suoi fratelli (Pietro, Francesco o Angelo) si è coniugato e ha avuto eredi, poiché i Ghitti del Bièt erano numerosi nel Novecento e ci sono, a Marone, ancora oggi.

I matrimoni sono tutti stipulati endogamici: Giacomo Ringhini del Cornàl abita a Ponzano, le Bontempi sono di Collepiano e Giuseppe Guerini, marito di Maria di Stefano, è di Vesto.
I Bontempi costituiscono il maggior nucleo parentale di Collepiano, frazione posta poco a monte di Ponzano, e sono in vario modo tutti imparentati con i Ghitti. Oltre ai summenzionati matrimoni, Alberto Bontempi dei di Alberto [?-1769] sposa Caterina Ghitti dei Pèstunhi; Bartolomea dei di Alberto [1747-1775] sposa Lorenzo Ghitti del Gotard; Orsola dei Bergamaschi [1760-1795] sposa Giacomo Ghitti del Gotard; un’altra Orsola dei Bergamaschi [1797-1827] sposa Pietro Ghitti del Non; Giovanna dei q. Cristoforo [metà del XVIII secolo] sposa Giovanni Ghitti del Pèstù; Antonio dei Michècc [1821-?] sposa Marta Ghitti del Non e Caterina del Torcol [1724-1791] sposa Giuseppe Ghitti Non. Inoltre, gli stessi Bontempi sono attori al loro interno di numerosi matrimoni incrociati[4], sia tra cugini agnatizi che cognatizi (con i Gigola). I Gigola sono anch’essi imparentati con i Ghitti: Matteo di Castèl [1720-1795] sposa Margherita Ghitti del Pèstù; e, in un periodo più tardo, Pietro Antonio di Castèl [1829-1864] sposa Maria Ghitti e Giovanna di Castèl [1813-1849] sposa Luigi Ghitti del Pèstù.

Si realizza, con questa politica famigliare, una fitta rete di legami parentali che è solo in parte finalizzata a garantire la stabilità dell’esiguo patrimonio e che pare più tesa alla creazione di relazioni di mutualità. Certamente non tutti i matrimoni tra Ghitti, Bontempi e Gigola sono matrimoni incrociati “propri”. Si tratta, comunque, di unioni tra persone legate da gradi diversi di parentela (agnatizia e cognatizia) che non può trovare una ragione nella «ristrettezza del luogo» – cui spesso si ricorreva nelle vallate alpine per avere la dispensa al matrimonio tra consanguinei – e che poco può essere addotta nel caso di Marone, collegato anche economicamente a sud con i paesi della Riviera e a ovest, con il lago, alla Bergamasca.

L’impoverimento delle famiglie locali, lento ma progressivo dal XVI secolo al XVII e marcato dalla diminuzione della proprietà della terra – la chiusura del forno fusorio nei primi anni del 1600, e con esso l’indotto (minatori, boscaioli e carbonai e addetti alle fucine, etc.) è solo in parte compensata dall’incremento dell’attività molitoria –, le variazioni nella proprietà stessa dei mulini (che dai Ghitti passa ai Guerini), l’emergere di nuove figure imprenditoriali - anche nella nascente attività laniera con i Novali e i Maggi - che reinvestono acquistando terreni agricoli e la quasi esaurita funzione di ammortizzatore degli usi civici rendono il ricorso alla mutualità parentale uno strumento indispensabile per la sopravvivenza quotidiana (accanto a quella, straordinaria e una tantum data dagli Istituti di Carità). La ragione dei matrimoni tra consanguinei non può essere, dunque, univoca: accanto alla più evidente ragione del mantenimento del patrimonio originale della famiglia (comunque, gradualmente, scalfito dai debiti e dalle divisioni ereditarie) vi sono altre concause, tra le quali, non secondaria, la sussistenza garantita dalla mutua collaborazione.

L’età media del matrimonio dei maschi è piuttosto elevata, 26 anni (ma con tre soli matrimoni).
Tra 1795 e 1866 si registrano 16 nascite; 8 bambini, il 50%, muoiono in età perinatale.
Al tempo dell’estimo del 1785 i due fratelli, Francesco e Pietro Paolo di Francesco Maria, vivono con la madre (la partita è intestata ai fratelli q. Stefano ed essi non sono ancora sposati) ma, nei decenni che seguono (per un totale di 6 generazioni, a partire dal capostipite), la casa vede la coabitazione delle famiglie che seguono dai due fratelli. La differenza di età tra i due fratelli (12 anni) lascia supporre che tra di loro vi fossero altri fratelli morti in tenera età e non censiti dal parroco Buscio. La loro e quella dei discendenti è, per lungo periodo, una famiglia estesa discendente che (dopo la morte di Stefano e della moglie Agostina Bontempi) diviene una frérèche.

[1]  Il nome del padre è desunto dall’elenco degli Antichi Originari.

[2]  L. Mazzoldi, L’estimo Mercantile del Territorio 1750, Brescia 1966, pp. 145-146. Nel 1750 Stefano ha un mulino che nell’estimo 1785 i figli non hanno più.

[3]  1785, c. 65r. Sono proprietari di una casa «di piu stanze terrane, e superiori cupate» a Ponzano che vale 55 lire e un orto contiguo di 4 tavole. La casa è loro proprietà da più generazioni. Non vi sono riportate notizie, come invece in altri casi, di precedenti proprietari.

[4]  V. R. Predali [a cura di], Collepiano e la chiesa di San Bernardo cit., Marone (Bs) 2012.

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